giovedì 5 maggio 2011

L'assedio di Gaeta ( 1860-61) e il massacro di Cialdini

Tra il novembre 1860 e il febbraio 1861 si svolge a Gaeta l'ultimo atto della resistenza borbonica all'avanzata delle truppe sabaude nel sud d'Italia. Mentre i garibaldini proseguivano con la spedizione dei Mille, il 6 settembre 1860, su consiglio del ministro della polizia e dell'interno Liborio Romano,il re delle due Sicilie Francesco II abbandona Napoli per rifugiarsi nella fortezza di Gaeta. Non viene opposta la benché minima resistenza all'avanzata sabauda: mantenere il controllo della capitale era divenuto impossibile e in questo modo si sarebbe evitato un'inutile spargimento di sangue. Dopo le sconfitte del Volturno ( 1 ottobre) e del Garigliano ( 29 ottobre), i resti delle truppe borboniche si concertarono proprio a Gaeta per sostenere l'ultimo disperato tentativo di evitare la dissoluzione del regno.
L'avamposto sabaudo si insedia ai piedi della fortezza il 6 novembre. L'11 novembre l'esercito piemontese guidato dal generale Enrico Cialdini forte di 18000 uomini, 66 cannoni a canna rigata e 180 cannoni a lunga gittata fa cominciare le ostilità militari ; il 13 novembre prende avvio l'assedio vero e proprio. Cialdini nel momento di porre l'assedio alla fortezza impose a tutti i Gaetani che abitavano fuori dal forte lo sgombero dalla città entro dieci ore, passate le quali chi si fosse spostato , sarebbe dovuto essere arrestato e trattato come agente del nemico. Di conseguenza coloro che non obbedirono all'ultimatum si trovarono nullatenenti, mentre chi rimase nelle proprie case divenne bersaglio dei cannoni. A partire da dicembre Cialdini ordinò di bombardare anche obiettivi civili, come chiese, ospedali e casi civili allo scopo di piegare il morale dei resistenti. Dopo 102 giorni di assedio, il 15 febbraio 1861, Francesco II annuncia la resa della fortezza di Gaeta, si imbarca su una nave francese e ripara in esilio a Roma, ospite di Pio IX. Il bilancio ufficiale delle vittime che viene diffuso parla di 867 borboni e 41 piemontesi ma tiene conto solo delle perdite tra i militari. Oggi sappiamo che il numero dei morti è stato ben maggiore tra la popolazione civile, decimata dalle bombe, da un epidemia di tifo e dalle privazioni dell'assedio: sono 5000 i deceduti accertati in totale, in una delle pagine più oscure del Risorgimento.
Gaeta non ha mai aderito formalmente al regno d'Italia. Cialdini convocò gli amministratori della città ma si presentarono solo cinque decurioni ( equivalenti ai consiglieri comunali) su venticinque. Per deliberare a norma di legge era necessaria la maggioranza dei due terzi. Allora Cavour chiese un elenco dei notabili e fece pubblicare sulla Gazzetta ufficiale l'atto di unione firmato sottoscritto da quelle persone: un falso in atto pubblico. Quei quattro mesi d'assedio azzerarono l'economia della cittadina: i soldati piemontesi distrussero durante l'occupazione distrussero le coltivazioni; contro i rigori dell'inverno si scaldarono bruciando la legna degli olivi secolari abbattuti; tutta l'attività navale mercantile venne messa in ginocchio. Gaeta da allora non si è più ripresa e il risarcimento chiesto dai Gaetani non è mai arrivato.

FONTI: Gigi Di Fiore, Gli ultimi giorni di Gaeta, Rizzoli, Milano, 2010.
Pino Aprile, Terroni, edizioni Piemme, Milano, 2010