domenica 31 agosto 2008

Cause della rivoluzione francese: il collasso economico dello Stato


Quando nel 1774 Luigi XVI saliva al trono di Francia la situazione finanziaria dello stato era prossima alla bancarotta. Per cercare di risanare il bilancio compromesso anche dalla dispendiosa Guerra dei sette anni( il deficit ammontava alla cifra di 50 milioni di franchi) , il nuovo sovrano nominò Turgot ,controllore generale delle finanze. Questi cercò di introdurre i principi della fisiocrazia: libera circolazione del grano, l’abolizione delle corporazioni di mestiere e soprattutto l’adozione di un’imposta fondiaria unica che gravasse anche sulle ricchezze dell’aristocrazia e dal clero. Turgot dovette però ammainare bandiera bianca a fronte dell'irriducibile resistenza dei ceti privilegiati. Luigi XVI non ebbe il coraggio di difenderne l'opera e lo licenziò nel 1776.
Di fronte all'aggravarsi della situazione finanziaria, Luigi XVI fece ricorso all'economista e banchiere ginevrino Jacques Necjer sostenitore di una politica meno liberalizzatrice di quella di Turgot e rivolta alla riduzione della spesa pubblica piuttosto che all'aumento delle tasse. Necker pubblicò per la prima volta il bilancio dello Stato eliminando la voci passive nella speranza di indurre all'acquisto dei buoni statali. Ma si dimenticò di cancellare dal rendiconto le risultanze degli sprechi della corte le cui dimensione irritarono l'opinione pubblica. Luigi XVI per questo motivo provvide a licenziare anche il Necker. Il suo successore Alexandre de Calonne aumentò le spese che vennero finanziate con i prestiti in assenza di nuove tasse, aggravando ulteriormente la situazione di bilancio. Il deficit passò dagli 86 milioni di livres del 1785 al 125 milioni di livres del 1787. Calonne a questo punto propose le stesse misure di Turgot e Necker: l'introduzione di una tassazione nei confronti del patrimonio della nobiltà e del clero. Di fronte alle resistenze dei notabili Luigi XVI toglie il suo sostegno al ministro delle finanze licenziandolo nell'aprile del 1787 e rinunciando all'eliminazione delle condizioni di privilegio unica condizione necessaria per la sopravvivenza dello Stato.