venerdì 14 ottobre 2011

Akragas, la greca Agrigento

valle templi agrigento
La colonia greca di Akràgas fu fondata nel 583-582 a. C. da un gruppo di coloni dori provenienti da Gela, guidati da Aristonoo e Pistilo che didedero al sito il nome dell'omonimo fiume. Saranno i Romani, quando la conquisteranno nel 210 a.C, a chiamarla Agrigentum. La fondazione della colonia nasceva dall'esigenza sentita dagli antichi gelesi di porre un argine all'espansione verso est di Selinunte. Il sito dell'abitato si estendeva lungo una larga vallata, protetta da un lato dalle colline e dall'altro dalla rupe Atenea in cui sorse l'acropoli. Già alla metà del VI secolo a.C. Akragas prosperava grazie alla fertilità del terreno che poteva essere facilmente irrigato attingendo ai fiumi vicini.
Il primo tiranno della città fu Falaride che conquistato il potere con un colpo di Stato, lo mantenne dal 570 fino a circa il 554 a.C. E' passato alla storia sopratutto per la sua crudeltà: difatti aveva preso l'abitudine di far bruciare vivi i suoi nemici all'interno di un toro di bronzo arroventato ( noto per l'apppunto come toro di Falaride), appositamente ideato dall'ateniese Perillo. Falaride intraprese anche una politica espansionistica verso l'entroterra agrigentino spingendosi fin verso Imera che poi, pur non avendola sottomessa, contribuì a sua volta a difendere dagli assalti dei Cartaginesi.
Akragas godette del periodo di maggiore splendore sotto il tirannno Terone che si impadronì del potere nel 488 a.C e conquistò dopo pochi anni Imera. Il suo attivismo irritò i Cartaginesi che gli mandarono contro un esercito di 300000 uomini: Terone allora si alleò con Gelone di Siracusa e la coalizione greca ebbe la meglio sui punici nella battaglia di Imera (480). Alla sua morte nel 471 gli succedette il figlio Trasideo che venne deposto l'anno successivo: da quel momento ad Agrigento fu instaurata la democrazia cui contribuì anche il filosofo Empedocle. Quello democratico fu un periodo di grande prosperità economica testimoniata dalla costruzione di numerosi templi. Tuttavia dopo un periodo di accresciuta influenza di Siracusa, Akragas dovette fronteggiare nel 406 la spedizione dei cartaginesi guidati da Annibale che intendevano riaffermare il proprio controllo sulla Sicilia. Dopo un estenuante assedio gli abitanti furono costretti ad abbandonare la città che venne distrutta; da qui i Cartaginesi sferrarono il successivo attacco verso Gela.
Akragas rinacque nel 338 a.C. per iniziativa del siracusano Timoleonte, e riacquisì un breve periodo di prosperità sotto la tirannide di Finzia (286-280). Quindi minacciata da Roma, per mantenere la sua indipendenza si alleò con i Cartaginesi. Una mossa che si rivelerà inutile giacchè i Romani conquisteranno una prima volta la città nel 261 e la sottometteranno definitivamente nel 210 a.C.
domenica 9 ottobre 2011

Siracusa contro Cartagine per il controllo della Sicilia. Dionisio I il grande e Dionisio II il giovane

Proprio mentre i Cartaginesi sembravano avviati alla conquista dell’intera Sicilia, a Siracusa assunse il potere come tiranno costituzionale (strategos autokrator) Dionisio il Grande (430-367) sostenuto dai ceti popolari. All’inizio le campagne militare da lui intraprese ebbero esito non favorevole, tanto da costringerlo a venire a patti con Cartagine. Ma poi riuscì a liberarsi dell’opposizione di esponenti dei ceti aristocratici distribuendone i beni a schiavi liberati e stranieri; trasformò l’isola di Ortigia in una cittadella fortificata; rafforzò la flotta e costituì un potente esercito di mercenari nelle cui fila vennero inseriti in seguito anche Campani, Iberi e Celti; rafforzò la cavalleria andando ad acquistare cavalli allevati dai Veneti, assai rinomati al tempo. Queste misure gli permisero di acquisire una preminenza sullo stretto di Messica con la distruzione della città di Naxos, il rafforzamento di colonie come Catania e Leontini, Messina, con la conquista delle isole Lipari, e contemporaneamente di intraprendere un’offensiva nei confronti di Cartagine cui strappò un ‘importante centro come Motye e respinse fino a Lilibeo. I Cartaginesi passarono però al contrattacco contando sul sostegno di Segesta, rimasta tenacemente avversaria di Dionisio. La situazione si capovolse e il cartaginese Imilcone giunse a cingere d’assedio Siracusa senza esiti favorevoli per il sopraggiungere di una pestilenza e di reparti spartani a sostegno di Dionisio, il quale in virtù del prestigio assunto come campione dell’ellenismo potè assumere il titolo di arconte di Sicilia.
Dopo aver fatto nel 392 una pace con i Cartaginesi , Dionisio volse le sue mire verso la Magna Grecia: nel 388 sconfisse presso l’Elleporo una lega italiota di città achee, nel 386 conquistò prima Reggio e poi tutto il Bruzio. Nel 379 acquisì Crotone, poi cercò l’alleanza di Taranto e si spinse a nord fino a creare una colonia ad Ancona e a conquistare un porto in Corsica. Nello stesso anno Cartagine , approfittando dell’insofferenza delle altre città greche verso l’espansionismo di Dionisio, riapri la contesa che durò tre anni. La conseguente pace che fissò sul fiume Halycus , a ovest di Agrigento, il confine tra le zone di’influenza greca e punica. Dionisio negli anni successivi dovette affrontare una crisi finanziaria conseguente ai problemi di mantenimento delle sue forze mercenarie ma nel 368 provò inutilmente a conquistare di nuovo Lilibeo. L’anno successivo morì dopo quaranta anni di potere ininterrotto. Lo Stato da lui organizzato e l’ambizioso progetto di creare un impero che riunisse tutti i greci d’Occidente si dissolsero dopo la sua scomparsa.
A succedergli fu il figlio Dionisio il giovane che ne proseguì la politica di espansione; ma i Cartaginesi appoggiarono contro di lui Dione, discepolo di Platone di cui avrebbe voluto riprodurre lo Stato ideale ; e mentre i due si fronteggiavano in una guerra civile i mercenari campani e sabelli creavano Stati indipendenti nell’isola di Ortigia e a Catania. Dione fu ucciso nel 354 e Dionisio venne deposto nel 345; da Corinto sopraggiunse Timoleonte a ristabilire l’ordine e l’unità di Siracusa con un regime democratico; costui riprese la lotta contro Cartagine che sconfisse presso il fiume Crimiso; combatté i i tiranni che si erano insediati in molte città greche estromettendo i mercenari che spesso vi si erano insediati; divenuto cieco abdicò nel 337 e per le sue opere venne esaltato dallo storico Timeo di Taormina come liberatore della Sicilia.
Nel frattempo la fama delle imprese di Alessandro Magno in Oriente giungeva anche a Cartagine, che, rimasta impressionata dalla conquista di Tiro nel 332 da parte del macedone, decise di guardare nuovamente all’espansione della Sicilia favorendo la scalata al potere a Siracusa di Agatocle. Uomo di oscure origini, Agatocle riuscì a guadagnarsi il favore dei ceti popolari abolendo i debiti, ridistribuendo le terre e bandendo gli esponenti aristocratici. Una volta acquisito il titolo di strategos autokrator, come Dionisio il Grande si propose come campione dell’ellenismo. Cartagine corse ai ripari inviandogli delle forze contro, ma Agatocle riuscì a rompere il blocco e a passare alla controffensiva in Africa dove grazie all’aiuto del re di Cirene, Ofella ( che poi uccise) , conquisterà città importanti come Tapso e Utica. Tornato a Siracusa nel 308, si volse di nuovo verso l’Africa dove questa volta subì dei rovesci, per poi siglare la pace con Cartagine che ristabiliva nuovamente sull’Halycum il confine di separazione delle rispettive zone di influenza in Sicilia.
Agatocle venne poi chiamato in aiuto da Taranto contro le scorrerie piratesche del principe spartano Cleonimo a cui sottrasse l’isola di Corcira. Poi si volse contro i Bruzi togliendo loro di nuovo Crotone. Allargò poi il suo orizzonte politico stabilendo buoni rapporti con i Pucezi, gli Iapigi e la città di Napoli. Morì nel 289 A.c dopo aver ripristinato a Siracusa un regime democratico. Ma i suoi mercenari campani, chiamati Mamertini per il loro culto verso Marte, si impadronirono di Messina creandovi uno stato autonomo..
Le complesse vicende politiche e militari sopra illustrate testimoniano di un più intenso contatto tra l’elemento greco e le genti italiche che favori la crescita civile di queste ultime. Uno sviluppo che come vedremo però finirà per ritorcersi contro gli stessi Greci.
lunedì 3 ottobre 2011

Il tempio E, F, G di Selinunte

ricostruzione facciata del tempio E
Sulla collina a est dell'acropoli di Selinunte si trovano alcune delle più rilevanti strutture architettoniche della Grecia in SiCilia. Il tempio E, databile attorno al V secolo a.C. è un vero esempio dello splendore raggiunto dallo stile dorico in Occidente. Si è conservato sino ai giorni nostri il colonnato perimetrale con la sua forma allungata di sei colonne per quindici, le tegole e alcune metope calcaree con rappresentazioni mitologiche a rilievo.
Selinunte tempio E

Quella visibile è l'ultima di tre successive costruzioni: la prima fu probabilmente distrutta durante un'incendio nel 510 a.C, mentre si ritiene che la seconda versione non sia mai stata portata a termine.
colonna tempio F
Il tempio F, probabilmente dedicato al culto di Dioniso, riproduceva la struttura del tempio C dell'acropoli: periptero con colonnato esterno di sei colonne per quattordici e un colonnato interno che introduce al pronao.
Fra i templi della collina orientale quello più maestoso è il tempio G o Apollonion con un basamento di dimensioni 113×54 m a sostenere un colonnato di otto elementi per diciassette di 16 metri di altezza con una lunghissima cella divisa in tre navate da due fila di colonne; nel sito è stata ritrovata la c.d. "ravola selinuntina", testo impoartntisismo che descrive l'insieme dei culti venerati in città.
tempio G Selinunte
Databile attorno al 530 a.C., il tempio G fu più volte ricostruito salvo non essere poi portato a termine a causa dell'invasione dei Cartaginesi. Si presume che gran parte del materiale sia stato ricavato dall'estrazione in cave di tufo calcareo situate nelle vicinanze, conosciute come “rocche di Cusa”: qui sono rintracciabili i segni di un lavoro con abbozzi di capitelli e colonne ancora immerse nella roccia.