sabato 27 novembre 2010

Brenno: nome proprio gallico o titolo di comando?


Vi sono due interpretazioni principali relativamente al significato che i Galli davano alla parola Brenno: secondo alcuni studiosi Brenno indicherebbe un nome proprio di persona, secondo altri era una parola che nella lingua celtica designava il re o il comandante militare della tribù.
Tra i personaggi denominati in questo modo spicca un condottiero dei Galli Senoni stanziati nel IV secolo a.C tra il Rubicone e il Metauro.
La tradizione narra che Brenno, istigato da Arunte di Chiusi, conquistò in sei anni tutte le terre tra Ravenna e il Piceno; lo stesso Arunte lo indusse a coingere d'assediò Chiusi, che a sua volta chiese aiuto a Roma. Il senato vi inviò tre Fabii in qualità di ambasciatori, i quali però soccorsero i chiusini nella difesa della città. Brenno irritato per questo comportamento si scontrò con i Romani vincendoli fiume Allia (390); quindi penetrò a Roma dove trovò solo 80 senatori posti sulle loro sedie d'avorio, che vennero uccisi. Dopo aver incendiato le case mosse contro il Campidoglio dove erano asserragliati i resistenti. Brenno scovò una via sconosciuta che lo condusse fin quasi alla rocca capitolina; ma il Campidoglio fu salvato dallo starnazzare delle oche e dal coraggio del console Marco Manlio che respinse i Galli e che in onore di questa impresa fu appunto soprannominato Capitolino. I Romani però furono costretti a venire a patti e a pagare mille libbre d'oro ai vincitori; ma l'oro probabilmente venne pesato con bilance truccate e ciò scatenò le proteste dei Romani: fu in questa occasione che in risposta Brenno avrebbe pronunciato il celebre detto Vae victis, «guai ai vinti». In quel frangente sopraggiunse Marco Furio Camillo, alla testa di un forte esercito che aveva sconfitto i Galli rimasti alle porte di Roma, e sconfisse Brenno , costringendolo a ritirarsi.
Un altro Brenno guidò un invasione di Galli (i galati degli scrittori greci) nella penisola balcanica e in Asia Minore. Stando al racconto di Pausania, si trattava di Galli stanziatisi sotto Sigoveso aveva in Germania e nella Pannonia: una loro prima spedizione venne guidata da Cambaule, cui seguì una seconda al comando di Belgio, una terza al comando di Brenno, e una quarta sotto il comando di Ceretrio. . L'inizio dell'invasione in Grecia andrebbe datata attorno all'anno 281-280 a. C. e i Galli l'avrebbero affrontata forti di un esercito di 150.000 uomini con 15.000 cavalli.
Brenno invase la Grecia centrale nel 279-78 a. C. dirigendosi verso il tempio di Apollo a Delfi per farvi ricco bottino ma venne sconfitto dall' esercito greco, aiutato da una fortissima bufera, suscitata secondo la leggenda dallo stesso Apollo. Nell'occasione Brenno si uccise e la maggior parte superstiti soccombettero nella ritirata.
mercoledì 24 novembre 2010

Cimabue ( Cenni di Pepo)



Cenni di Pepo , detto Cimabue,(Firenze 1240 circa. - Pisa, dopo il 1302) era pittore assai noto ai contemporanei tanto da essere citato da Dante Alighieri nella Divina Commedia. Al giorno d'oggi invece delle sue opere e della sua stesa biografia si hanno pochissime notizie certe; la stessa cronologia della sua vita è oggetto di vivaci discussioni fra gli storici dell’arte.
Cimabue nasce nella prima metà del XIII secolo e si forma artisticamente nell'ambiente fiorentino. Il Crocifisso eseguito tra il 1265 e il 1270 per la chiesa di San Domenico ad Arezzo è la prima testimonianza della sua attività pittorica. Nel 1272 viene documentata la sua presenza a Roma, dove probabilmente eseguì dei lavori oggi andati perduti.
Pochi anni dopo rientra a Firenze per eseguire la Croce per la chiesa di Santa Croce a Firenze, oggi conservata nel vicino Museo dell’Opera.
Cimabue raggiunge una grande fama e fioccano le commissioni: si reca prima a Pisa, dove esegue per la chiesa di San Francesco una tavola della Maestà oggi conservata al Museo del Louvre a Parigi, e poi a Bologna con la Vergine in trono nella chiesa di Santa Maria dei Servi.
Il capolavoro di Cimabue sono gli affreschi eseguiti all'incirca nel 1280 ad Assisi nella basilica superiore di San Francesco. Allo stesso periodo risale la Maestà destinata alla Chiesa di Santa Trinita e oggi visitabile al Museo degli Uffizi.
L'ultime notizie documentate sull'attività di Cimabue sono del 1301-1301 a Pisa al realizzazione della figura a mosaico di San Giovanni per l'abside del Duomo.
martedì 9 novembre 2010

Veio

Veio fu un antica città etrusca situata sulle rive del Cremera. Sorgeva su un'alta rupe presso l'odierna Isola Farnese a 16 km a nord di Roma.
Sviluppatasi tra il secolo VI e il V a. C, fu una delle città più potenti della Dodececapoli. Il suo dominio si estendeva su un ampio territorio, abitato fin dall'età del bronzo ,comprendente il monte Vaticano e che giungeva fino al Tevere. A causa della prossimità geografica venne in urto con Roma. Nè conseguì un'accanita lotta che vide i Veienti sconfitti dopo 10 anni di assedio, dal dittatore Marco Furio Camillo (396 a. C.). La popolazione fu ridotta in schiavitù e venduta. Il territorio fu suddiviso in quattro tribù rustiche e acquisito dallo stato romano.

La città sin dal V secolo A.C risultava dotata di fortificazioni con numerose porte, senza traccia di una topografia interna regolare. L'edificio più riconoscibile è il santuario , detto di Portonaccio, , distrutto in età romana , e avente pianta rettangolare con fosse dei sacrifici, una grande piscina e pozzi rituali. Nel sito sono state ritrovare numerose statue in terracotta dipinta(tra cui l'Apollo detto appunto di Veio, Eracle in lotta con la cerva, Ermete e testa di Turms), ora conservate nel museo nazionale di Villa Giulia.
martedì 2 novembre 2010

I Galli di Brenno assediano Roma.Verità storica e leggende delle incursioni nel IV secolo A.c.

Negli stessi anni in cui i Romani conquistavano Veio, i Galli si inoltravano nell’Etruria conquistando Melpum (l’odierna Melzo). Nel 390 alcune migliaia di Galli guidati da Brenno ( ma è dubbio se si tratti di un nome proprio o del titolo con cui i Galli designavano il loro comandante) si presentarono davanti a Chiusi reclamando terre. I Chiusini chiesero aiuto ai Romani che mandarono un ambasceria, la quale però si lasciò coinvolgere nella controversia. I Galli forse per la difficoltà di concludere con successo l’assedio, e offesi per l’intervento romano imboccarono la valle del Tevere e si diressero verso l’Urbe. Qui incontrarono l’esercito giunto precipitosamente loro incontro e lo sbaragliarono al fiume Allia in una delle sconfitte rimaste maggiormente impresse nella memoria romana tanto che il 18 luglio, giorno in cui si svolse quella battaglia , venne segnato sul calendario come dies religiosus, ovverosia giorno in cui non si doveva tentare alcuna impresa a causa della sperimentata ostilità divina.
I romani sorpresi dall’irruenza gallica ritennero di non riuscire a riorganizzare in tempo un esercito per difendere la città e optarono per asserragliarsi nella rocca Capitolina. Inviarono donne e bambini nelle città vicine, sopratutto Caere, dove si rifugiarono anche le Vestali con gli arredi sacri della città. I Galli trovando la città deserta la saccheggiarono mettendola a ferro e fuoco; il successivo assalto alla rocca fallì anche grazie agli atti di coraggio di Marco Manlio, poi soprannominato Capitolino. L’assedio venne tolto solo una volta che i Galli ottennero il riscatto in oro che avevano chiesto.
I Romani produssero racconti leggendari in serie sull’avvenimento con lo scopo di attenuare le conseguenze del rovescio. Il racconto dei senatori, seduti sui loro scranni con indosso le loro toghe, che incutono il rispetto degli assalitori che operano il massacro quando uno di essi reagisce colpendo con un bastone il guerriero che gli ha toccato la barba non ha riscontri storici e testimonia più che altro il prestigio che riscuoteva il Senato nel momento in cui il racconto venne elaborato. Il famoso episodio delle oche che starnazzano per avvertire gli abitanti che i Galli stanno cercando di scalare la rocca da un punto meno presidiato va interpretato tenendo conto che le oche erano gli animali sacri a Giunone, dea che già durante l’assedio di Veio aveva manifestato il suo favore verso i Romani e che anche ora secondo la popolazione aveva concesso loro la sua protezione.
L’episodio di Brenno che getta la sua spada sul piatto della bilancia mentre vi pesa l’oro del riscatto e formula la frase “Vae victis” ( Guai ai vinti) deve ritenersi un pretesto per poi inserirvi l’episodio assolutamente inventato dell’intervento di Furio Camillo che interviene a guidare i concittadini alla cacciata degli invasori. Storicamente attendibile è invece l’episodio del trasferimento a Caere delle Vestali e degli arredi sacri da parte di un Lucio Albino, ulteriore conferma dell’importanza che si attribuiva all’aspetto religioso per la sopravvivenza di una città; se Roma poté riprendersi dal rovescio con i Galli lo si deve anche al fatto di aver potuto salvaguardare con gli arredi sacri le sue fondamenta religiose e ciò dava a tutti i romani maggiore fiducia nell’avvenire e slancio nell’azione. Ugualmente certo è il riscatto in oro ottenuto dai Galli, che a causa della loro indole nomade richiedevano oggetti preziosi trasportabili. E in ragione del lungo assedio, una volta ottenuto ciò che desideravano preferirono trasferirsi verso il Meridione alla ricerca di nuove terre da razziare. Qui sembra che dopo un primo scontro con gli Iapigi, avrebbero subito sulla via del ritorno un imboscata da parte dei Ceriti. Da nord non si registrarono in quel tempo altre incursioni anche perchè i Galli dovevano fronteggiare l’aggressività dei Veneti e di altre tribù della zona alpina.
La successiva invasione dei Galli si ebbe nel 360 A.C: dopo essersi impadroniti di Felsinia, da loro ribattezzata Bononia si diressero verso i colli Albani ma non tentarono l’assedio a Roma che nel frattempo aveva notevolmente rafforzate le sue mura. Altre bande di Galli si spinsero nel Lazio nel 345 e nel 331: con loro Roma venne a patti. Successivamente gruppi di galli si spinsero verso Sud dove operarono come soldati mercenari delle varie città della Magna Grecia.
lunedì 1 novembre 2010

INDICE: Gli Etruschi

Cere ( o Caere)
Veio