martedì 29 dicembre 2009

Buffalmacco

Bonamico ( Buonamico) di Martino, detto Buffalmacco, è stato un pittore che svolse la sua attività a Firenze e in altre città toscane tra il 1315 e il 1340. Buffalmacco decise di non aderire alla tendenza prevalente di seguire lo stile di Giotto, ma coltivò una sua originale vena creativa elaborando un linguaggio diverso, eccentrico ed estremamente espressivo. Nelle sue opere possiamo trovare una miscela di differenti stil figurativi, fondendo alcuni tratti della corrente giottesca con l'espressivismo bolognese e la cosiddetta tendenza "miniaturistica" che dava grande importanza ai dettagli decorativi, cosa che gli permise di cimentarsi nella rappresentazioni di una vasta gamma di soggetti. Dopo un acceso dibattito tra gli studiosi si concorda di attribuire a lui il capolavoro del ciclo degli affreschi della Morte nel camposanto di Pisa che si ritiene siano stati completati attorno al 1342.
martedì 22 dicembre 2009

La Gens nell'antica Roma. Origine e significato storico

La gens nell’antica Roma è l’insieme degli individui che si riconoscono discendenti da un capostipite comune
L’origine di tale raggruppamento parentale è controverso: secondo alcuni le gentes sarebbero la forma primigenia di associazione umana dalla quale attraverso successivi raggruppamenti sempre maggiori si sarebbe poi costituito lo stato, il quale abbia finito poi per conglobarle tutti. Secondo altri invece Lo Stato avrebbe creato artificiosamente le tribù e le gentes per affermare la propria autorità sopra di esse. Per altri ancora le gentes si sarebbero generate in un processo parallelo e indipendente a quello statale man mano che le classi sociali si differenziavano.
In ciascuna gens di distinsero varie linee mediante un cognomen: ad esempio alla gens Cornelia appartenevano le famiglie degli Scipioni dei Lentuli, dei Silla etc. In età monarchica e nella prima età repubblicana le gentes erano formati esclusivamente da patrizi, detti gentiles. L'ingresso dei plebei avvenne grazie alla lex Canuleia del 445 A.C che eliminava il divieto di matrimonio tra patrizi e plebei. Ogni gens aveva culti particolari e cerimonie sue proprie. Le decisioni prese all’interno della singola gente potevano avere carattere vincolante per tutti gli appartenenti a un determinato gruppo. E i gentiles erano legati tra loro da obblighi reciproci.
L’interpretazione della suddivisione esistente in età storica tra gentes maiores e minores è controversa: secondo alcuni sarebbe da imputare all’accresciuta ricchezza di alcuni settori del patriziato, per altri invece le gentes minores sarebbero all’origine dei gruppi della borghesia plebea che divenute ricche e potenti sarebbero state ammesse al patriziato ancora aperto all’ingresso di membri di origine plebea.
Ciascun membro della gens aveva tre nomi: il gentilizo; il prenomen o nome individuale e il cognomen che identificava invece la famiglia.. L'importanza delle genealogie era evidente come strumento per acquisire prestigio e non a caso il compito di redigerlo, spesso in maniera fantasiosa era affidato a dei poeti. In questo senso è da esempio il fatto che Virgilio facesse derivare l’origine della gens Iulia - a cui appartenevano sia Giulio Cesare che Ottaviano Augusto- da Iulo, il figlio del mitico eroe troiano Enea.
giovedì 10 dicembre 2009

Numa Pompilio

Succeduto a Romolo, Numa Pompilio è il leggendario secondo re di Roma, di origine sabina, che avrebbe regnato dal 715 al 673 a.C. La tradizione gli attribuisce una serie di riforme (organizzazione del culto, creazione dei collegi sacerdotali dei Salii , nomina delle vestali e del primo pontefice, riforma del calendario lunare che passò da 10 a 12 mesi , ecc.) che in realtà risultano essere il prodotto di una lunga evoluzione culturale e religiosa. La storicità delle stessa figura di Numa Pompilio è oggetto di discussione anche se oggi il filone che tenderebbe a avvalorarne l’esistenza sta acquisendo più peso. Numa secondo una tradizione più tarda si sarebbe avvalso per realizzare la sua opera dei consigli della ninfa Egeria e sarebbe stato discepolo di Pitagora, benché i due personaggi siano separati da un evidente divario cronologico.
martedì 8 dicembre 2009

Il battistero di Poitiers



Il battistero di Poitiers, considerata la più antica costruzione cristiana della Francia, si innalza sulle fondamenta di un battistero paleocristiano che aveva la centro di una sala quadrata una piscina ottagonale. Durate l’età merovingia modificò il suo aspetto e venne trasformata in una chiesa a pianta cruciforme.Vennero ricostruiti i muri perimetrali con pietre allungate e mattoni; per ciò che concerne la pianta vennero aperte delle absidi: l’abside orientale con perimetro poligonale, quelle sporgenti sui lati avevano forma quadrate mentre oggi sono semicircolari.
La costruzione si presenta possente , con alti pilastri che delimitano frontoni triangolari, addolcita però dalla decorazione del paramento murario con la combinazione di mattone e pietre di piccolo modulo. Animano la superficie pannelli decorati a bassorilievo e capitelli abbelliti da motivi vegetali. All’interno invece gli archi applicati sui muri s’innestano in colonne e capitelli scolpiti nelle officine dell’Aquitania

Il significato originario del termine Franchi

Al contrario di ciò che si potrebbe pensare il nome di Franchi che l'insieme delle tribù germaniche si dette intorno al terzo secolo D.C deriva dal germanico franka che significava uomo coraggioso. Solo successivamente e per estensione il termine assunse il significato odierno di "uomini liberi"
domenica 6 dicembre 2009

L'espansione di Roma durante l'ultima fase regia

I tre re di origine etrusca si appoggiarono sui ceti artigianali e commerciali sfruttando la non sopita rivalità tra elemento latino e sabino. Tarquinio Prisco estese i domini romani ai territori al di là dell’Aniene, conquistando parecchi centri latini. Servio Tullio costruì sull’Aventino, ancora fuori dalle mura, un tempio dedicato a Diana, divinità di cui erano devoti le genti latine dei colli Albani e vi fece inserire un iscrizione in cui venivano citati i nomi delle comunità latine aderenti a questo nuovo centro di culto avente carattere evidentemente federale, Tarquinio il superbo attuò una politica mirante a legare a Roma i centri più notevoli dei colli Albani, sviluppatisi dopo la distruzione di Alba Longa. A questo periodo risale la creazione della leggenda dell’origine troiana di Roma. Poiché vi era una discrepanza temporale tra la distruzione di Troia e la fondazione di Roma si creò una relazione tra la discendenza di Enea e i re di Alba Longa che venne poi conquistata da Roma. Il fatto che Ascanio figlio di Enea fosse fondatore di Alba Longa da cui sarebbe disceso poi Romolo costituiva elemento per rivendicare su basi mitiche la supremazia da parte di Roma , in quanto discendente da Alba Longa sul Lazio.
Da questi elementi si comprende come fu proprio durante la fase etrusca della monarchia che si ebbe l’affermazione definitiva dell’elemento latino a Roma. Carattere comune dei tre re etruschi è il grande impulso che diedero allo sviluppo urbanistico della città. Tarquinio Prisco costruì la Cloaca Massima e livellò il Foro. Servio Tullio eresse due templi uno dedicato a Diana l’altro alla dea Fortuna, e cinse la città di un sistema di mura difensive con uno sviluppo di 7 Km. Le mura serviane racchiudevano tutti i colli tranne l’Aventino. Tarquinio il Superbo costruì un tempio dedicato alle tre divinità di Giove, Giunone e Minerva e chiamò lo scultore etrusco Vulca a decorarne il frontone con statue di terracotta.
Ai re etruschi si deve l’introduzione in campo militare della tattica politica che consisteva nel manovrare fanti dotati di pesanti armi di bronzo che solo in pochi ricchi erano in grado di procurarsi. Servio Tullio creò sulla base del censo la nuova unità di base dell’esercito la centuria, composta da membri delle nuovi e delle vecchie genti, che venne a sostituire per importanza la curia anche se questa non venne mai eliminata. La centuria assumerà rilievo anche politico quando dopo la fine della monarchia, i comizi centuriati eleggeranno i consoli saranno destinati a diventare i capi dello Stato.
Grazie all’incremento della popolazione il successore di Servio Tullio, Tarquinio il Superbo ebbe i rincalzi sufficienti per operare un ulteriore espansione verso i colli Albani. Mentre fu più difficile procedere all’espansione verso il sud dove esistevano città già sviluppate come Lavinio e Ardea. E difatti la tradizione rappresenta Tarquinio impegnato ad assediare proprio Ardea mentre a Roma veniva abbattuta la monarchia. La conferma di come al tempo del re etrusco Roma avesse acquisito una notevole influenza in tutto il Lazio è data dal trattato stipulato con Cartagine (509 A.c) immediatamente dopo la fine della monarchia. Dal testo tramandatoci dallo storico Polibio si evince chiaramente la prevalenza raggiunta da Roma sul litorale laziale, elemento che è ulteriormente corroborato dalla diffusione del culto di Giove Laziale, in occasione del quale giungevano genti da tutte le città a popolazione latina.
Nell’ultima fase dell’età regia Roma può considerarsi già una grande città: considerando che la cinta difensiva si estendeva per 7 Km, anche prendendo in considerazione le ampie zone di verde presenti nel territorio urbano si può ipotizzare che in quel periodo fossero presenti 15-20000. abitanti. Se si aggiunge il contado con la zone dell’Aniene e dei Colli Albani la popolazione sotto il controllo di Roma doveva aggirarsi sui 50-60000 abitanti.
lunedì 30 novembre 2009

Bonanno Pisano


Scultore e architetto pisano del XII secolo, è uno dei grandi protagonisti del romanico in Italia, stile a cui da un originale lettura fondendo elementi classici nell’inquadratura , bizantini, e oltremontani nella composizione. Di lui si ha la prima notizia nel 1174 con l’inizio dei lavori del Campanile del Duomo, la celeberrima “torre pendente”.
Ma la sua attività prevalente fu quella di scultore: nel 1180 esegue la Porta Reale in bronzo del Duomo di Pisa, poi distrutta dall’incendio del 1565. Negli stessi anni realizza la Porta di San Ranieri, posta nel transetto destro del Duomo: nelle imposte in bronzo vi sono venti formelle che rappresentano i principali episodi della Vita di Cristo. Nel 1186 esegue la Porta della Cattedrale di Monreale ( firmata Bonanno civis pisanus), contenente raffigurazioni di Storie del Vecchio e del Nuovo Testamento. Assieme a Porta di San Ranieri essa rappresenta la completa maturità dell’artista: entrambe le opere infatti si distinguono per la facilità narrativa e la coerenza formale dell’insieme.
sabato 28 novembre 2009

Tarquinio Prisco, Servio Tullio, Tarquinio il Superbo: la fase etrusca della monarchia di Roma

Gli ultimi tre re di Roma tramandatici dalla tradizione(Tarquinio Prisco, Servio Tullio, Tarquinio il Superbo) caratterizzano la fase etrusca della monarchia. Durante questo periodo la città registrò un ulteriore espansione con l’affermazione della strada che dall’Etruria, passava per Roma, attraversava la pianura pontina a ovest dei colli Albani per poi scendere verso la Campania. Se si tiene conto dei traffici provenienti dal mare e di quelli dell’entroterra che si rifornivano di sale, appare chiaro come Roma stesse diventando un crocevia di commerci che attirava in città abitanti dai centri vicini e con esso lo svilupparsi dei ceti artigianali e commerciali. A tal proposito la tradizione ci ha lasciato il ricordo di corporazioni di fabbri, carpentieri, muratori, orefici ecc alla cui organizzazione avrebbe provveduto addirittura Numa Pompilio. Questi nuovi gruppi furono all’origine della formazione della plebe che non essendo omogenea con i primi abitanti creavano di conseguenza nuovi problemi di convivenza.
L’archeologia ha rinvenuto numerosi vasi corinzi e attici del tempo che testimoniavano accresciute esigenze di gusto e maggiori disponibilità di mezzi.
Secondo la tradizione il primo re di origine etrusca, Tarquinio Prisco, era originario di Tarquinia, la più importante città etrusca del tempo. Il padre era un greco, fuggiasco da Corinto. Taqruinio Prisco si insediò come re a seguito di una congiura ai danni di Anco Marzio. Questo quadro è assolutamente plausibile: infatti anche Anco Marzio e Tulio Ostilio non erano originari di Roma e la presenza della nobiltà etrusca a Roma testimonia il desiderio di questo popolo di controllare un importante centro di traffici. Le origini greche del padre vanno viste in relazione con le numerose connessioni con il mondo ellenico rivelateci dai ritrovamenti archeologici.
Tarquinio Prisco fu ucciso dai figli di Anco Marzio e gli subentrò al trono Servio Tullio, La tradizione romana ci presenta questo re come figlio di una serva. Secondo la tradizione etrusca ( ripresa dall’imperatore Claudio in un suo discorso tenuto in Senato) questi aveva il nome di Mastarna, un etrusco di Vulsci che, amico dei fratelli Celio e Aulio Vibenna, cacciato dal’Etruria si insediò nel colle del Celio per poi divenire re di Roma. Masterna potrebbe essere una versione del termine romano “magister”. E allora è ipotizzabile che Mastarna-Servio Tullio sia stato un comandante militare agli ordini dei fratelli Vibenna e che a seguito di una serie di vicende che non possono essere ricostruite sia riuscito a conquistare il trono di Roma. E a questa iniziale subordinazione ai Vibenna sarebbe imputabile anche la sua origine servile.
Servio Tullio fu ucciso secondo la tradizione da Lucio Tarquinio, che aveva sposato la figlia Tullia. Divenuto re, Tarquinio il Superbo fu destituito dai una congiura delle famiglie più importanti della città. Successivamente Roma venne espugnata dal re di Chiusi Porsenna che impose un trattato che consentiva l’uso del ferro solo per attrezzature agricole, di fatto imponendo il disarmo della città, ma che si dovette ritirare a seguito di una sconfitta imposta da un esercito di forze collegate latine.
Da un analisi comparata delle fonti della tradizione con quelle archeologici emergono dunque questi dati storici: l’accertata reale esistenza degli ultimi tre re di Roma, il loro insediamento sul trono in forma violenta e il rapido sviluppo della città come uno dei più importanti centri abitati della penisola.
domenica 15 novembre 2009

Ravenna e Costantinopoli: un duraturo legame artistico e culturale

La civiltà artistica di Costantinopoli influenzò Ravenna ancor prima della realizzazione del sogno imperiale di Giustianiano con la campagna militare che porto la penisola italiana a far parte dell'impero bizantino. Essa si tramutò da piccola città di provincia in centro di prima importanza politica e religiosa per l'Occidente già quando Onorio VI trasferì la capitale dell’impero. Dunque è dal V secolo che comincia lo sviluppo artistico artistica di Ravenna, che si protrarrà prima con il dominio ostrogoto, e poi con la conquista bizantina operata con la guida del generale Belisario. Da quel momento si rafforza l’influsso della cultura di Bisanzio, reso visibile nell’impianto centralizzato di San Vitale, nello straordinario cromatismo a dei mosaici e nel contenuto simbolico delle raffigurazioni. I rapporti tra i due centri divennero così forti che in più occasioni marmi, materiali scolpiti, cartoni e maestranze specializzate vennero importate da Costantinopoli a Ravenna.
lunedì 12 ottobre 2009

La personalità del diritto nei regni romano-barbarici

A ciascuno le sue leggi: la costituzione dei regni romano barbarici in Gallia, Italia e Spagna introdusse il principio della "personalità del diritto" in opposizione a quello della territorialità: gli uomini liberi erano tenuti a rispettare solo le leggi del proprio gruppo etnico. I conquistatori non costringevano la popolazione conquistata ad adeguarsi al proprio ordinamento giuridico. I Romani e i Germanici erano tenuti solo a dichiarare inizialmente a quale tipo di diritto volevano sottostare.
La prima trascrizione, di cui siamo a conoscenza, delle tradizioni germaniche in un codice di leggi fu effettuato dai Visigoti di Tolosa ed è conosciuto come codice di Eurico - dal nome del re- e fu approvato da un assemblea popolare nel 475. Due decenni dopo (febbraio 506), il regno di Tolosa riportò anche le leggi di origine romana in un codice, la Lex romana visigothorum (o Breviario di Alarico dal re che la fece approvare) comprendenti leggi del codice teodosiano e di altre costituzioni romane. Tra il 481 e il 501 furono i Burgundi a codificare le proprie leggi nella Lex gundobada ( dal nome del re Gundobado) o Lex burgundionum.
Nel corso del tempo tuttavia le due correnti giuridiche si influenzarono reciprocamente che si realizzò però nel regno di Toledo nel VII secolo. Venne così realizzato un unico codice, la Lex Visigothorum che valeva per tutti i cittadini che viveno, indipendentemente dalla loro origine romana o germanica.
domenica 4 ottobre 2009

Teodorico opera la fusione tra Romani e Ostrogoti

Con gli Ostrogoti si ha probabilmente il primo esempio di fusione tra elemento romano e germanico. Ciò grazie al loro sovrano Teodorico che regnò sull'Italia per trent'anni (489-526), stabilendo la propria residenza a Ravenna. Educato alla cultura latina durante i dieci anni in cui era rimasto in ostaggio alla corte di Costantinopoli, Teodorico fu inviato in Italia dall'imperatore Zenone per contrastare le mire espansionistiche di Odoacre. Egli cercò di farsi amici l'episcopato e l'aristocrazia locale e si adoperò per instaurare una convivenza pacifica tra ostrogoti e romani: ciascuno dei due popoli viveva secondo le proprio leggi , unito sotto il dominio personale di Teodorico. I Romani avevano il controllo dell'amministrazione, mentre agli Ostrogoti erano riservati i posti nell'esercito. Teodorico si circondò di intellettuali romani come Cassiodoro, Severino Boezio e Simmaco ma fece anche in modo che gli ostrogoti rimanessero ancorati alla loro tradizione e cultura. Sotto quest'ultimo aspetto va ricordato come gli scribi di Ravenna produssero il codice in pergamena noto come Codex Argenteus, che riproduceva la "Bibbia gotica", un evangeliario in lingua gotica usato dal vescovo missionario Ulfila (311-388) per diffondere il cristianesimo presso quelle popolazioni.

Clodoveo I


Clodovèo I nacque nel 465 e fu re dei Franchi dal 481 alla morte ( 511). La sua opera ci è stata tramandata esclusivamente attraverso la Storia di Gregorio di Tours, opera scritta un secolo dopo e dagli intenti prevalentemente agiografici. Succedette al padre Childerico I nel 481, come re dei Franchi Salii di Tournai; l vittoria a Soissons sul generale gallo-romano Siagrio nel 486, gli consentì di acquisire il controllo della regione compresa tra la Somme e la Senna; proseguì la sua espansione territoriale sconfiggendo a est i Turingi del Basso Reno, a sud gli Alamanni (496) a Zülpich, nella battaglia di Tulpiacum (Tolbiac) e verso la fine del suo regno, i Franchi Ripuari stanziatisi nella riva destra del Reno; su suggerimento della moglie Clotilde si convertì al cattolicesimo nel 496 ,secondo Gregorio di Tours, per adempiere a un voto dopo aver invocato la vittoria sui nemici Alamanni; molto di realisticamente per ottenere la legittimazione del potere conquistato e il sostegno del clero gallo-romano ( gli altri barbari si erano convertiti per lo più all'arianesimo). In tal modo potè occupare pacificamente la regione compresa tra la Senna e la Loira. Dopo aver vinto i Burgundi di Gondebaldo dai quali però esigette solo un tributo annuale si alleò con loro contro i Visigoti, ariani, sconfiggendoli a Vouillé (507); ciò spiano la strada ai Franchi per la conquista di Tolosa e dell'Aquitania, lasciando campo libero ai Burgundi a Marsiglia e sulla Provenza. Dopo aver conquistato anche le terre dei Franchi Ripuari ( 509) Clodoveo andò a vivere a Parigi, dove morì. Fece comunque in tempo ad operare una riorganizzazione della Chiesa gallica nel concilio di Orléans nel quale si stabiliva che i vescovi venissero nominati dal re e che i preti dovessero ricevere l'approvazione del sovrano prima di entrare in possesso delle loro funzioni (511). In virtù di una concezione privatistica del potere alla sua morte il regno venne spartito in eredità tra i quattro figli, Childeberto, Clotario, Clodomiro e Teodorico .
sabato 5 settembre 2009

2 giugno 455: il sacco di Roma dei Vandali di Genserico ( cronaca di Ferdinand Gregorovius)

2 giugno 455: I vandali si erano mossi dal centro dell'Europa per arrivare in Spagna dove avevano lasciato una traccia reale della loro presenza, Vandalusia, ( oggi Andalusia) ovverosia la terra dei Vandali. Spinti via dai Visigoti conquistano L'Africa mediterranea. Fino ad ora i popoli barbari erano sempre penetrati dall'Est dell'Europa. ora si dirigevano verso Roma da Sud. il capo dei Vandali è Genserico. il Papa Leone I Magno che era riuscito a fermare Attila stavolta non può nulla. Genserico si impadronisce anche dalla moglie dell'imperatore Eudossia che resterà prigioniera di Genserico per otto anni. L'imperatore Petronio Massimo, venne invece ucciso a furor di popolo

Dallo storico tedesco Ferdinand Gregorovius la cronaca del saccheggio" nei palazzi, nelle chiese, negli edifici pubblici ciò che i goti avevano risparmiato e i Romani erano riusciti a sostituire trovò ora i suoi predoni. La spoliazione di Roma potè essere condotta sistematicamente. Si saccheggia contemporaneamente in ogni angolo. Centinaia di carri stracolmi, uscivano da Porta Portuense ( ora Porta Portese) per trasportare il frutto della rapina sulle navi, alla fonda, per tutta l'ampiezza del Tevere. I barbari si gettarono prima di tutto sul Palatium, sul Palatino, sede dei Cesari, sulle cui stanze l'infelice Eudossia era tenuta ora prigioniera da Genserico, il capo dei Vandali e lo depredavano con tale bramosia che non vi rimase neppure un vaso di rame.
Sul Campidoglio fu messo a sacco il tempio di Giove. Genserico non si limitò a far man bassa delle statue rimaste ma, fece scoperchiare anche metà del soffitto e caricare sulle navi le tegole in bronzo dorato"
mercoledì 2 settembre 2009

I Merovingi conquistano la Gallia e si convertono al cristianesimo. I Franchi come popolo eletto

La diffusione nel territorio della Gallia delle tribù germaniche conosciute con il nome collettivo di Franchi avviene in modo semplice e lineare.Tuttavia essa acquisì in breve tempo i caratteri di una vera e propria dominazione rendendosi autonoma dall'impero; riconoscendone l'autorità riuscirono sempre a presentare con grande astuzia le loro campagne di conquista come operate in nome dei Romani. Infatti dopo aver passato il Reno (406), anche in virtù del sostegno delle autorità romane, i Franchi operarono nel territorio corrispondente al Belgio attuale e nella Francia del Nord, occupando città di rilevanza strategica come Boulogne, Arras, Tournai, Cambrai. A quest'azione di conquista fece seguito la creazione di strutture destinate a mantenere il potere su città ed intere regioni. Durante questo processo una tribù, quella dei Franchi salii, acquisì il sopravvento sulle altre. I capi dei Salii, la stirpe discendente dal mitico Meroveo divennero dunque i re dei Franchi. I Merovingi si conquistarono la fiducia dei Romani come loro alleati, consentendo allo stesso tempo ai Franchi di legittimarsi come popolo federato di quello romano.
Importantissima fu la scelta compiuta dai discendenti dei Merivongi, di convertirsi al cristianesimo, decisa dal re Clodoveo, tra la fine del V e gli inizi del VI secolo. In questo modo veniva operato il passo decisivo che consentiva ai Franchi di integrarsi profondamente con la realtà sociale, politica e culturale della regione di cui avevano assunto il dominio. Da ciò scaturì quasi automaticamente l'alleanza tra la nuova dinastia cattolica e l'aristocrazia gallo-romana che deteneva il monopolio di tutte le sedi episcopali. In parallelo i Franchi si autocelebrarono come "nuovo popolo eletto" ( si inventarono anche una diretta discendenza dal troiano Enea) , ergendosi a difensori della Chiesa di Roma e a loro rappresentante in Gallia con ulteriori benefici in termini di prestigio e legittimazione politica.
Clodoveo creò così i presupposti per assicurarsi il controllo dell'intera Gallia del Nord; quindi nel 507, sconfisse i Visigoti nella battaglia di Vouillé, cacciandoli definitivamente dal regno di Tolosa e dalla Gallia sud-occidentale, che questi abbandonarono per dirigersi in Spagna. A completare la conquista dell'intera Gallia, nel 534, i Franchi si impadronirono dei territori che formavano il regno dei Burgundi (corrispondenti all'attuale Borgogna, alla Savoia, alla Svizzera ed alla Provenza settentrionale) e tre anni dopo sottrassero l'intera Provenza agli Ostrogoti.
giovedì 6 agosto 2009

I Berlinghieri: Berlinghiero, Barone, Matteo e Bonaventura



I Berlinghieri furono una famiglia di pittori attivi nel XIII secolo principalmente a Lucca. Il capostipite fu Berlinghiero Berlinghieri autore di numerosi Crocifissi fra i quali quello da lui firmato del Museo Nazionale di Villa Guinigi a Lucca, eseguito tra il 1210 e il 1220. Un altro crocifisso a lui attribuito, databile tra il 1230 e il 1235 è conservato al Museo di San Matteo a Pisa. In tali opere è evidente l'influenza dell'arte bizantina , trasmessa anche ai figli Bonaventura, Marco e Barone, la cui attività arriva a solcare l'ulti mo quarto di secolo del Duecento.
Dell’attività di Barone Berlinghieri ci rimangono alcuni crocifissi lignei tra i quelli quello situato nel piccolo borgo toscano di Montefegatesi; di Marco, oltre ai crocifissi conosciamo le miniature, come quelle della Bibbia nella cattedrale di Lucca e gli affreschi conservati nella chiesa di Santo Stefano a Bologna.
Il più conosciuto tra i figli di Berlinghiero è Bonaventura, la cui attività a Lucca è documentata tra il 1228 e il 1274. Nel 1235 Bonaventura realizza la pala d'altare denominata San Francesco e sei episodi della sua vita, eseguita per l’omonima chiesa di Pescia. Si tratta di una delle prime immagini del santo di Assisi, da poco beatificato nel 1228. Nel 1244 Bonaventura decora con uccelli e altri motivi ornamentali profani la camera dell’arcidiacono della cattedrale di Lucca, ( lavoro oggi andato perduto) . Dal 1250 è documentata l'attività dell'affermata bottega di cui Bonaventura era titolare: in essa giovani apprendisti potevano imparare l’arte della pittura; di questi conosciamo il nome di Lupardo di Benincasa, tra l'altro figliastro del pittore. L'ultima notizia di Bonaventura Berlinghieri in vita è risalente all'anno 1274
domenica 28 giugno 2009

I Vandali.

I Vàndali erano una popolazione germanica orientale. Originaria delle rive del Baltico era composta da due etnie principali: i Silingi e gli Asdingi. Entrambe si spostarono alla fine del II sec. verso sud-est: i Silingi si stanziarono nell'alta valle dell'Oder ( che da loro prese il nome di Slesia); gli Asdingi nell'alta valle del Tibisco. Nel IV° sec si trovarono dapprima in lotta coi Goti ,che li sconfissero uccidendone il re Visimero, (335), quindi costretti dalla pressione di Sarmati e Unni, si spostarono in direzione ovest per raggiungere l'alto Danubio e il Reno. Nel 406 i Vandali Asdingi, insieme con Alani, Suebi e altri barbari, attraversarono il Reno e riunitesi ai Silingi sotto la guida del re Gunderico († 428), sconfissero i Franchi.
Dopo aver saccheggiato la Gallia e raso al suolo Magonza, nel 409 passarono in Spagna. Dopo un iniziale conflittualità con i Romani i Vandali trovarono un accordo con l'imperatore Onorio che accordò loro lo status di federati: gli Asdingi e i Suebi (o Svevi) si stabilirono in Galizia, i Silingi ebbero la provincia Betica, che acquisì il nome di Vandalusia (Andalusia), gli Alani la Lusitania e il Chartaginensis ( con capitale Cartegena). Ma la pace durò poco i Visigoti guidati dal re Walia si presentarono a nome dell'imperatore e attaccarono tutti i Barbari della Spagna: Silingi e Alani furono furono sconfitti con gravissime perdite, e prima di attaccare Asdingi e Suebi vennero richiamati dai generali romani che riuscirono a scampare un probabilissimo rovescio.
Le orde vandale si riunirono sotto l'unico comando di Gunderico che ottenne una grande vittoria contro le forze romano-visigote (421-422) requisendo le galee agli sconfitti e creando così le premesse per compiere razzie navali in Mauritania (l'odierno Marocco e Algeria occidentale) e nelle Baleari.
Gli succedette il fratellastro Genserico (428-477) che di fronte alla continua minaccia dei Visigoti , e attirato dalla rivolta dei Mauri che l'impero non riusciva a sedare, nel 429 attraversò con tutti i suoi Barbari (80.000 circa) lo stretto di Gibilterra per dare inizio all'occupazione della Costa africana
Dopo aver avuto facile gioco in Mauretania Genserico presa d'assedio, conquistò Ippona (431); ma poiché non riusciva ad impadronirsi di altre città e avendo i subito numerose perdite decise di fare un patto di federazione con Roma (435), che riconosceva i Vandali al servizio dell'impero. Ma Genserico si comportò come un sovrano autonomo perseguitando i vescovi che ostacolavano la diffusione dell'arianesimo ( a cui i Vandali si erano convertiti), dandosi alla pirateria in Sicilia e agendo con totale libertà di movimento in Mauretania e in Numidia. Quindi nel 439 occupò Cartagine per poi estendere la conquista all'Africa proconsolare e alla Bizacena, accaparrandosi così la principale riserva di grano dei Romani. L'imperatore Valentinano III riconobbe nel 442 ai Vandali l'indipendenza sulla terre conquistate, ma questo non accontentò Genserico , deciso ad acquisire il controllo delle principali terre produttrici di grano. In questo senso si inquadrano le conquiste di Baleari, Corsica , Sardegna e Sicilia.
L'uccisione dell'imperatore Valentiniano e la successione da parte di Petronio Massimo sospettato di essere coinvolto nell'omicidio e dunque considerato usurpatore diede il pretesto ai Vandali per marciare verso Roma che venne saccheggiata nel 455 ( Massimo vi venne ucciso) ma su richiesta di papa Leone I vennero risparmiati eccidi agli abitanti ne vi fu la distruzione delle chiese cattoliche dell'Urbe. ; nel 476 Genserico ottenne il riconoscimento dei possedimenti vandali anche dall'Impero d'Oriente.
le persecuzioni e la confisca di beni agli ecclesiastici e ai senatoriali, che sotto lo stimolo di un nazionalismo ariano, antiromano e anticattolico era stato l'elemento determinante del successo nell'insediamento in Africa dei Vandali, si intensificarono dopo la morte di Genserico sotto il suo successore Unerico (477-484). Dopo un breve periodo di tregua sotto Gondamondo (484-496) e Trasamondo (496-523), cognato dell'ostrogoto Teodorico, esse si rifecero violente sotto Ilderico (523-530).
Presto si fecero sentire i primi segnali di declino: l'indebolimento interno adopera di Berberi e cattolici favorì la cacciata dalla Sicilia operata dagli Ostrogoti; un'ultima reazione nazionalistico-ariana portò al trono Gelimero (530-534); Fu Giustiniano a determinare il definitivo crollo dei Vandali: il suo generale Belisario guidò la spedizione che inflisse loro due sconfitte decisive(Ad Decimum [cioè a dieci miglia da Cartagine] e Tricamarum) determinando in breve tempo (533- 534)la riunione del territorio delle province d'Africa all'Impero. Le popolazioni furono fatte schiave o si unirono alle tribù berbere continuando la guerriglia fino al 548 quando ogni residuo focolaio di ribellione venne sedato e con esso scomparvero le tracce dei Vandali
domenica 24 maggio 2009

Benedetto Antelami


Nato intorno al 1150 Benedetto Antelami fu scultore e architetto attivo fra il 1170 e il 1220. Faceva parte probabilmente di quei costruttori provenienti dalla valle d’Intelvi noti con il nome di "magistri Antelami" (magister Antelami). Il suo nome sembra derivare proprio dalla sua provenienza geografica.
Benedetto Antelami curò la sua formazione artistica in Francia, fra la Provenza e l'Ile de France. La sua mano è stata riconosciuta in alcuni capitelli del chiostro di Saint-Trophime ad Arles, eseguiti intorno al 1165-1170. Giunto in Italia, il maestro prestò la sua opera in varie regioni dell’Italia settentrionale. A Parma si occupò inizialmente della sistemazione del coro della Cattedrale, lavoro del quale rimangono oggi la cattedra episcopale e un bassorilievo con la Deposizione datato 1178, già parte di un pulpito quadrangolare, oggi collocata alla destra del transetto del Duomo di Parma.
Fra il 1170 e il 1190 Benedetto Antelami fu anche impegnato nella costruzione del Duomo di Borgo San Donnino, l'attuale Fidenza, eseguendo i rilievi della facciata, rimasta incompiuta. Dal 1196 guidò i lavori di costruzione e decorazione del Battistero di Parma, che rappresentano il suo capolavoro in stile romanico. Per esso realizzò i meravigliosi rilievi policromi dei portali e la decorazione degli interni in cui si possono ammirare sculture di tema religioso, (la Fuga dall'Egitto la presentazione di Gesù al tempio) e profano, quali la raffigurazione dei “mesi” e delle stagioni.
Vengono attribuiti a Benedetto anche il progetto per la chiesa di Sant’Andrea a Vercelli, primo esempio in Italia di gotico francese, e due sculture di leoni nella chiesa di San Lorenzo a Genova, parte di un perduto pulpito.

mercoledì 6 maggio 2009

Roma: i re sabini. La prima espansione contro Alba Longa

La struttura istituzionale della primitiva città di Roma vedeva al governo un re di solito affiancato da un assemblea senatoria composta da i membri delle più importanti famiglie, i patres familias. Secondo la tradizione la prima fase dell’età monarchica sarebbe stata caratterizzata dall’alternanza fra re latini e sabini ma in realtà le figure di Tito Tazio, Numa Pompilio, Tulio Ostilio, Anco Marzio, sono in un modo o nell’altro di estrazione sabina: anche la doppia denominazione è rivelatrice dell’origine sabina. Proprio nel Quirinale, il colle da cui partì l’espansione sabina, è attestato attorno al 700 a.C la presenza del primo vero luogo di culto: vi si ricorda un Capitolium vetus, anteriore quindi al Capitolium vero e proprio che diventerà il vero centro sacrale di Roma, opera successivamente dei re di origine etrusca.
Anche la guerra condotta da Tulio Ostilio contro Alba Longa testimonia della prevalenza dei Sabini: sarebbe impossibile spiegare una tale azione militare compiuta da re discendenti dai Colli Albani. Anche la spinta espansionistica di Anco Marzio verso la foce del Tevere è compatibile con gli interessi dei Sabini ad acquisire il controllo delle saline, tramite cui rifornire di sale l’entroterra dove abitavano i popoli appenninici.
Sia la guerra contro Alba longa sia l’espansione lungo la foce del Tevere devono ritenersi spedizioni storicamente accadute. Esse testimoniano l’esistenza di un’organizzazione militare di un certo rilievo facente riferimento alla prima assemblea pubblica di Roma, quella curiata, che sarebbe stata successivamente sopravanzata in importanza da quella centuriata ma che in età antica inquadrava la popolazione ai fini militari suddividendole in trenta curie , dieci per ognuna delle tre tribù genetiche di Roma ovverosia, i Ramni, dei Tizi e dei Luceri , quest’ultima di origine etrusca. In base a quest’organizzazione la Roma più antica poteva disporre di un esercito di 3000 fanti e 300 cavalieri il che presupponeva un abitato già consistentemente popolato, i cui confini erano segnati a ovest dal Tevere, a est dall’Aniene , mentre a sud il territorio non doveva estendersi oltre gli 7-8 km dall’abitato.
giovedì 16 aprile 2009

Gli Unni invadono l'Europa e l'impero romano

Abbiamo poche notizie sugli inizi della storia europea degli unni. Il primo fatto di cui abbiamo notizia è l'attacco degli unni nel 374-375, in Ucraina, contro i goti, con il il loro re, Ermanrico, indotto a suicidarsi dopo essere stato sconfitto in battaglia. Nel 396 gli Unni occuparono le pianure della Pannonia, nell'attuale Romania, estendendo il loro dominio dalle Alpi orientali al mar Nero, e creando uno stato, anche se piuttosto primitivo, che si formò sotto i re Uldin e Mundziuch.
Le spinte degli unni provocarono all'inizio solo spostamenti di popolazioni minori di origine turca: i sabiri si trasferirono dalla Siberia al Nord del Caucaso arrivando a scontrarsi con i bizantini a est del mar Nero; gli uguri a loro volta spinti dai sabiri, mossero all'inizio del V secolo dalle steppe dell'Ural per quelle del Volga. Dopo aver fatto , alla fine del sec. VI, brevi incursioni nei Balcani, gli uguri saranno tra le etnie che che daranno origine al popolo bulgaro nel sec. VII e al popolo ungherese nell'VIII; inoltre i vecchi turchi pur senza attraversare il Volga, ebbero nel sec. VI frequenti contatti coi bizantini. Nessuna di queste popolazioni ha avuto un ruolo importante nella storia europea; saranno invece gli avari, presentatisi attorno al 461 sulla scena europea, a giocare un importante ruolo nel continente per circa tre secoli.
Al contrario di ciò che si pensa comunemente, gli Unni all'inizio non furono affatto nemici di Roma: dopo la distruzione dello stato gotico d'Ucraina essi ebbero relazioni pacifiche con l'impero d'Oriente, cosa che permise addirittura il loro pacifico insediamento in Pannonia nel 390. In quel periodo erano i Visigoti di Alarico la principale minaccia, sopratutto nei Balcani, e Unni e bizantini strinsero un amicizia contro il comune pericolo. Ma quando i goti si spostarono verso l'Italia ( attorno al 408) cominciarono le tensioni per il tentativo del re unno Uldin di stabilirsi in Tracia e in Mesia. L'Occidente, non subendo dirette minacce da parte degli unni sviluppò per circa mezzo secolo una politica d'intesa con gli unni. A sostenere questa politica fu sopratutto il generale romano Ezio che avendo passato la sua giovinezza, a partire dal 406, come ostaggio presso gli Unni, ammirava le capacità militari di questo popolo e che per favorire questa alleanza poteva mettere a disposizione le relazioni personali intessute durante quel periodo. Ezio ricorse sovente all'aiuto degli Unni, contro i visigoti nel 427, contro i franchi nel 428, contro i burgundi nel 430, e quando cadde in disgrazia si rifugiò presso di loro aiutandoli in cambio a consolidarsi in Pannonia.
Paradossalmente fu proprio Ezio, con la creazione di uno Stato unno, a creare i presupposti per trasformare questo popolo da alleato a pericolosa minaccia per Roma. Questo processo di istituzionalizzazione avvenne tra il 424 e il 434 e furono i re Mundziuch e Rua, rispettivamente padre e zio di Attila, a darvi impulso. Si presume che che il modello adottato fu quello dello stato sasanide; influenza iraniche le ritroviamo infatti nell'arte unna e elementi come la prostrazione al sovrano ( proskunesis), la libagione e il diadema come segno di regalità sembrano importati proprio dal cerimoniale di quell'impero mediorientale.
All'antica struttura tribale venne sostituendosi, attorno alla regalità ereditaria, il dominio di un'aristocrazia arricchitasi coi bottini. Questa classe comprendeva oltre ai veri Unni, anche dei germani e anche qualche romano di Pannonia, e tra questi ultimi vi era Oreste (il padre del futuro imperatore Romolo Augustolo). Stando a quanto riferito da Prisko, ambasciatore venuto da Costantinopoli nel 449, Attila cercò di dotare il regno di una capitale affiancando al suo accampamento mobile un palazzo costruito in legno e delle terme di pietra, costruiti con materiali importati dall'impero.
Gli Unni avevano ereditato la struttura bellica tipica delle tribù nomadi: la cavalleria , era numerosa, infaticabile, abituata alla tattica degli arcieri orientali. Incerta rimane l'esistenza di una cavalleria corazzata sul modello iranico. A completare l'equipaggiamento l'arco con frecce triangolari, la sella di legno, la frusta, il laccio, la spada a uno o due trancianti,
Lo stato unno al tempo di Attila comprendeva le attuali Ungheria e Romania: solo la parte orientale della pustza era territorio gestito con continuità dagli Unni, i quali però inviavano le avanguardie nelle pianure adiacenti, in Serbia, Valacchia e Ucraina. Durante il regno di Attila gli Unni furono il popolo guida del mondo barbaro, estendendo i loro usi a molti popoli germanici, in particolare i burgundi.
Rua era stato colui che aveva riunto tutti gli unni che in precedenza si erano spesso divisi in numerose orde, alcune delle quali erano state utilizzate dall'Impero contro altri barbari (436). L'opera di Rua venne consolidata da Attila: questi condusse gli Unni ( inizialmente assieme al fratello Bleda che fece poi uccidere) trascinando con se un gran numero di tribù germaniche, ad attaccare l'Impero romano d'Oriente e d'Occidente (441-452), ottenendo numerose vittorie anche in virtù dell'impiego magistrale della cavalleria. Attila morì improvvisamente nel 453 mentre si stava preparando a scendere di nuovo in Italia. I suoi figli Ellac ed Ernac si contesero il potere: di questa disputa interna approfittarono i popoli germani satelliti per riacquisire la loro autonomia. Ellac attaccò i rivoltosi e fu vinto e ucciso sul fiume Nedao, in Pannonia (454). Questo rovescio segnò il declino definitivo degli Unni che si ridussero al livello di tribù e tornarono a dividersi: alcuni gruppi che si stanziarono a sud del Danubio si misero al servizio dell'impero d'Oriente ; altri restarono nella Pannonia orientale, in qualità di Roma, ; altri ancora, fecero ritorno alla steppa ucraina. Gli ultimi due figli di Attila, Ernac e Dengizik, fecero un ulteriore guerra interna determinando la rovina completa degli unni. Ancora fino Il loro nome sarà sporadicamente ricordato fino all'imperatore di Zanone (474-491)per poi cadere nel dimenticatoio .
giovedì 26 marzo 2009

Le origini degli Unni. Il popolo hsiung-nu

L'origine degli unni è incerta: per alcuni sarebbero di stirpe turca. Un ipotesi li identifica con gli hsiung-nu, che la coeva storiografia cinese descrive come un bellicoso popolo di pastori stanziati alla frontiera mongola della Cina. A ogni modo avevano costumi originali: le fonti europee li descrivono come l'incarnazione della barbarie rasati, usi a praticare deformazione cranica e a sopprimere i vecchi, cremavano i loro morti ed erano poligami .
Gruppi di hsiung-hu invasero dopo il 35o d.c le province orientali dell'impero persiano dei Sasanidi , altri fecero la cloro comparsa nella pinura russa a ovest del Volga frapoonendosi tra gli alani e i goti .
Gli hsiun-nu prima si allearono con il re sasanide Sapore II e quindi parteciparono a una campagna contro i romani in Mesopotamia (di cui parla parla lo storico Ammiano Marcellino) fondando una nuova potenza nell'Iran orientale a spese del dominio sasanide. Negli ultimi decenni del sec. IV si affermò nella Battriana ( nell'Asia centrale) il capo Kidara da cui il nome di kidariti, citati dallo storico greco degli Unni Prisco di Panio. Un altra stirpe di Unni, gli eftaliti o Unni bianchi tra la fine del sec. IV e l'inizio del V, soppiantò i kidariti nella Battriana e li ricacciò nel Punjab. Gli Unni bianchi per deccni costituirono una minaccia alla sicurezza dell'Iranm a i sasanidi guidati da Cosroe I il Grande li sconfisse nel 557, con l'aiuto dei turchi. Le fonti indiane registrano all'inizio del sec. VI incursioni nel nel Punjab e nell'India Occidentale di un popolo huna. Certamente si trattava di Unni probabilmente kidariti e poi eftaliti. Gli huna contribuirono alla dissoluzione dell'impero gupta; nel 510 il loro capo Toramana, controllava più o meno direttamente una grossa fetta dell'India. Ma il suo successore, Mihirakula, fu scacciato intorno al 525 dalle pianure indiane mantenendosi ancora nel Kashmir. In seguito gli eftaliti persero le loro specificità etniche confondendosi con le altre popolazioni indiane.individualità etnica.
domenica 22 marzo 2009

L'origine di Roma: la verità storica. La fusione tra Sabini e Septimontium

Secondo un calcolo di Varrone la data a cui far risalire la fondazione di Roma sarebbe il 754 a.C. Ma questa data è il risultato di calcolo artificioso effettuato partendo dal 509 a.C. anno a cui risalirebbe la fine della monarchia per poi procedere a ritroso ipotizzando una durata media di 35 anni di regno per ciascuno dei sette re attribuiti a Roma dalla tradizione.
La realtà è che Roma non nacque da un giorno all’altro ma si formò dalla progressiva fusione di villaggi preesistenti. L’importanza del sito di Roma è già notevole al tempo dell’età del Bronzo: in essa si incrociavano la via che dall’Etruria conduceva in Campania e la via del sale che dall’entroterra appenninico conduceva fino alla foce del Tevere dove si trovavano le saline. La festa del Septimontium che si celebrava ancora in epoca storica con sacrifici nei siti dei colli Palatino, Esqulino, Celio è il retaggio dell’antica federazione tra quei villaggi situati nei montes a cui successivamente furono inclusi gli insediamenti abitativi successivamente formatesi negli avvallamenti intermedi . L’indole bellicosa di quelle popolazioni è testimoniata dal ritrovamento di arma da combattimento nel corredo funerario di alcune tombe del VII sec. Le tombe ritrovate sul colle palatino sono a incinerazione, analogamente a quelle ritrovate sui colli albani. Poiché la tradizione insiste nel sottolineare come Roma sia stata in origine una colonia di Alba Longa, questo particolare archeologico sembra confermarci come il sito del Palatino sia stato abitato da uomini originari proprio dei colli albani. Successivamente avvenne la graduale fusione con gli abitanti dei colli Celio e Esquilino, l’ultimo dei quali si presumo essere abitato da popolazioni di origine appenninica visto che vi sono state trovate delle tombe a inumazione.
Se Roma non era stata ancora fondata tuttavia la già esistente federazione tra i villaggi ne era il presupposto : e i suoi abitanti erano i Ramnes, cioè coloro che abitano vicino al fiume , nel linguaggio locale, Rumon. L’impulso alla trasformazione in città lo diede l’insediamento di gruppi di Sabini nel colle del Quirinale che avevano interesse ad avere libero il passaggio del fiume per poter rifornirsi di sale da inviare ai Sabini che si trovavano nell’entroterra appenninico. Divenne inevitabile il contrasto tra i Sabini, identificati nei Tities e i Ramnes, identificabile nel mito del ratto delle Sabine. A prevalere furono i gruppi Sabini che procedettero all’unificazione con i villaggi del Septimontium , che diede origine alla città vera e propria.

INDICE. ROMA. PERIODO MONARCHICO

La fondazione di Roma secondo la leggenda. Il ciclo troiano latino e il ciclo sabino
ROMOLO E LA PRIMA COSTITUZIONE DI ROMA
Numa Pompilio
L'origine di Roma: la verità storica. La fusione tra Sabini e Septimontium
Roma: i re sabini. La prima espansione contro Alba Longa
Tarquinio Prisco, Servio Tullio, Tarquinio il Superbo: la fase etrusca della monarchia di Roma
L'espansione di Roma durante l'ultima fase regia
La Gens nell'antica Roma. Origine e significato storico
La cacciata di Tarquinio il Superbo da Roma. Porsenna e l'offensiva etrusca
Il crollo della monarchia a Roma. La storia conferma la tradizione
sabato 14 marzo 2009

I Visigoti. Da Alarico al regno di Tolosa. Il controllo della Spagna e il regno di Toledo.

I Visigoti, originari della Scandinavia,si convertirono parzialmente all'arianesimo con Ulfila. Si tratta del ramo occidentale del gruppo dei goti. Dopo essere stati tenuti a nord del Danubio dai Romani e pressati dagli Unni furono accolti dall'imperatore Valente e si stabilirono nel 376 in Tracia, nei Carpazi e nella Moldavia.
Poco dopo però si ribellarono alle condizioni con cui erano stati accolti e fissatisi nella Tracia e sconfissero lo stesso imperatore ad Adrianopoli (378). Raggiunsero un foedus con l'imperatore Teodosio solo nel 382, in cambio di terre nella Mesia, ma la pace durò poco; nel 392 Stilicone ne impose il rinnovo ad Alarico che però nel 395 alla morte di Teodosio riprese le incursioni devastando prima i Balcani, poi tutta la Grecia e infine nel 397 ottenendo il controllo dell'Epiro.
Dopo una nuova rivolta, nel 401 egli condusse i Visigoti in Italia. Dopo aver conquistato snza resistenze Venezia e Milano, furono respinti una prima volta ancora da Stilicone, (battaglia di Pollenzo, 402). Firmarono un trattato che li condusse temporaneamente in Dalmazia e nel Norico. Ma nel 408 Alarico ruppe il patto e invase per la seconda volta l'Italia giunse fino a Roma, che fu saccheggiata (410) nell'impossibilità di giungere a un accordo con l'imperatore. Quindi Alarico puntò verso sud avendo come meta l'Africa, ma i Visigoti dovettero rinunciare al progetto di passare in Sicilia a causa della mancanza di navi.
Dopo la morte di Alarico, fu il cognato Ataulfo a intraprendere la riconciliazione con l'impero: con il consenso dell'imperatore d'occidente Onorio, condusse i Visigoti verso nord: nel 412 prese il possesso della Gallia Narbonese, acquisendo anche l'Aquitania con Tolosa e Bordeaux (413). Per consolidare la pace, Ataulfo sposò Galla Placidia, sorella di Onorio (414) eformò un rudimentale governo gestito aristocratici aquitani. Ma fu il nuovo re Wallia, con un accordo con l'impero (416), a creare il regno di Tolosa, primo esempio di regno barbarico in territorio romano . negli anni successivi Wallia spedizione contro Vandali, Alani e Svevi in Spagna. Teodorico I (418-51) rispettò il patto federativo, fornendo aiuto militare ai romani: combatte Teodorico I (419-451) combatté con Ezio contro Attila e morì ai Campi Catalaunici ; il figlio Teodorico II (453-66)continuò la collaborazione con gli imperatori romani ed ebbe un governo moderato; il fratello Eurico (466-84) portò il regno di Tolosa al suo apogeo, conquistando la Gallia centrale, l'Alvernia, parte della Provenza e quasi tutta la Spagna su cui pose un protettorato e, con la fine dell'Impero d'Occidente (476), realizzò la piena indipendenza formale del regno . Eurico si servì dell'esperienza amministrativa dei quadri romani e nominò conti e duchi sudditi appartenenti indifferentemente a romani e goti.
Tuttavia le due anime del regno di Tolosa fecero molta fatica a convivere a causa del fanatismo dei Visigoti ariani, che tendeva a opprimere la maggioranza della popolazione , romanizzata e cattolica, e ciò ebbe gravi ripercussioni sulla solidità interna del regno. Il figlio di Eurico, Alarico II (484-507), dovette subire i continui attacchi dei Franchi di Clodoveo e malgrado l'emanazione della Lex Romana Visigothorum , contenente disposizioni più favorevoli ai sudditi romanizzati e cattolici, fu sconfitto e ucciso (Vouillé, 507); sostenuti dagli ostrogoti, ivisgoti dovettero cedere la parte francese ( compresa Tolosa) del regno ai Franchi mentre conservarono la Spagna spostando la capitale a Toledo. Alla morte di Alamarico, (507-531) che era riuscito a governare pur con enormi difficoltà grazie al sostegno degli ostrogoti, la dinastia si estinse.
la guida del regno fu assunta da due ostrogoti, Teudi e Teodisclo, (531-549); quindi, il potere tornò al visigoto Agila, la cui intolleranza religiosa gli alienò il Sud del regno, tutto romano. Successivamente attorno alla corte di Toledo i Visigoti cercarono di ricostituire l'unità spagnola del regno convertendosi al cristianesimo. La conquista musulmana della penisola iberica (711) pose fine definitivamente al regno dei Visigoti.

INDICE. LE INVASIONI BARBARICHE

Le origini degli Unni. Il popolo hsiung-nu
Gli Unni invadono l'Europa e l'impero romano
Gli Alamanni dalle origini alla sottomissione ai Franchi
I Visigoti. Da Alarico al regno di Tolosa. Il controllo della Spagna e il regno di Toledo.
I Vandali
2 giugno 455: il sacco di Roma dei Vandali di Genserico ( cronaca di Ferdinand Gregorovius)
La personalità del diritto nei regni romano barbarici
476: cade l'impero romano d'Occidente. Ma nessuno se ne accorge.
lunedì 9 marzo 2009

Lo storico negazionista David Irving organizza un asta di cimeli nazisti


David Irving, lo storico britannico negazionista dell'olocausto fa ancora parlare di se per una singolare iniziativa: ha messo in piedi un sito Internet per la vendita di cimeli nazisti. Tra le nazi memorabilia esposte nel sito già ridenominato "Naz-e-bay" vi sono un regalo di battesimo fatto dal comandante delle SS Heinrich Himmler alla figlia del comandante della Lutwaffe Hermann Goering, , un bastone da passeggio appartenuto al Fuhrer, foto relative al Terzo Reich, e una ciocca di capelli e frammenti ossei che si ritine possano essere di Hitler. Irving precisa però che l'autentificazione dei resti umani è ancora in corso. Irving autentica gli oggetti proposti e ottiene una commissione del 15%.
DI SEGUITO INSERISCO ALCUNI LINK AL SITO NAZ-EBAY

http://www.fpp.co.uk/shop/Ealing/photos_misc/index_2.html
http://www.fpp.co.uk/shop/Ealing/photos_misc/index_1.html
http://www.fpp.co.uk/shop/Ealing/Gehstock/index.html
http://www.fpp.co.uk/shop/Wuest/Taufbecher_Eddas/index.html
domenica 8 marzo 2009

Arnolfo di Cambio



Arnolfo è documentato come attivo nella bottega di Nicolò Pisano fra il 1265 e il 1267 per la costruzione del pulpito del Duomo di Siena e forse anche dell'arca di San Domenico a Bologna. Del maestro seguì la linea classicista a cui aggiunse una ricerca di uno dimensione più razionale nelle strutture architettoniche In virtù delle sue aperture verso il gotico transalpino riguardanti sopratutto le innovazioni architettoniche c'è chi ipotizza anche che la sua formazione sia avvenuta anche nel cantiere cistercense della chiesa di San Galgano, in provincia di Siena
Alla fine degli anni Settanta lo scultore si reca in Umbria, probabilmente al seguito della bottega di Nicola e Giovanni Pisano a cui venne commissionata la Fontana Maggiore a Perugia. Sicuramente di Arnolfo è la Fontana Minore di Perugia, oggi smembrata.
In quello stesso periodo gli vengono commissionati molti lavori anche a Roma: Per Carlo d’Angiò nel 1277 eseguì un grande ritratto marmoreo conservato oggi nei Musei Capitolini, espressione di un maestoso classicismo, e parte di un monumento celebrativo oggi perduto. Arnolfo esegue delle opere anche per la chiesa romana; è suo il monumento sepolcrale di Bonifacio VIII, un tempo facente parte della controfacciata dell'antica basilica di San Pietro e oggi conservato in parte nelle grotte vaticane.
Arnolfo realizzò anche due cibori: il primo, del 1285, attestante una superba conoscenza delle caratteristiche architettoniche del gotico francese nella chiesa di San Paolo fuori le Mura, il secondo in Santa Cecilia in Trastevere in marmo in stile gotico realizzò due cibori, datato 1293.
negli anni Novanta Arnolfo rientrò a Firenze: qui gli venne affidato il progetto per la cattedrale di Santa Maria del Fiore, per la quale fu posta la prima pietra nel 1296; per la facciata di quella Chiesa eseguì anche alcuni gruppi scultorei conservati nel Museo dell’Opera del Duomo. A Arnolfo di Cambio vengono tradizionalmente attribuiti nell'ultima parte della sua vita, ( morì nel 1302) i progetti della Chiesa di santa Croce e del palazzo dei Priori, poi ridenominato palazzo vecchio

INDICE STORIA DELL'ARTE

La chiesa di San Pedro della Nave: apogeo dell'arte visigota
Il battistero di Poitiers
L'arte longobarda
La lamina di Agilulfo
Il tempietto longobardo di Cividale del Friuli (VIII secolo)
La cripta del monastero di Jouarre
Ravenna e Costantinopoli: un duraturo legame artistico e culturale
La fioritura artistica nella Spagna visigota del VII secolo
Santa Maria del Naranco
Altichiero da Zevio
Arnolfo di Cambio
Benedetto Antelami
La deposizione di Cristo di Benedetto Antelami
Bonanno Pisano
Buffalmacco
I Berlighieri: Berlinghiero, Barone, Matteo e Bonaventura
Pietro Cavallini
Cimabue ( Cenni di Pepo)
Duccio di Buoninsegna
Taddeo Gaddi, pittore innovativo sulle orme di Giotto
Il neogotico o gothic revival
lunedì 2 marzo 2009

Gli Alamanni dalle origini alla sottomissione ai Franchi

Gli Alamanni o Alemanni ( il cui nome significa letteralmente "tutti uomini") erano una una confederazione guerriera di varie tribù germaniche. A causa delle presioni che subirono dai Goti e degli Slavi si spostarono all'inizio del III sec. d.C., dalla loro sede di origine, il Brandeburgo, verso rive del Meno. Lo storico cassio Dione ci ha lasciato la prima testimonianza della loro presenza ion occasione del racconto della sconfitta da loro subito ad opera dell'imperatore romano Caracalla (213). Successivamente vennero respinti anche da altri imperatori del III sec; dopo l'ulteriore rovescio subito da Costanzo Cloro nel 301, trovarono un sistemazione più stabile ( fino alla metà del IV secolo) lungo la riva sinistra del Reno, fra il Meno e il lago di Costanza per poi estendere il loro controllo all'attuale Württemberg, al Baden e la Svizzera tedesca ( metà V secolo). Cercarono di oltrepassare il fiume e assieme ai franchi saccheggiarono la Gallia ma furono sconfitti dall'imperatore Giuliano (Strasburgo, 357) e da Valentiniano e, al tempo dell'invasione degli Unni di Attila, da Ezio (453).
Gli Alemanni combatterono anche contro i Burgundi a sud e contro i Franchi. Dal re franco Clodoveo subirono una prima sconfitta nel 476 e un secondo decisivo rovescio nel 506 in cui venne ucciso il rex Alemannorum. I franchi si impadronirono dell'Alsazia e del territorio dei Ripuari e da questo momento gli Alemanni cessarono di avere indipendenza politica continuando a mantenere però una propria rilevanza come gruppo etnico sia preso i Franchi che presso gli Ostrogoti. presso questi ultimi infatti dopo la sconfitta del 506 aveva cercato protezione la classe dirigente alemanna. Colonie alemanne continuarono a sorgere a ovest e a sud del Reno, in Alsazia, nella Lorena romana, nella Franca Contea e nella Svizzera romana (Rezia): le finali in -heim di numerosi villaggi di queste regioni e soprattutto le suppellettili funerarie trovate nei cimiteri e risalenti testimoniano questa loro penetrazione.
Nel 554-555 il re franco Teodebaldo, su richiesta degli Ostrogoti, inviò in Italia una spedizione franco-alamanna, comandata dagli alamanni Leutari e Butilino, che partita probabilmente dalle diocesi di Windisch e di Avenches, devastò tutta la penisola, e che fu fermata in parte dalle forze bizantine di Narsete e in parte da un'epidemia.
Con i re franchi Clotario II e Dagoberto nel VII sec. gli Alamanni poterono creare un loro codice, mentre Carlo Magno assegnò loro delle terre in cui si stabilirono perdendo la loro spinta migratoria. nelle guerre tra i successori di Carlo del IX sec. si allearono , contro Ludovico il Pio e Lotario, con Ludovico il Germanico, ed infatti nel testo del trattato di Verdun dell'843 appaiono a lui soggetti.
venerdì 27 febbraio 2009

La seconda vita dell'arianesimo. Eusebio di Nicomedia. Il trionfo del cattolicesimo con Teodosio

Nonostante il Concilio di Nicea lo avesse bandito dall'impero, l'arianesimo si mantenne vivo grazie a Eusebio di Nicomedia che dopo aver riottenuto nel 328 la sua sede episcopale a Costantinopoli perfezionò la tattica che garantì agli ariani la sopravvivenza: elaborare cioè formule dottrinarie che formalmente compatibili con le definizioni di Nicea ma che in realtà finivano per svuotarle di contenuti. Quindi dopo aver ottenuto l'approvazione dell'imperatore riusciva a fare in modo che questi ne imponesse la sottoscrizione a tutti tutti i vescovi. Qualora questi si fossero rifiutati sarebbero divenuti automaticamente dei ribelli . Mentre questa situazione rafforzava la tendenza dell'impero al cesaropapismo, con l'imperatore Costanzo II (reggitore dell'Oriente dal 337 al 350 e di tutto l'Impero dal 350 al 361) toccò agli ortodossi subire la persecuzione degli ariani. Il più determinato avversario degli ariani, Atanasio d'Alessandria fu esiliato in Occidente due volte; stesso destino dovette subire Ilario di Poitiers in Oriente. Costanzo II convocò due concili nel 358: uno a Rimini per l'Occidente e uno a Seleucia per l'Oriente con lo scopo di imporre l'arianesimo e debellare l'ortodossia. Costanzo in definitiva non si comportava in maniera molto diversa da Costantino: entrambi volevano imporre la loro visione religiosa. Il metodo era lo stesso, la dottrina teologica seguita opposta. A consentire ai niceni di resistere furono sopratutto le divisioni in seno agli ariani: da un parte i più radicali (anomei; seguaci di Aezio e Eunomio) a sostenere che il Figlio non aveva niente in comune con il Padre; altri (omei) con Acacio di Cesarea affermavano l'esistenza di similitudini tra il Figlio e il Padre; in mezzo i più moderati ammettevano che egli fosse simile nella sostanza al Padre (omoiusiani; o semiariani; Basilio di Ancira). Dopo la scomparsa di Costanzo si ebbe il breve regno di Giuliano l'Apostata (360-363). Quindi si susseguirono degli imperatori che alternarono il proprio favore alle varie interpretazioni cristologiche: Gioviano (363-364), favorì l'ortodossia; seguì Valente che era ariano e sostenne le posizioni degli omei contro i niceni in Oriente; il fratello Valentiniano difese il punto di vista dei niceni favorendone il trionfo in Occidente. Dopo che i padri cappadoci ( Basilio Magno, Gregorio di Nissa e Gregorio Nazianzeno) avevano composto una sorta di compromesso all'insegna della formula ,una sola natura-tre persone, e dopo che papa Damaso riuscì ad affermare la supremazia del vescovo di Roma in tema di formule di fede sui vescovi orientali, nel 378-379 sarà Teodosio prima a imporre il cristianesimo come religione di stato con l'editto di Tessalonica (380) quindi con il concilio di Costantinopoli (381) decreterà definitivamente l'affermazione del credo niceno.Lo scontro tra niceni e ariani segnò un momento di grave crisi per la Chiesa in quanto la speculazione cristologica assunse carattere troppo razionale mettendo in secondo piano gli aspetti della fede. Consentì però anche di approfondire il dogma nel segno del confronto fra le differenti posizioni esistenti in Oriente e Occidente.
L'arianesimo non scomparve del tutto ma si diffuse tra i Barbari (anzitutto tra i Goti da parte di Ulfila, discepolo di Eusebio di Nicomedia)ritardando la fusione tra elemento germanico e romano fino a quando Clodoveo si convertì alla fede cattolica e i popoli germanici stanziati sul territorio imperiale (Visigoti, Ostrogoti, Vandali, Burgundi e Longobardi) accettarono la fede cattolica romana. Ultimi a convertirsi saranno i Longobardi, sotto il regno di Ariperto I, tra il 653 e il 661.
martedì 24 febbraio 2009

INDICE: STORIA DEL CRISTIANESIMO

Il contesto storico della frase di Gesù: "Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio". Relativismo e lealismo verso il politico
Paolo di Tarso: origine divina del potere politico
L'arianesimo e il Concilio di Nicea
La seconda vita dell'arianesimo. Eusebio di Nicomedia. Il trionfo del cattolicesimo con Teodosio
Il volto umano di Pio XII
sabato 14 febbraio 2009

L'arianesimo e il Concilio di Nicea

Il cristianesimo dei primi secoli dovette affrontare il problema dell'assestamento dei suoi dogmi. In particolare fu il dibattito attorno alla natura di Gesù al centro delle speculazione teologica delle prime Chiese. In opposizione alla tesi prevalente che sosteneva la divinità del Cristo ebbe particolare diffusione l'arianesimo: infatti a differenza dei teologi che ritenevano che il figlio di Dio avesse la stessa natura divina del Padre, per Ario (un monaco egiziano fondatore di questa corrente) e i suoi seguaci egli è stato generato da Dio, non possiede che una divinità secondaria o subordinata, e a differenza di Dio non è eterno, infinito e onnipotente. Queste tesi erano già state sostenute da alcuni scrittori come Origine ma fu proprio Ario a dare sviluppo a queste formule con una teoria completa.
Ario cominciò a predicare le sue teorie per la prima volta attorno al 320 quando era prete di una delle chiese di Alessandria. Il vescovo di Alessandria convocò un concilio per dirimere la questione ma si dovette scontrare con l'ostinazione di Ario che non intendeva rinunciare alla propria dottrina e che per questo fu scomunicato. A questo punto Ario, abbandonò l'Egitto per recarsi in Palestina e in Bitinia, dove godette dell'ospitalità di Eusebio di Cesarea e poi di Eusebio di Nicomedia ( quest'ultimo godeva dei favori dell'imperatore Costantino) e riuscì con il loro aiuto a fare molti seguaci. Poichè la controversia cristologica si stava diffondendo in tutto l'Oriente, l'imperatore Costantino decise d'intervenire e, fallito un tentativo di conciliazione, convocò nel 325 a Nicea, in Bitinia, un concilio che mise al bando le tesi di Ario e approvò a grande maggioranza la dichiarazione dogmatica (simbolo niceno- costantinopolitano) che proclamava che il Figlio aveva la medesima sostanza (consustanziale in gr. homoúsios) del Padre.
mercoledì 11 febbraio 2009

L'organizzazione dello Stato nell'Antico Egitto

La struttura dello stato egiziano era centralizzata e piramidale, imperniata sulla figura del faraone, vero e proprio dio vivente in quanto figlio del Dio Ra. Il faraone determinava le linee di azione del governo ma ne lasciava l'esecuzione al visir, che era alla guida dell'attività amministrativa . Il visir era al vertice di una struttura in cui operavano i responsabili dei principali settori che costituivano la classe più alta dei funzionari i quali agivano da delegati del re, trasmettendone la volontà , fonte vivente del diritto, in tutto il paese attraverso funzionari locali che avevano i compiti di amministrare la giustizia, occuparsi dell’economia e le finanze,sovraintendere alla realizzazione delle grandi opere e programmare l'attività agricola . La chiave dell'efficacia dell'amministrazione egiziana sta proprio nell'efficiente struttura gerarchica imperniata imperniata sulla fedeltà con cui i funzionari di ogni ordine e grado rispondevano alle direttive dei loro superiori e la correttezza con cui esercitavano il potere sui sottoposti . Lo Stato egiziano nella selezione del personale si ispirava a criteri meritocratici che consentivano una certa ascesa dei più capaci nella scala sociale e favoriva il continuo ricambio della classe dirigenti dei funzionari

INDICE ANTICO EGITTO

Naqada: la preistoria dell'Antico Egitto
L'organizzazione dello Stato nell'Antico Egitto
Con la stele di Rosetta, Champollion svela al mondo i segreti dell'Egitto antico
Enneade: la cosmogonia dell'antico Egitto. Atum, il dio sole, origine dell'universo
venerdì 6 febbraio 2009

Il maestro di palazzo nel regno dei Franchi

Il maestro di palazzo detto anche maggiordomo o signore di palazzo, fece la sua comparsa nell'antico regno dei Franchi sotto i Merovingi, dopo la morte di Clodoveo. Fini per assumere poteri amplissimi quasi alla pari dello stesso re franco: era supremo ufficiale della corte e dello Stato, era il funzionario che sovrintendeva alla gestione del palazzo regio (e per questo era detto maestro di palazzo); in seguito il maestro di palazzo assunse la competenza anche dell'amministrazione delle finanze pubbliche; fu in particolare con Pipino il vecchio che questa figura condivise con il re l'amministrazione della giustizia, assumendo funzioni di rappresentanza del re medesimo fino ad assumere nelle proprie mani ogni potere dello Stato. Con Pipino di Héristal la carica divenne ereditaria e fu da lui trasmessa a Carlo Martello ( il vincitore della battaglia di Poitiers sui musulmani), per poi passare a Pipino il Breve che, visto il potere consolidato nelle sue mani, riuscì a spodestare l'ultimo re fannullone merovingio Childerico III e ricevette l'investitura dal vescovo di Magonza per contro del Papa.

INDICE I FRANCHI

Il significato originario del termine Franchi
Il maestro di palazzo nel regno dei Franchi
Gli Alamanni dalle origini alla sottomissione ai Franchi
La donazione di Quierzy ( o Kiersy)
I Merovingi conquistano la Gallia e si convertono al cristianesimo. I Franchi popolo eletto
Clodoveo I
martedì 3 febbraio 2009

La donazione di Quierzy ( o Kiersy)

Nota anche come Promissio (o Donatio) Carisiaca si tratta di un atto del re dei Franchi Pipino il Breve a favore del papa Stefano II, ( anche se l'autenticità resta dubbia) . Nel 754, Pipino e Stefano si incontrarno a Ponthion, ove vennero presi gli accordi di massima per l'appoggio di Pipino alla Santa Sede contro i Longobardi; quindi il re, e il papa, si trasferirono a Quierzy doive l'accordo venne perfezionato nei dettagli: esso prevedeva la concessione a Pipino della corona di re dei Franchi nonché del titolo di patrizio dei Romani Pipino in cambio dell'impegno a fare la guerra in Italia contro il re dei Longobardi Astolfo per togliere i territori sottratti alla dominazione bizantina e donargli alla Chiesa . l terre oggetto del patto erano la Corsica, le terre dalla Lunigiana a Parma e a Monselice includendo la Tuscia (Toscana e parte del Lazio), l'Esarcato e inoltre la Venezia, l'Istria e i ducati di Spoleto e di Benevento. La donazione, in quanto si configura come «restituzione» al papato di territori un tempo posseduti, poi perduti per effetto di usurpazioni, probabilmente è un'anticipazione della falsa donazione di Costantino, redatta alla corte pontificia forse in quel periodo di tempo. I forti dubbi relativi alla sua autenticità riguardano il fatto che essa non figura nella biografia, pur particolareggiata, di Stefano II né nei documenti carolingi, bensì nella biografia di Adriano I, posteriore di qualche decennio, e si ignora da quale fonte il biografo l'abbia desunta. Essa è importante anche perchè Carlo Magno nel 774 avrebbe rinnovato a Roma, nei confronti di Papa Adriano, la Promissio di Pipino.

domenica 1 febbraio 2009

Altichiero da Zevio


Considerato uno dei massimi artisti del Trecento, di Altichiero da Zevio si hanno notizie documentate per la prima volta a Verona, sua città natale, nel 1369. Ma forse già in precedenza intorno al 1364, il pittore doveva aver lavorato al servizio degli Scaligeri decorando alcuni ambienti della loro residenza, in particolare con le le Storie della guerra giudaica, andate però perdute. Attorno al 1370 Altichiero si trasferì a Padova, probabilmente chiamato dal signore della città, Francesco da Carrara il Vecchio, per decorarne la reggia: è a lui attribuita da antiche testimonianze la decorazione ad affresco della Sala degli Uomini illustri, ispirata nel soggetto al "De viris illustribus" di Francesco Petrarca, anch'essa non pervenutaci . La prima opera che ci è giunta sono le storie di San Giacomo opera commissionata nel 1376 dal condottiero Bonifacio Lupi per la decorazione della cappella di famiglia posta nella Basilica del Santo . Per il lavoro, terminato nel 1379, Altichiero si servì della collaborazione del pittore bolognese Jacopo Avanzi. Per un altro membro della famiglia Lupi, Raimondino, Altichiero affrescò invece l'Oratorio di San Giorgio, nei pressi della Basilica del Santo, per il quale fu pagato nel 1384. Negli ultimi anni della sua vita fece ritorno a Verona dove eseguì probabilmente la Crocifissione nella chiesa di San Zeno (). Non si conosce esattamente la data della morte: le fonti attestano comunque che egli era già scomparso nel 1393.

martedì 27 gennaio 2009

La fondazione di Roma secondo la leggenda. Il ciclo troiano latino e il ciclo sabino



Due sono i cicli di leggende che narrano l’origine della fondazione di Roma: uno troiano-latino, l’altro sabino.

Secondo il ciclo troiano-latino, il fondatore della città Romolo sarebbe discendente dell’eroe troiano Enea, figlio di Anchise e di Venere che, dopo aver valorosamente combattuto contro gli achei, quando Troia fu sopraffatta fuggì, insieme al padre, alla moglie Creusa e al figlio Ascanio (o Iulo, eponimo della gens Iulia, che sarà la prima dinastia della Roma imperiale), giungendo dopo un lungo viaggio sul litorale laziale. Ascanio vi fondò la città di Alba Longa di cui sarebbe stato il primo re.

Proprio un conflitto riguardo al diritto di governare Alba Longa fu all’origine della fondazione di Roma. I protagonisti erano i due figli del re Proca, Numitore, il legittimo erede al trono, e Amulio che prima rovesciò il fratello e quindi al fine di privare questi di una discendenza, impose alla moglie di lui, Rea Silvia di entrare nel collegio delle Vestali che erano obbligate al voto di castità. A rovinare questi piani l’intervento del dio Marte che si unì a Rea Silvia , la quale generò due gemelli Romolo e Remo. Essi dunque oltre ad essere discendenti di Enea, potevano vantare sangue di origine divina, proveniente da Venere e Marte. Amulio sottrasse i neonati alla madre e li abbandonò alle correnti del fiume sperando che da queste venissero inghiottiti. In realtà i due gemelli furono trasportati fino alle pendici del colle Palatino dove vennero raccolti da una lupa che li allattò fino a quando un pastore del luogo, Faustolo, non li prese e li allevò nella propria dimora.

Romolo e Remo, venuti a conoscenza dell’origine regale della propria stirpe, deposero Amulio dal trono di Alba Longa riconsegnando il regno a Numitore. Quindi tornarono sul colle Palatino per fondarvi la nuova città. Da un oracolo degli aruspici vennero a sapere che a Romolo spettava il diritto di diventare il primo re e di tracciare con l’aratro in confini della nuova città . Remo per scherno e per rabbia verso il fratello decise di oltrepassare i confini che avevano carattere sacro e per questo Romolo lo uccise ( 21 aprile del 753 a.C; data della fondazione secondo la tradizione).

Un altro ciclo di leggende ricostruisce invece i turbolenti rapporti tra i Latini e i Sabini, alla cui base ci sarebbe il famoso ratto dalle Sabine compito da soli uomini Latini che provvidero così a procurarsi le donne necessarie per dare stabilità alla fondazione di Roma. Per evitare ulteriori scontri e spargimento di sangue, proprio le Sabine si frapposero tra i contendenti. Queste infatti si trovavano a essere contemporaneamente mogli ( dei Latini) e figlie ( dei Sabini). Si giunse dunque a una rappacificazione sancita dalla spartizione del governo tra due re, Romolo di origine latina e Tito Tazio, di origine sabina. A rendere ancora più armoniosa la convivenza tra gli amici di un tempo il fatto che il secondo re di Roma, Numa Pompilio appartenesse alla stirpe dei Sabini.

mercoledì 14 gennaio 2009

Con la stele di Rosetta, Champollion svela al mondo i segreti dell'Egitto antico


La stele di di Rosetta ( dal nome della città portuale di Rosetta, oggi Rashid) è una grande pietra in basalto nero , delle dimensioni di 114 x 72 cm e dal peso di circa 760 kg, che venne alla luce il 19 luglio 1799 ritrovata da un soldato dell'esercito napoleonico. E' suddivisa in tre sezioni di scrittura: dall'alto verso il basso troviamo prima 14 righe in geroglifico;quindi 22 in demotico, e nella parte bassa 54 righe in grafia maiuscola greca .
La prima intuizione la ebbe un diplomatico svedese esperto di lingue orientali, Akerblad, che confrontò i tre testi e dimostrò che i nomi dei re, nella parte greca, comparivano nella stessa posizione nel testo demotico. Quindi avanzò l’ipotesi che le tre sezioni riproducessero lo stesso testo nelle diverse lingue. Lo scritto riprodotto nella stele era un protocollo del collegio sacerdotale di Menfi, del 27 marzo del 196 a.C., che esaltava Tolomeo V Epifane in occasione del primo anno della sua incoronazione in cui si esaltavano i benefici procurati dal re al paese. In quel tempo l'amministrazione era affidata a funzionari di lingua greca da cui l'usanza di redigere i testi contemporaneamente in greco e in egizio. Questa circostanza fortunata fornisce lo strumento per acquisire la chiave interpretativa del geroglifico.
La seconda intuizione la ebbe un medico inglese, appassionato di egittologia Thomas Yung (1773-1829) il quale dal confronto tra la Stele di Rosetta e un obelisco portato in Inghilterra si occorse che erano presenti due cartigli identici. Yung comprese che i cartigli contenevano nomi di re e che i segni corrispondevano a dei suoni. da un confronto tra alcune lettere somiglianti nelle diverse versioni del testo della stela, Yung trasse lo spunto per arrivare a decifrare nel 1818, i nomi di Tolomeo e di Cleopatra. Tuutavia Yung, non avendo conoscenze filologiche adeguate non riuscì ad andare oltre la decifrazione di poche parole. Ma la sua analisi andava nella giusta direzione e costituirono la base da cui partì Jean-François Champollion un egittologo e archeologo francese che arrivò a comprendere la grammatica del sistema di scrittura geroglifico.
Champollion ricevette i risultati del lavoro di Yung e dopo un periodo di iniziale scetticismo aderì alla tesi secondo cui i geroglifici non erano semplicemente simbolici, ma avevano un loro valore fonetico. Egli non solo riuscì a identificare rapidamente i segni, ma arrivò a padroneggiare l’antica lingua in modo da poter fare la traduzione completa della sezione geroglifica della Stele di Rosetta. Champollion aveva compreso il sistema grammaticale della scrittura geroglifica con l'identificazione dell'organizzazione dei segni ideografici e fonetici. Con la possibilità di leggere i testi egizi si apriva per gli studiosi la possibilità di accedere ad una enorme quantità di nuove informazioni.