venerdì 30 aprile 2010

La battaglia del monte Algido ( 431 a.C.) Aulo Postumio Tuberto

L'Algidus, il Monte Algido, bastione montuoso dei Colli Albani tra l'agro tuscolano e il Veliterno era una formidabile postazione usata dagli Euqui - Aeternii hostes- per minacciare le pianure circostanti. Qui Aulo Postumio Tuberto , eletto dittatore, ottenne una decisiva vittoria per i Romani contro una coalizione di Equi e Volsci. E' il 18 giugno del 431 a.C. La conquista dell'Algido consente a Roma di sventare la minaccia degli Equi.
Durante quella battaglia Postumio Tuberto farà giustiziare suo figlio per non aver obbedito agli ordini.
mercoledì 28 aprile 2010

Roma conquista Veio ( 396 a.C.).

La conquista di Veio ( 396 A.c) da parte di Furio Camillo, il dux fatalis nominato in quella circostanza dittatore dai romani, fu un avvenimento destinato ad avere conseguenze di grande portata per i periodi successivi. La altre città etrusche non intervenendo a favore della consorella avevano dato segno di debolezza nel loro legame federale. Segnali di un arretramento delle capacità espansionistiche etrusche si erano già avute con la conquista da partte dei sanniti di Capua (423) e Cuma (421)che aveva determinato la scomparsa della loro presenza in Campania. Anche a settentrione il potere degli etruschi si andava affievolendo a cause delle sempre più frequenti incursioni di tribù dei Galli che nel 390 penetrarono nel loro territorio giungendo fino a Roma. I romani invece con la conquista di Veio liberavano il fronte settentrionale da un’insidiosa minaccia e potevano così coltivare con più tranquillità la loro naturale propensione a espandersi verso sud
Veio, situata a una ventina di chilometri da Roma, sorgeva su uno sperone roccioso che gli forniva una difesa naturale dagli assalti. A ciò si aggiungevano le robuste mura che la proteggevano. Per questo motivo sorprende la sua capitolazione dopo appena un decennio di assedio, viste le scarse possibilità tecniche fornite all’arte militare del tempo. Qualcuno ha dubitato che la campagna di guerra contro Veio sia durata effettivamente dieci anni, vedendovi un collegamento leggendario con l’epopea troiana, ma il fatto che sia riportato sia da fonti romane che etrusche fa ritenere affidabile questo dato anche da un punto di vista storico.
Un episodio relativo alla caduta di Veio in apparenza leggendario potrebbe essersi anche effettivamente svolto. Veio sarebbe caduta quando un soldato romano avrebbe rubato le viscere di animali che i Veienti sacrificavano agli dei per ottenerne la protezione; per raggiungere l’obiettivo i Romani scavarono un cunicolo sotto le mura attraverso cui un soldato penetrò rubando le viscere scarificali; quando i Veienti si accorsero del furto si sentirono perduti. Tenendo conto dell’importanza che gli Etruschi attribuivano all’interpretazione delle viscere degli animali il fatto potrebbe essere anche autentico e dimostrerebbe che le guerre in antichità si risolvevano anche con questi stratagemmi, che a noi moderni possono apparire inverosimili, ma che appaiono credibili se ricollocati nella mentalità del tempo intrisa di riferimenti al magico. D’altronde i conquistatori consideravano gli dei di Veio aventi pari dignità rispetto ai propri e ponevano ogni cura nel garantire un adeguato culto nella propria comunità dove li trasferivano. Difatti Furio Camillo con una solenne invocazione ( evocatio) invitò la più importante divinità di Veio, Giunone Regina, a lasciarsi trasportare nella nuova località dove le sarebbero stati resi onori anche superiori a quanto gli venivano conferiti dai Veienti.
Abbiamo già detto come decisivo nelle sorti del conflitto sia stato il mancato aiuto portato a Veio dagli alleati della federazione sacrale etrusca, avente il suo centro a Volsinii, nel tempio di Veltha o Voltune ( in latino Voltumna), una divinità della vegetazione in onore del quale venivano svolti periodicamente giochi ginnici panetruschi. Va detto che una comune azione militare ci fu solo occasionalmente, mentre di regola le città etrusche anche in campo militare operavano ciascuna per conto proprio. Per l’occasione avvenne una riunione confederale nella quale si decise di abbandonare al suo destino Veio che d’altronde mantenendo il suo re lucumone costituiva un eccezione nel quadro delle città etrusche in cui già governavano le aristocrazie. A ciò si aggiunga la rivalità commerciale con alcune località, in primis Caere, che condivideva maggiori interessi con Roma, ed ecco spiegato l’isolamento in cui vennero a trovarsi i Veienti ad opera dei loro stessi alleati. Veio non fu completamente distrutta ma i suoi abitanti furono per la maggior parte passati a fil di spada o ridotti in schiavitù. Le fertili campagne circostanti vennero distribuite a coloni romani che vi crearono quattro nuove tribù in aggiunta alle 21 già esistenti ( di cui 20 risalenti a Servio Tullio). I Romani occuparono i territori dei piccoli centri che avevano dato una mano a Veio: Capena, Sutri e Nepet.. Nelle due ultime località vennero create due colonie latine per tacitare la preoccupazione degli alleati Latini di fronte al repentino espandersi di Roma che estendeva il suo controllo a nord dei monti Sabatini, a ridosso dei monti Cimini, in pieno territorio etrusco. Mentre i Romani trasformavano le loro guerre da esigenze di sopravvivenza a campagne di espansione e conquista, gli Etruschi per altro verso segnavano il passo.
lunedì 26 aprile 2010

Agilulfo


Agilulfo fu re dei Longobardi dal 591 fino alla morte nel 616 ( primo sovrano longobardo a morire di morte naturale) . Lontano parente del suo predecessore Autari, alla sua morte (590) ne sposò la vedova Teodolinda e nè continuò l'opera di consolidamento dello Stato. Per portare avanti tale obiettivo dovette lottare contro duchi ribelli ( in particolare contro Gaidulfo di Bergamo) e contro l'esarcato di Ravenna. A seguito della sostituzione dell'esarca riuscì a raggiungere con quest'ultimo una tregua nel 598, rinnovata di anno in anno a partire dal 603, anche perchè nel frattempo il suo regno era astato riconosciuto dall'imperatore di Oriente, Foca. Per eliminare la ribellione del duca del Friuli, Gisulfo II, si alleò con gli Avari e ne favorì la penetrazione in quella regione ( 610)
Di rilievo i suoi rapporti con il cattolicesimo: dopo aver posto assedio Roma, difesa da Papa Gregorio Magno, si ritirò in seguito a trattative e su consiglio della moglie ( anch'essa cattolica) concluse una pace con il Papa. Tuttavia non sembra che si sia mai convertito; ma acconsentì che il figlio Adaloardo venisse battezzato e tollerò la diffusione del cattolicesimo tra la popolazione longobarda.
sabato 24 aprile 2010

Cere ( o Caere)

Cere ( in latino Caere), fu una delle principali città etrusche; fondata attorno all'VIII secolo A.C si collocata sopra una collina a 45 km a nord di Roma e a circa 6 km dal Tirreno. I greci la chiamavano con il nome probabilmente fenicio, di Agylla. Ebbe un intenso sviluppo in virtù degli intensi scambi commerciali con la Grecia e l'Oriente tramite i porti di Alsio , Pirgi (presso Santa Severa) e Punico (Santa Marinella); Nonostante facesse parte della Dodecapoli etrusca, nel 353 stipulò un trattato con Roma in base al quale entrò nello Stato romano e ai suoi cittadini venne concessa la civitas sine suffragio ( cittadinanza senza diritti politici), e vennero iscritti in appositi registri denominati tabulae Caeritum. Nell'età imperiale Caere riacquisì una certa floridezza, grazie alla protezione di Augusto e di Traiano. A 7 Km dal vecchio insediamento di Caere si trova l'odierno abitato di Cerveteri

A Fidenae primi scontri tra Roma e Veio

La presenza dei Romani sui colli Albani e il controllo su entrambi i lati della via Latina ostacolavano i piani commerciali degli Etruschi, di Veio in particolare che dovette optare per l’utilizzo di una strada più ad Est che attraversava il Tevere a Fidenae. Da qui la strada proseguiva sulla valle del Trerus, quindi sulla valle del Liri per poi giungere in Campania. Fidenae era dunque un luogo cruciale per i commerci etrusco-campani. Da qui la lunga contesa per il suo controllo tra Veio e Roma conclusa a favore di quest’ultima nel 426 A.C con la contestuale uccisione del re di Veio, Larte Tolumnio da parte di A. Cornelio Crasso che ne consacrò le spoglie opime al tempio di Giove Feretrio. Con la conquista di Fidenae, resa possibile dalla precedente pacificazione del Lazio Centrale ( e culminata nella vittoria del Monte Algido), e la presenza sulla via latina Roma aveva il controllo dei traffici commerciali verso la Campania. A rendere più solida questa posizione un antico foedus con Lavinio che impediva colpi di mano dei Volsci da sud-ovest, nella Pianura Pontina. Roma aveva inoltre rafforzato la sua testa di ponte sul Tevere, verso l’area del Gianicolo, riuscendo però a mantenere buoni rapporti con Caere, l’altra fiorente città dell’Etruria meridionale. L’amicizia con Roma nasceva dalla rivalità commerciale di Caere con Veio.
Alla fine del V sec. Si erano crete le condizioni per il predominio di Roma sul Lazio, una preminenza che si stava affermando già in età regia ma che aveva avuto una battuta d’arresto in virtù dei contrasti sociali interni tra patrizi e plebei.
In questo periodo Roma riprende a svilupparsi anche sul piano economico: ciò è dimostrato dal fatto che i questori, incaricati già in età regia dell’amministrazione finanziaria e delle istruttorie giudiziarie, vennero portati da due a quattro nel 421 a.C, diventando anche i custodi del tesoro pubblico conservato nel tempio di Saturnio e ricavato dall’incasso delle multe calcolato probabilmente in proporzione al reddito di ognuno, e non più con lo stesso importo per tutti.
Proseguì anche lo sviluppo sociale: a testimoniarlo l’accesso alla carica di questore per i plebei nel 409 a.c e la loro aumentata presenza tra i tribuni militari. Questi ultimi vennero portati nel 405 A.C da quattro a sei a indicare un incremento delle fila dell’esercito e contestualmente un aumento della popolazione.
mercoledì 21 aprile 2010

Con la battaglia di Pavia ( 1525) si afferma il tercio spagnolo


La schiacciante vittoria riportata a Pavia il 25 febbraio 1525 dalle truppe imperiali di Carlo V su quelle di Francesco I di Francia segnò la decisiva battuta di arresto francese nel tentativo di acquisire il controllo dell'Italia Settentrionale. La sua importanza non fu solo politica ma rappresentò un importante passaggio nella strategia militare dal modo di combattere di stampo medievale a quello moderno. I numerosi nobili francesi catturati stavano a dimostrare il declino dei tradizionali uomini d'arme medievali. La fanteria di Carlo V aveva preso il sopravvento e i nuovi reparti equipaggiati con le armi da fuoco avevano avuto un ruolo determinante per le sorti della battaglia. I mercenari svizzeri del re di Francia avevano ceduto ai tercios spagnoli, formazioni miste di picchieri, archibugieri e di soldati armati di spada che si erano mostrati più equilibrate e più facili da manovrare. Il tercio, unità composta da circa 3000 uomini, rigorosamente soldati di professione e ottimamente addestrati, sarebbe divenuto la formazione modello nei campi di battaglia per i successivi decenni e avrebbe costituito la base di quella formidabile macchina da guerra che assicurò alla Spagna il predominio militare per quasi un secolo, almeno fino alla guerra dei trent'anni
lunedì 19 aprile 2010

L'elezione di Carlo V a imperatore comprata con i soldi delle banche

L'elemento decisivo nella corsa per il trono imperiale tra Carlo d'Asburgo e Francesco I di Francia fu il denaro con cui venne comprato il voto degli Elettori. Costoro pur mostrandosi sensibili alle rivendicazioni di Carlo I di Spagna approfittarono della concorrenza per far salire il prezzo. E in campo finanziario gli argomenti di Carlo si dimostrarono molto più convincenti di quelli del re di Francia. Il denaro poteva essere riscosso solo dai banchieri tedeschi schierati dalla parte di Carlo. Jacob Fugger, detto il Ricco, il più potente di loro, si oppose alle richieste di Francesco I che poteva così disporre solo dei denari provenienti dalla Francia. Per far giungere i soldi agli Elettori gli agenti francesi dovettero trasportarli lungo il Reno per eludere la sorveglianza posta sulle principali vie d'accesso dai soldati nemici. Da parte sua, Carlo trattò con solidi banchieri quali i Wielser di Augusta, i Gualterotti di Firenze, i Fornari e i Grimaldi di Genova che gli diedero un prestito di 300000 fiorini sotto forma di cambiali da versare presso Jacob Fugger che a sua volta aggiunse 500000 fiorini. Gli Elettori ricevettero le cambiali che erano titoli negoziabili dopo l'elezione.
Il 28 giugno 1519 il re di Spagna Carlo I venne eletto imperatore assumendo il nome di Carlo V. Ben presto venne il momento di coprire i vasti debiti ( circa 850000 fiorini) contratti per acquisire il titolo imperiale. Jacob Fugger, il principale dei suoi finanziatori, scriveva senza pudore all'imperatore : " è di dominio pubblico e chiaro come il sole che Vostra Maestà imperiale non avrebbe potuto,senza di me, ottenere la corona imperiale". Carlo V dovette firmare una fideiussione di 300000 fiorini sui tesori di Castiglia e d'Aragona, impegnandosi per il resto con una promessa verbale. Nel 1522 venne raggiunto un accordo a Bruxelles con cui Carlo cedeva il patrimonio degli Asburgo al fratello Ferdinando, promettendogli la corona dei Romani. In cambio Ferdinando cedette ai Fugger delle concessioni minerarie nel Tirolo a risarcimento delle somme dovute. Passeranno parecchi anni prima che il debito venga saldato integralmente.
sabato 17 aprile 2010

Pietro Cavallini


Pietro Cavallini ( 1273-1321) è stato un pittore romano attivo fra Duecento e Trecento. Benchè assai apprezzato dagli storiografici i documenti sulla sua vita sono frammentari. La prima opera in cui egli mostra appieno le sue capacità sono i mosaici dell’abside della chiesa di Santa Maria in Trastevere risalenti al 1290 circa, e commissionati da Bertoldo Stefaneschi. In essi troviamo il clima del gotico pregiottesco con influenze di Cimabue e Duccio da Boninsegna,anche se in lui vi è il difetto della mancanza di proporzioni nelle figure. In quegli stessi anni lavora agli affreschi di Santa Cecilia in Trastevere, la stessa chiesa per la quale contemporaneamente Arnolfo di Cambio realizzava il ciborio datato 1293. Dopo il trasferimento nel 1305 della corte papale ad Avignone per Cavallini si ebbe un periodo di minori commesse. Nel 1308 si trasferì alla corte di Roberto d'Angiò a Napoli per il quale decorò la chiesa di Santa Maria Donnaregina, la cappella di San Paolo in Duomo, la cappella Brancaccio nella chiesa di San Domenico maggiore. verso il 1320 Pietro Cavallini rientrò a Roma e su incarico di papa Giovanni XXII realizzò la sua ultima opera: una decorazione a mosaico della facciata di San Paolo fuori le Mura.
mercoledì 14 aprile 2010

I Romani sui Colli Albani. L'ascesa dei plebei con la lex Iulia e la lex Canuleia

A Roma , nella seconda metà del V secolo A.c emergeva un quadro sociale in cui era chiara l’ascesa dei plebei. La concessione di terre nell’Aventino ( 456 a.c) fatta con la lex Iulia, la codificazione scritta decemvirale del 451-450 A.c ( meglio nota come leggi delle Dodici tavole) sollecitata dai patrizi per sottrarsi all’arbitrio di leggi consuetudinarie applicate da magistrati patrizi che monopolizzavano le magistrature statali, infine la lex Canuleia che aboliva il divieto di matrimonio tra patrizi e plebei codificato appena cinque anni prima dai patrizi in un estremo tentativo di rinchiudersi in casta separata devono essere considerate tutte espressioni di questa tendenza. A questo processo contribuì la soluzione di compromesso per l’ammissione dei plebei, sinora esclusi, alle magistrature supreme, con la sospensione periodica del consolato e il conferimento dei poteri agli annuali tribuni militari patrizi e plebei. Di conseguenza venne a esserci una maggiore disponibilità verso i problemi esterni tanto più che per un verso la pressione degli Etruschi si era allentata a causa della penetrazione delle marinerie greche davanti alle coste dell’Etruria, e contemporanea si era assistito a un diradarsi delle scorrerie dei Sabini dopo che alcuni loro avamposti si erano venuti insediando stabilmente tra il Tevere e l’Aniene, costituendo un ostacolo ai nuovi assalti dei loro connazionali che erano rimasti nelle zona più interna. Anzi con questi Roma istituì rapporti di collaborazione per ciò che concerne la transumanza delle greggi e il commercio del sale. Reso più sicuro il fronte settentrionale Roma potè volgere l’attenzione verso il Lazio meridionale dove i Volsci, insediatisi in centri come Anzio, Satirico, Ecetra, avevano anch’essi perduta la loro iniziale bellicosità.
I Romani erano ora presenti anche sui colli Albani, che erano oggetto delle continue pressioni dei Volsci. Nel 431 A.C un loro esercito guidato dal console A. Postumio Tuberto, accorse in aiuto dei Latini in virtù delle clausole del Foedus Cassianum e ottenne una importante vittoria nei confronti dei Volsci e degli Equi. Una parte della critica moderna ha cercato vanamente di dimostrare che Tuberto fosse un comandante latino abusivamente inserito dai Romani nelle loro fila per vanagloria personale. Dopo la battaglia sull’Algido anche gli Equi perdettero la loro antica aggressività . Nei territori ad essi sottratti i Romani fondarono delle piccole località in cui insediare coloni: Boia, Corbio, Vitella, Verrugo, Labici, Cervantum. In questo modo venne creata un testa di ponte sui colli Albani verso i territori confinate con Tuscolo e Preneste che consentì ai Romani il controllo del territorio su cui sarebbe sorta la futura via Latina, strada di congiunzione commerciale tra Etruria e Campania.
lunedì 12 aprile 2010

Gli Ernici

Gli Ernici ( lat. Hernici ) erano un'antica popolazione del Lazio, stanziata a sud est di Roma, tra il lago Fucino e il fiume Trerus ( odierno Sacco). Di probabile stirpe sabina , essi si erano riuniti in una federazione avente come principale città Anagnia (Anagni). Altre importanti città errano Aletrium e ferentinum. Durante il regno di Tarquinio il Superbo stipularono un patto di amicizia e di alleanza con i Romani; tuttavia quando il re venne spodestato decisero di prestargli aiuto nel suo fallito tentativo di rimpossessarsi del potere; Successivamente nel 487 A.C si ebbero alcune loro incursioni nel territorio romano; riuscirono a ottenere poco dopo una nuova alleanza in parità di diritti con i Romani. Ruppero di nuovo gli accordi nel 386 e nel 306, ma i Romani li sconfissero sciogliendo la loro federazione sciolta. Mentre le città di Ferentinum, Alatrium e Veroli ebbero lo status di municipia liberi, il resto del paese venne annesso al Lazio e affidato al controllo di prefetti. Nel III secolo a.C. si fusero con i Latini e ottennero la cittadinanza romana.
sabato 10 aprile 2010

Indice: Carlo V imperatore

L'albero genealogico di Carlo V
L'elezione di Carlo V a imperatore comprata con i soldi delle banche
Con la battaglia di Pavia ( 1525) si afferma il tercio spagnolo
giovedì 8 aprile 2010

L'alleanza tra Romani e Latini contro le incursioni di Equi e Volsci ( prima metà del V secolo a.C)

 cartina Roma V° secolo a.C.
Durante il V sec a.C., nonostante a Roma prendesse piede la lotta interna tra patrizi e plebei, con questi ultimi organizzatisi quasi come uno Stato dentro lo Stato con propri rappresentanti ( i tribuni), la città si mostro sempre presente nelle guerre di difesa contro l’assalto dei popoli appenninici, in particolare, Volsci, Equi, Sabini. Questa aggressioni bloccarono lo sviluppo dello Stato romano, tanto più che a settentrione premevano anche gli Etruschi di Veio, con i quali comincerà un conflitto secolare che avrà il suo epilogo solo nel 396 a.c con la distruzione della città etrusca.
Sin dall’inizio del V secolo a.C. la pressione dei Volsci era molto forte: essi scesero dall’alta valle del Liri, occuparono il territorio in cui risiedevano i Musoni fino a insediarsi nella Pianura Pontina dove si stabilirono a Terracina ( da loro denominata Anxur) in maniera permanente e in modo saltuario ad Anzio. Anche gli Equi mossero dall’Appennino centrale verso la valle del Trerus ( corrispondente all’odierna Sacco) e poi nella vallata tra i colli Albani e i Lepini per poi cercare di operare congiuntamente con i Volsci in direzione di Anzio. Questi interventi convergenti verso i colli Albani da est e da sud-est spiegano il motivo dell’alleanza stipulata tra città latine dopo la vittoria su Porsenna e che nel 493 venne sottoscritta anche da Roma con il Foedus Cassianum. Nel 486 anche gli Ernici, popolazione residente a est dell’attuale Ciociaria, sottoscrissero il patto.
Il Foedus Cassianum si configurava come una vera e propria alleanza militare: una clausola stabiliva che se uno dei contraenti veniva aggredito, gli alleati gli avrebbero dovuto prestare soccorso, suddividendo poi l’eventuale bottino di guerra. Era vietato poi farsi la guerra, chiamare nemici e farli transitare sul proprio territorio. Vi era anche una clausola concernente i rapporti commerciali che stabiliva che le eventuali controversie sui contratti privati avrebbero dovuto essere regolate entro il decimo giorno dalla loro stipulazione nel luogo nel quale esse erano state concluse.
La critica moderna per un certo periodo ha contestato l’autenticità del patto, che oggi non viene più messa in discussione soprattutto per ciò che concerne la parte militare , confermata dallo stato dei rapporti vigenti con Ernici e i Latini durante il V secolo, corrispondenti a quanto ci è stato tramandato . Il testo del patto risulta essere stato presente in Roma fino all’età repubblicana avanzata in una colonna bronzea posta nel Foro.
Sia Roma, indebolita dai contrasti tra patrizi e plebei, sia i Latini andarono incontro a difficoltà in questo periodo: nel 477 l’esercito romano, costituito quasi esclusivamente da membri della gens Fabia, subì un rovescio ad opera di Veio con l’agguato del fiume Cremera e nel 460 i Sabini guidati da Appio Erdonio occuparono la Rocca Capitolina che venne liberata grazie agli aiuti provenienti da Muscolo. A loro volta i Latini si trovarono più volte in difficoltà a causa delle incursioni degli Equi, che spintisi sui Colli Albani, giungevano sul Monte Algido per cercare di prendere alle spalle Muscolo e poi sfondare a nord dove , insieme ai Volsci ,premevano sino alle mura di Roma ( la leggenda di Coriolano che si oppone ai Volsci e si riferisce proprio a queste vicende).
La figura di Cincinnato che abbandona il suo lavoro dei campi e si rimette alla volontà dei senatori che gli conferiscono l’incarico di dittatore con il compito di difendere la sicurezza di Roma dalle invasioni degli Equi, da lui battuti sul monte Algido, testimonia al di là del valore storico del racconto, del quadro sociale contadino e del sentimento patriottico di cui era permeata l’Urbe in quel tempo.
L’alleanza militare intensificò le relazioni tra Romani e Latini. Ai Latini spettava presidiare il fronte meridionale poiché Roma doveva fronteggiare a nord gli Etruschi di Veio e a nord-est i Sabini. Il comando militare veniva esercitato a turno ed è appunto da questo periodo che a Roma il magister popoli, che nel periodo di maggiore pericolo riuniva nella sua persona i poteri ordinariamente gestiti dai due consoli, cominciò a chiamarsi con ilo titolo di dittatore nome abitualmente portato dai comandanti federati delle genti latine.
I Latini fondarono due colonie: una a Norba, sui monti Lepini: da qui potevano molestare i Volsci con rapide sortite sulla pianura Pontina ; l’altra a Signia, a nord degli stessi Lepini, con la quale miravano a controllare il sud della vallata che li separava da i colli Albani nella quale si infiltravano gli Equi per tenersi aperta la via verso Anzio. Alleato dei Latini, c'era il popolo degli Ernici nel contrasto agli Equi e Volsci. Altre città come Gora , sui Lepini, Praeneste, sopra la valle del Trerus, e Tivoli, alle falde dei monti Sabini, grazie alle loro alture fortificate furono in grado di portare avanti una politica autonoma. E infatti di esse non si fa cenno nella tradizione.
domenica 4 aprile 2010

I Feziali

I Feziali ( o feciali) erano un collegio sacerdotale dell'antica Roma che aveva il compito di vigilare sul rispetto dei trattati e del del diritto internazionale dell'Urbe.
I loro numero era di venti eletti per cooptazione, prima solo tra i patrizi e successivamente anche tra i plebei. Il collegio, era presieduto dal magister fetialum e creava e custodiva lo ius fetiale associabile al nostro diritto internazionale pubblico. Il loro compito era quello di valutare le situazioni in cui far aprire o cessare le guerre, eseguendo le relative formalità giuridiche e religiose; inoltre si occupavano della stipulazione dei trattati di alleanza e si pronunciavano sulle estradizioni sollecitate da Roma o richieste da governi stranieri.
Le loro ambascerie ( composta di due o quattro membri) guidate da un pater patratus populi romani, operante, cioè, in nome del popolo romano, provvedevano a effettuare la dichiarazione di guerra con il lancio di un giavellotto oltre il confine del nemico. Con il tempo questo rito divenne puramente simbolico e il lancio del giavellotto avveniva in un terreno appositamente allestito nel tempio della Dea Bellona, fuori dall'Urbe. Il collegio dopo essere stato soppresso da Augusto venne ripristinato da Claudio, ma svuotato dei suoi poteri e in tal modo sopravvisse fino al IV secolo d.C.
giovedì 1 aprile 2010

L'arte longobarda


Il termine "arte longobarda" ha acquisito negli ultimi tempi una connotazione storica più che etnica: con esso si indica il complesso delle opere artistiche realizzate durante il periodo di dominazione germanica in Italia, cioè da quando quel popolo germanico valicò le Alpi fino per creare un regno nell'Italia centro settentrionale fino al termine di quel dominio avvenuto con la conquista da parte di Carlo magno nel 774. Negli oggetti di produzione longobarda, per lo più le armi ed i gioielli ritrovati nelle loro tombe, posso no essere rintracciati i tratti caratteristici di tutta l’oreficeria barbarica dove il vivace cromatismo, ottenuto mediante l'uso di smalti e pietre preziose, è abbinato alla semplicità delle forme di tipo geometrico. Durante la dominazione longobarda la scultura si incentra sopratutto sull'arredo architettonico con motivi decorativi a rilievo; dai tratti assai più incerti invece risultano le produzioni figurative tozze e piatte. Tuttavia in questo periodo emergono opere di grande qualità come gli affreschi di Castelseprio ed il tempietto di Cividale, a testimonianza che il retaggio della cultura antica non è andato del tutto perduto.

Indice: i popoli italici

Gli Equi
Gli Ernici
I Volsci
L'espansione dei Celti e dei Galli in Italia e la loro influenza nel IV - III secolo a.C.
I Galli Boi e gli Insubri
I Galli Senoni e i Lingoni
I Falisci di Falerii
La storia dei Veneti, dalle origini all'integrazione con i Romani