2 giugno 455: I vandali si erano mossi dal centro dell'Europa per arrivare in Spagna dove avevano lasciato una traccia reale della loro presenza, Vandalusia, ( oggi Andalusia) ovverosia la terra dei Vandali. Spinti via dai Visigoti conquistano L'Africa mediterranea. Fino ad ora i popoli barbari erano sempre penetrati dall'Est dell'Europa. ora si dirigevano verso Roma da Sud. il capo dei Vandali è Genserico. il Papa Leone I Magno che era riuscito a fermare Attila stavolta non può nulla. Genserico si impadronisce anche dalla moglie dell'imperatore Eudossia che resterà prigioniera di Genserico per otto anni. L'imperatore Petronio Massimo, venne invece ucciso a furor di popolo
Dallo storico tedesco Ferdinand Gregorovius la cronaca del saccheggio" nei palazzi, nelle chiese, negli edifici pubblici ciò che i goti avevano risparmiato e i Romani erano riusciti a sostituire trovò ora i suoi predoni. La spoliazione di Roma potè essere condotta sistematicamente. Si saccheggia contemporaneamente in ogni angolo. Centinaia di carri stracolmi, uscivano da Porta Portuense ( ora Porta Portese) per trasportare il frutto della rapina sulle navi, alla fonda, per tutta l'ampiezza del Tevere. I barbari si gettarono prima di tutto sul Palatium, sul Palatino, sede dei Cesari, sulle cui stanze l'infelice Eudossia era tenuta ora prigioniera da Genserico, il capo dei Vandali e lo depredavano con tale bramosia che non vi rimase neppure un vaso di rame.
Sul Campidoglio fu messo a sacco il tempio di Giove. Genserico non si limitò a far man bassa delle statue rimaste ma, fece scoperchiare anche metà del soffitto e caricare sulle navi le tegole in bronzo dorato"
sabato 5 settembre 2009
2 giugno 455: il sacco di Roma dei Vandali di Genserico ( cronaca di Ferdinand Gregorovius)
Etichette:
invasioni barbariche,
Roma
mercoledì 2 settembre 2009
I Merovingi conquistano la Gallia e si convertono al cristianesimo. I Franchi come popolo eletto
La diffusione nel territorio della Gallia delle tribù germaniche conosciute con il nome collettivo di Franchi avviene in modo semplice e lineare.Tuttavia essa acquisì in breve tempo i caratteri di una vera e propria dominazione rendendosi autonoma dall'impero; riconoscendone l'autorità riuscirono sempre a presentare con grande astuzia le loro campagne di conquista come operate in nome dei Romani. Infatti dopo aver passato il Reno (406), anche in virtù del sostegno delle autorità romane, i Franchi operarono nel territorio corrispondente al Belgio attuale e nella Francia del Nord, occupando città di rilevanza strategica come Boulogne, Arras, Tournai, Cambrai. A quest'azione di conquista fece seguito la creazione di strutture destinate a mantenere il potere su città ed intere regioni. Durante questo processo una tribù, quella dei Franchi salii, acquisì il sopravvento sulle altre. I capi dei Salii, la stirpe discendente dal mitico Meroveo divennero dunque i re dei Franchi. I Merovingi si conquistarono la fiducia dei Romani come loro alleati, consentendo allo stesso tempo ai Franchi di legittimarsi come popolo federato di quello romano.
Importantissima fu la scelta compiuta dai discendenti dei Merivongi, di convertirsi al cristianesimo, decisa dal re Clodoveo, tra la fine del V e gli inizi del VI secolo. In questo modo veniva operato il passo decisivo che consentiva ai Franchi di integrarsi profondamente con la realtà sociale, politica e culturale della regione di cui avevano assunto il dominio. Da ciò scaturì quasi automaticamente l'alleanza tra la nuova dinastia cattolica e l'aristocrazia gallo-romana che deteneva il monopolio di tutte le sedi episcopali. In parallelo i Franchi si autocelebrarono come "nuovo popolo eletto" ( si inventarono anche una diretta discendenza dal troiano Enea) , ergendosi a difensori della Chiesa di Roma e a loro rappresentante in Gallia con ulteriori benefici in termini di prestigio e legittimazione politica.
Clodoveo creò così i presupposti per assicurarsi il controllo dell'intera Gallia del Nord; quindi nel 507, sconfisse i Visigoti nella battaglia di Vouillé, cacciandoli definitivamente dal regno di Tolosa e dalla Gallia sud-occidentale, che questi abbandonarono per dirigersi in Spagna. A completare la conquista dell'intera Gallia, nel 534, i Franchi si impadronirono dei territori che formavano il regno dei Burgundi (corrispondenti all'attuale Borgogna, alla Savoia, alla Svizzera ed alla Provenza settentrionale) e tre anni dopo sottrassero l'intera Provenza agli Ostrogoti.
Importantissima fu la scelta compiuta dai discendenti dei Merivongi, di convertirsi al cristianesimo, decisa dal re Clodoveo, tra la fine del V e gli inizi del VI secolo. In questo modo veniva operato il passo decisivo che consentiva ai Franchi di integrarsi profondamente con la realtà sociale, politica e culturale della regione di cui avevano assunto il dominio. Da ciò scaturì quasi automaticamente l'alleanza tra la nuova dinastia cattolica e l'aristocrazia gallo-romana che deteneva il monopolio di tutte le sedi episcopali. In parallelo i Franchi si autocelebrarono come "nuovo popolo eletto" ( si inventarono anche una diretta discendenza dal troiano Enea) , ergendosi a difensori della Chiesa di Roma e a loro rappresentante in Gallia con ulteriori benefici in termini di prestigio e legittimazione politica.
Clodoveo creò così i presupposti per assicurarsi il controllo dell'intera Gallia del Nord; quindi nel 507, sconfisse i Visigoti nella battaglia di Vouillé, cacciandoli definitivamente dal regno di Tolosa e dalla Gallia sud-occidentale, che questi abbandonarono per dirigersi in Spagna. A completare la conquista dell'intera Gallia, nel 534, i Franchi si impadronirono dei territori che formavano il regno dei Burgundi (corrispondenti all'attuale Borgogna, alla Savoia, alla Svizzera ed alla Provenza settentrionale) e tre anni dopo sottrassero l'intera Provenza agli Ostrogoti.
giovedì 6 agosto 2009
I Berlinghieri: Berlinghiero, Barone, Matteo e Bonaventura

I Berlinghieri furono una famiglia di pittori attivi nel XIII secolo principalmente a Lucca. Il capostipite fu Berlinghiero Berlinghieri autore di numerosi Crocifissi fra i quali quello da lui firmato del Museo Nazionale di Villa Guinigi a Lucca, eseguito tra il 1210 e il 1220. Un altro crocifisso a lui attribuito, databile tra il 1230 e il 1235 è conservato al Museo di San Matteo a Pisa. In tali opere è evidente l'influenza dell'arte bizantina , trasmessa anche ai figli Bonaventura, Marco e Barone, la cui attività arriva a solcare l'ulti mo quarto di secolo del Duecento.
Dell’attività di Barone Berlinghieri ci rimangono alcuni crocifissi lignei tra i quelli quello situato nel piccolo borgo toscano di Montefegatesi; di Marco, oltre ai crocifissi conosciamo le miniature, come quelle della Bibbia nella cattedrale di Lucca e gli affreschi conservati nella chiesa di Santo Stefano a Bologna.
Il più conosciuto tra i figli di Berlinghiero è Bonaventura, la cui attività a Lucca è documentata tra il 1228 e il 1274. Nel 1235 Bonaventura realizza la pala d'altare denominata San Francesco e sei episodi della sua vita, eseguita per l’omonima chiesa di Pescia. Si tratta di una delle prime immagini del santo di Assisi, da poco beatificato nel 1228. Nel 1244 Bonaventura decora con uccelli e altri motivi ornamentali profani la camera dell’arcidiacono della cattedrale di Lucca, ( lavoro oggi andato perduto) . Dal 1250 è documentata l'attività dell'affermata bottega di cui Bonaventura era titolare: in essa giovani apprendisti potevano imparare l’arte della pittura; di questi conosciamo il nome di Lupardo di Benincasa, tra l'altro figliastro del pittore. L'ultima notizia di Bonaventura Berlinghieri in vita è risalente all'anno 1274
Etichette:
medioevo,
storia dell'arte
domenica 28 giugno 2009
I Vandali.
I Vàndali erano una popolazione germanica orientale. Originaria delle rive del Baltico era composta da due etnie principali: i Silingi e gli Asdingi. Entrambe si spostarono alla fine del II sec. verso sud-est: i Silingi si stanziarono nell'alta valle dell'Oder ( che da loro prese il nome di Slesia); gli Asdingi nell'alta valle del Tibisco. Nel IV° sec si trovarono dapprima in lotta coi Goti ,che li sconfissero uccidendone il re Visimero, (335), quindi costretti dalla pressione di Sarmati e Unni, si spostarono in direzione ovest per raggiungere l'alto Danubio e il Reno. Nel 406 i Vandali Asdingi, insieme con Alani, Suebi e altri barbari, attraversarono il Reno e riunitesi ai Silingi sotto la guida del re Gunderico († 428), sconfissero i Franchi.
Dopo aver saccheggiato la Gallia e raso al suolo Magonza, nel 409 passarono in Spagna. Dopo un iniziale conflittualità con i Romani i Vandali trovarono un accordo con l'imperatore Onorio che accordò loro lo status di federati: gli Asdingi e i Suebi (o Svevi) si stabilirono in Galizia, i Silingi ebbero la provincia Betica, che acquisì il nome di Vandalusia (Andalusia), gli Alani la Lusitania e il Chartaginensis ( con capitale Cartegena). Ma la pace durò poco i Visigoti guidati dal re Walia si presentarono a nome dell'imperatore e attaccarono tutti i Barbari della Spagna: Silingi e Alani furono furono sconfitti con gravissime perdite, e prima di attaccare Asdingi e Suebi vennero richiamati dai generali romani che riuscirono a scampare un probabilissimo rovescio.
Le orde vandale si riunirono sotto l'unico comando di Gunderico che ottenne una grande vittoria contro le forze romano-visigote (421-422) requisendo le galee agli sconfitti e creando così le premesse per compiere razzie navali in Mauritania (l'odierno Marocco e Algeria occidentale) e nelle Baleari.
Gli succedette il fratellastro Genserico (428-477) che di fronte alla continua minaccia dei Visigoti , e attirato dalla rivolta dei Mauri che l'impero non riusciva a sedare, nel 429 attraversò con tutti i suoi Barbari (80.000 circa) lo stretto di Gibilterra per dare inizio all'occupazione della Costa africana
Dopo aver avuto facile gioco in Mauretania Genserico presa d'assedio, conquistò Ippona (431); ma poiché non riusciva ad impadronirsi di altre città e avendo i subito numerose perdite decise di fare un patto di federazione con Roma (435), che riconosceva i Vandali al servizio dell'impero. Ma Genserico si comportò come un sovrano autonomo perseguitando i vescovi che ostacolavano la diffusione dell'arianesimo ( a cui i Vandali si erano convertiti), dandosi alla pirateria in Sicilia e agendo con totale libertà di movimento in Mauretania e in Numidia. Quindi nel 439 occupò Cartagine per poi estendere la conquista all'Africa proconsolare e alla Bizacena, accaparrandosi così la principale riserva di grano dei Romani. L'imperatore Valentinano III riconobbe nel 442 ai Vandali l'indipendenza sulla terre conquistate, ma questo non accontentò Genserico , deciso ad acquisire il controllo delle principali terre produttrici di grano. In questo senso si inquadrano le conquiste di Baleari, Corsica , Sardegna e Sicilia.
L'uccisione dell'imperatore Valentiniano e la successione da parte di Petronio Massimo sospettato di essere coinvolto nell'omicidio e dunque considerato usurpatore diede il pretesto ai Vandali per marciare verso Roma che venne saccheggiata nel 455 ( Massimo vi venne ucciso) ma su richiesta di papa Leone I vennero risparmiati eccidi agli abitanti ne vi fu la distruzione delle chiese cattoliche dell'Urbe. ; nel 476 Genserico ottenne il riconoscimento dei possedimenti vandali anche dall'Impero d'Oriente.
le persecuzioni e la confisca di beni agli ecclesiastici e ai senatoriali, che sotto lo stimolo di un nazionalismo ariano, antiromano e anticattolico era stato l'elemento determinante del successo nell'insediamento in Africa dei Vandali, si intensificarono dopo la morte di Genserico sotto il suo successore Unerico (477-484). Dopo un breve periodo di tregua sotto Gondamondo (484-496) e Trasamondo (496-523), cognato dell'ostrogoto Teodorico, esse si rifecero violente sotto Ilderico (523-530).
Presto si fecero sentire i primi segnali di declino: l'indebolimento interno adopera di Berberi e cattolici favorì la cacciata dalla Sicilia operata dagli Ostrogoti; un'ultima reazione nazionalistico-ariana portò al trono Gelimero (530-534); Fu Giustiniano a determinare il definitivo crollo dei Vandali: il suo generale Belisario guidò la spedizione che inflisse loro due sconfitte decisive(Ad Decimum [cioè a dieci miglia da Cartagine] e Tricamarum) determinando in breve tempo (533- 534)la riunione del territorio delle province d'Africa all'Impero. Le popolazioni furono fatte schiave o si unirono alle tribù berbere continuando la guerriglia fino al 548 quando ogni residuo focolaio di ribellione venne sedato e con esso scomparvero le tracce dei Vandali
Dopo aver saccheggiato la Gallia e raso al suolo Magonza, nel 409 passarono in Spagna. Dopo un iniziale conflittualità con i Romani i Vandali trovarono un accordo con l'imperatore Onorio che accordò loro lo status di federati: gli Asdingi e i Suebi (o Svevi) si stabilirono in Galizia, i Silingi ebbero la provincia Betica, che acquisì il nome di Vandalusia (Andalusia), gli Alani la Lusitania e il Chartaginensis ( con capitale Cartegena). Ma la pace durò poco i Visigoti guidati dal re Walia si presentarono a nome dell'imperatore e attaccarono tutti i Barbari della Spagna: Silingi e Alani furono furono sconfitti con gravissime perdite, e prima di attaccare Asdingi e Suebi vennero richiamati dai generali romani che riuscirono a scampare un probabilissimo rovescio.
Le orde vandale si riunirono sotto l'unico comando di Gunderico che ottenne una grande vittoria contro le forze romano-visigote (421-422) requisendo le galee agli sconfitti e creando così le premesse per compiere razzie navali in Mauritania (l'odierno Marocco e Algeria occidentale) e nelle Baleari.

Dopo aver avuto facile gioco in Mauretania Genserico presa d'assedio, conquistò Ippona (431); ma poiché non riusciva ad impadronirsi di altre città e avendo i subito numerose perdite decise di fare un patto di federazione con Roma (435), che riconosceva i Vandali al servizio dell'impero. Ma Genserico si comportò come un sovrano autonomo perseguitando i vescovi che ostacolavano la diffusione dell'arianesimo ( a cui i Vandali si erano convertiti), dandosi alla pirateria in Sicilia e agendo con totale libertà di movimento in Mauretania e in Numidia. Quindi nel 439 occupò Cartagine per poi estendere la conquista all'Africa proconsolare e alla Bizacena, accaparrandosi così la principale riserva di grano dei Romani. L'imperatore Valentinano III riconobbe nel 442 ai Vandali l'indipendenza sulla terre conquistate, ma questo non accontentò Genserico , deciso ad acquisire il controllo delle principali terre produttrici di grano. In questo senso si inquadrano le conquiste di Baleari, Corsica , Sardegna e Sicilia.
L'uccisione dell'imperatore Valentiniano e la successione da parte di Petronio Massimo sospettato di essere coinvolto nell'omicidio e dunque considerato usurpatore diede il pretesto ai Vandali per marciare verso Roma che venne saccheggiata nel 455 ( Massimo vi venne ucciso) ma su richiesta di papa Leone I vennero risparmiati eccidi agli abitanti ne vi fu la distruzione delle chiese cattoliche dell'Urbe. ; nel 476 Genserico ottenne il riconoscimento dei possedimenti vandali anche dall'Impero d'Oriente.
le persecuzioni e la confisca di beni agli ecclesiastici e ai senatoriali, che sotto lo stimolo di un nazionalismo ariano, antiromano e anticattolico era stato l'elemento determinante del successo nell'insediamento in Africa dei Vandali, si intensificarono dopo la morte di Genserico sotto il suo successore Unerico (477-484). Dopo un breve periodo di tregua sotto Gondamondo (484-496) e Trasamondo (496-523), cognato dell'ostrogoto Teodorico, esse si rifecero violente sotto Ilderico (523-530).
Presto si fecero sentire i primi segnali di declino: l'indebolimento interno adopera di Berberi e cattolici favorì la cacciata dalla Sicilia operata dagli Ostrogoti; un'ultima reazione nazionalistico-ariana portò al trono Gelimero (530-534); Fu Giustiniano a determinare il definitivo crollo dei Vandali: il suo generale Belisario guidò la spedizione che inflisse loro due sconfitte decisive(Ad Decimum [cioè a dieci miglia da Cartagine] e Tricamarum) determinando in breve tempo (533- 534)la riunione del territorio delle province d'Africa all'Impero. Le popolazioni furono fatte schiave o si unirono alle tribù berbere continuando la guerriglia fino al 548 quando ogni residuo focolaio di ribellione venne sedato e con esso scomparvero le tracce dei Vandali
Etichette:
invasioni barbariche
domenica 24 maggio 2009
Benedetto Antelami

Nato intorno al 1150 Benedetto Antelami fu scultore e architetto attivo fra il 1170 e il 1220. Faceva parte probabilmente di quei costruttori provenienti dalla valle d’Intelvi noti con il nome di "magistri Antelami" (magister Antelami). Il suo nome sembra derivare proprio dalla sua provenienza geografica.
Benedetto Antelami curò la sua formazione artistica in Francia, fra la Provenza e l'Ile de France. La sua mano è stata riconosciuta in alcuni capitelli del chiostro di Saint-Trophime ad Arles, eseguiti intorno al 1165-1170. Giunto in Italia, il maestro prestò la sua opera in varie regioni dell’Italia settentrionale. A Parma si occupò inizialmente della sistemazione del coro della Cattedrale, lavoro del quale rimangono oggi la cattedra episcopale e un bassorilievo con la Deposizione datato 1178, già parte di un pulpito quadrangolare, oggi collocata alla destra del transetto del Duomo di Parma.
Fra il 1170 e il 1190 Benedetto Antelami fu anche impegnato nella costruzione del Duomo di Borgo San Donnino, l'attuale Fidenza, eseguendo i rilievi della facciata, rimasta incompiuta. Dal 1196 guidò i lavori di costruzione e decorazione del Battistero di Parma, che rappresentano il suo capolavoro in stile romanico. Per esso realizzò i meravigliosi rilievi policromi dei portali e la decorazione degli interni in cui si possono ammirare sculture di tema religioso, (la Fuga dall'Egitto la presentazione di Gesù al tempio) e profano, quali la raffigurazione dei “mesi” e delle stagioni.
Vengono attribuiti a Benedetto anche il progetto per la chiesa di Sant’Andrea a Vercelli, primo esempio in Italia di gotico francese, e due sculture di leoni nella chiesa di San Lorenzo a Genova, parte di un perduto pulpito.
Etichette:
medioevo,
storia dell'arte
mercoledì 6 maggio 2009
Roma: i re sabini. La prima espansione contro Alba Longa
La struttura istituzionale della primitiva città di Roma vedeva al governo un re di solito affiancato da un assemblea senatoria composta da i membri delle più importanti famiglie, i patres familias. Secondo la tradizione la prima fase dell’età monarchica sarebbe stata caratterizzata dall’alternanza fra re latini e sabini ma in realtà le figure di Tito Tazio, Numa Pompilio, Tulio Ostilio, Anco Marzio, sono in un modo o nell’altro di estrazione sabina: anche la doppia denominazione è rivelatrice dell’origine sabina. Proprio nel Quirinale, il colle da cui partì l’espansione sabina, è attestato attorno al 700 a.C la presenza del primo vero luogo di culto: vi si ricorda un Capitolium vetus, anteriore quindi al Capitolium vero e proprio che diventerà il vero centro sacrale di Roma, opera successivamente dei re di origine etrusca.
Anche la guerra condotta da Tulio Ostilio contro Alba Longa testimonia della prevalenza dei Sabini: sarebbe impossibile spiegare una tale azione militare compiuta da re discendenti dai Colli Albani. Anche la spinta espansionistica di Anco Marzio verso la foce del Tevere è compatibile con gli interessi dei Sabini ad acquisire il controllo delle saline, tramite cui rifornire di sale l’entroterra dove abitavano i popoli appenninici.
Sia la guerra contro Alba longa sia l’espansione lungo la foce del Tevere devono ritenersi spedizioni storicamente accadute. Esse testimoniano l’esistenza di un’organizzazione militare di un certo rilievo facente riferimento alla prima assemblea pubblica di Roma, quella curiata, che sarebbe stata successivamente sopravanzata in importanza da quella centuriata ma che in età antica inquadrava la popolazione ai fini militari suddividendole in trenta curie , dieci per ognuna delle tre tribù genetiche di Roma ovverosia, i Ramni, dei Tizi e dei Luceri , quest’ultima di origine etrusca. In base a quest’organizzazione la Roma più antica poteva disporre di un esercito di 3000 fanti e 300 cavalieri il che presupponeva un abitato già consistentemente popolato, i cui confini erano segnati a ovest dal Tevere, a est dall’Aniene , mentre a sud il territorio non doveva estendersi oltre gli 7-8 km dall’abitato.
Anche la guerra condotta da Tulio Ostilio contro Alba Longa testimonia della prevalenza dei Sabini: sarebbe impossibile spiegare una tale azione militare compiuta da re discendenti dai Colli Albani. Anche la spinta espansionistica di Anco Marzio verso la foce del Tevere è compatibile con gli interessi dei Sabini ad acquisire il controllo delle saline, tramite cui rifornire di sale l’entroterra dove abitavano i popoli appenninici.
Sia la guerra contro Alba longa sia l’espansione lungo la foce del Tevere devono ritenersi spedizioni storicamente accadute. Esse testimoniano l’esistenza di un’organizzazione militare di un certo rilievo facente riferimento alla prima assemblea pubblica di Roma, quella curiata, che sarebbe stata successivamente sopravanzata in importanza da quella centuriata ma che in età antica inquadrava la popolazione ai fini militari suddividendole in trenta curie , dieci per ognuna delle tre tribù genetiche di Roma ovverosia, i Ramni, dei Tizi e dei Luceri , quest’ultima di origine etrusca. In base a quest’organizzazione la Roma più antica poteva disporre di un esercito di 3000 fanti e 300 cavalieri il che presupponeva un abitato già consistentemente popolato, i cui confini erano segnati a ovest dal Tevere, a est dall’Aniene , mentre a sud il territorio non doveva estendersi oltre gli 7-8 km dall’abitato.
Etichette:
Alba Longa,
re di Roma,
Roma
giovedì 16 aprile 2009
Gli Unni invadono l'Europa e l'impero romano
Abbiamo poche notizie sugli inizi della storia europea degli unni. Il primo fatto di cui abbiamo notizia è l'attacco degli unni nel 374-375, in Ucraina, contro i goti, con il il loro re, Ermanrico, indotto a suicidarsi dopo essere stato sconfitto in battaglia. Nel 396 gli Unni occuparono le pianure della Pannonia, nell'attuale Romania, estendendo il loro dominio dalle Alpi orientali al mar Nero, e creando uno stato, anche se piuttosto primitivo, che si formò sotto i re Uldin e Mundziuch.
Le spinte degli unni provocarono all'inizio solo spostamenti di popolazioni minori di origine turca: i sabiri si trasferirono dalla Siberia al Nord del Caucaso arrivando a scontrarsi con i bizantini a est del mar Nero; gli uguri a loro volta spinti dai sabiri, mossero all'inizio del V secolo dalle steppe dell'Ural per quelle del Volga. Dopo aver fatto , alla fine del sec. VI, brevi incursioni nei Balcani, gli uguri saranno tra le etnie che che daranno origine al popolo bulgaro nel sec. VII e al popolo ungherese nell'VIII; inoltre i vecchi turchi pur senza attraversare il Volga, ebbero nel sec. VI frequenti contatti coi bizantini. Nessuna di queste popolazioni ha avuto un ruolo importante nella storia europea; saranno invece gli avari, presentatisi attorno al 461 sulla scena europea, a giocare un importante ruolo nel continente per circa tre secoli.
Al contrario di ciò che si pensa comunemente, gli Unni all'inizio non furono affatto nemici di Roma: dopo la distruzione dello stato gotico d'Ucraina essi ebbero relazioni pacifiche con l'impero d'Oriente, cosa che permise addirittura il loro pacifico insediamento in Pannonia nel 390. In quel periodo erano i Visigoti di Alarico la principale minaccia, sopratutto nei Balcani, e Unni e bizantini strinsero un amicizia contro il comune pericolo. Ma quando i goti si spostarono verso l'Italia ( attorno al 408) cominciarono le tensioni per il tentativo del re unno Uldin di stabilirsi in Tracia e in Mesia. L'Occidente, non subendo dirette minacce da parte degli unni sviluppò per circa mezzo secolo una politica d'intesa con gli unni. A sostenere questa politica fu sopratutto il generale romano Ezio che avendo passato la sua giovinezza, a partire dal 406, come ostaggio presso gli Unni, ammirava le capacità militari di questo popolo e che per favorire questa alleanza poteva mettere a disposizione le relazioni personali intessute durante quel periodo. Ezio ricorse sovente all'aiuto degli Unni, contro i visigoti nel 427, contro i franchi nel 428, contro i burgundi nel 430, e quando cadde in disgrazia si rifugiò presso di loro aiutandoli in cambio a consolidarsi in Pannonia.
Paradossalmente fu proprio Ezio, con la creazione di uno Stato unno, a creare i presupposti per trasformare questo popolo da alleato a pericolosa minaccia per Roma. Questo processo di istituzionalizzazione avvenne tra il 424 e il 434 e furono i re Mundziuch e Rua, rispettivamente padre e zio di Attila, a darvi impulso. Si presume che che il modello adottato fu quello dello stato sasanide; influenza iraniche le ritroviamo infatti nell'arte unna e elementi come la prostrazione al sovrano ( proskunesis), la libagione e il diadema come segno di regalità sembrano importati proprio dal cerimoniale di quell'impero mediorientale.
All'antica struttura tribale venne sostituendosi, attorno alla regalità ereditaria, il dominio di un'aristocrazia arricchitasi coi bottini. Questa classe comprendeva oltre ai veri Unni, anche dei germani e anche qualche romano di Pannonia, e tra questi ultimi vi era Oreste (il padre del futuro imperatore Romolo Augustolo). Stando a quanto riferito da Prisko, ambasciatore venuto da Costantinopoli nel 449, Attila cercò di dotare il regno di una capitale affiancando al suo accampamento mobile un palazzo costruito in legno e delle terme di pietra, costruiti con materiali importati dall'impero.
Gli Unni avevano ereditato la struttura bellica tipica delle tribù nomadi: la cavalleria , era numerosa, infaticabile, abituata alla tattica degli arcieri orientali. Incerta rimane l'esistenza di una cavalleria corazzata sul modello iranico. A completare l'equipaggiamento l'arco con frecce triangolari, la sella di legno, la frusta, il laccio, la spada a uno o due trancianti,
Lo stato unno al tempo di Attila comprendeva le attuali Ungheria e Romania: solo la parte orientale della pustza era territorio gestito con continuità dagli Unni, i quali però inviavano le avanguardie nelle pianure adiacenti, in Serbia, Valacchia e Ucraina. Durante il regno di Attila gli Unni furono il popolo guida del mondo barbaro, estendendo i loro usi a molti popoli germanici, in particolare i burgundi.
Rua era stato colui che aveva riunto tutti gli unni che in precedenza si erano spesso divisi in numerose orde, alcune delle quali erano state utilizzate dall'Impero contro altri barbari (436). L'opera di Rua venne consolidata da Attila: questi condusse gli Unni ( inizialmente assieme al fratello Bleda che fece poi uccidere) trascinando con se un gran numero di tribù germaniche, ad attaccare l'Impero romano d'Oriente e d'Occidente (441-452), ottenendo numerose vittorie anche in virtù dell'impiego magistrale della cavalleria. Attila morì improvvisamente nel 453 mentre si stava preparando a scendere di nuovo in Italia. I suoi figli Ellac ed Ernac si contesero il potere: di questa disputa interna approfittarono i popoli germani satelliti per riacquisire la loro autonomia. Ellac attaccò i rivoltosi e fu vinto e ucciso sul fiume Nedao, in Pannonia (454). Questo rovescio segnò il declino definitivo degli Unni che si ridussero al livello di tribù e tornarono a dividersi: alcuni gruppi che si stanziarono a sud del Danubio si misero al servizio dell'impero d'Oriente ; altri restarono nella Pannonia orientale, in qualità di Roma, ; altri ancora, fecero ritorno alla steppa ucraina. Gli ultimi due figli di Attila, Ernac e Dengizik, fecero un ulteriore guerra interna determinando la rovina completa degli unni. Ancora fino Il loro nome sarà sporadicamente ricordato fino all'imperatore di Zanone (474-491)per poi cadere nel dimenticatoio .
Le spinte degli unni provocarono all'inizio solo spostamenti di popolazioni minori di origine turca: i sabiri si trasferirono dalla Siberia al Nord del Caucaso arrivando a scontrarsi con i bizantini a est del mar Nero; gli uguri a loro volta spinti dai sabiri, mossero all'inizio del V secolo dalle steppe dell'Ural per quelle del Volga. Dopo aver fatto , alla fine del sec. VI, brevi incursioni nei Balcani, gli uguri saranno tra le etnie che che daranno origine al popolo bulgaro nel sec. VII e al popolo ungherese nell'VIII; inoltre i vecchi turchi pur senza attraversare il Volga, ebbero nel sec. VI frequenti contatti coi bizantini. Nessuna di queste popolazioni ha avuto un ruolo importante nella storia europea; saranno invece gli avari, presentatisi attorno al 461 sulla scena europea, a giocare un importante ruolo nel continente per circa tre secoli.
Al contrario di ciò che si pensa comunemente, gli Unni all'inizio non furono affatto nemici di Roma: dopo la distruzione dello stato gotico d'Ucraina essi ebbero relazioni pacifiche con l'impero d'Oriente, cosa che permise addirittura il loro pacifico insediamento in Pannonia nel 390. In quel periodo erano i Visigoti di Alarico la principale minaccia, sopratutto nei Balcani, e Unni e bizantini strinsero un amicizia contro il comune pericolo. Ma quando i goti si spostarono verso l'Italia ( attorno al 408) cominciarono le tensioni per il tentativo del re unno Uldin di stabilirsi in Tracia e in Mesia. L'Occidente, non subendo dirette minacce da parte degli unni sviluppò per circa mezzo secolo una politica d'intesa con gli unni. A sostenere questa politica fu sopratutto il generale romano Ezio che avendo passato la sua giovinezza, a partire dal 406, come ostaggio presso gli Unni, ammirava le capacità militari di questo popolo e che per favorire questa alleanza poteva mettere a disposizione le relazioni personali intessute durante quel periodo. Ezio ricorse sovente all'aiuto degli Unni, contro i visigoti nel 427, contro i franchi nel 428, contro i burgundi nel 430, e quando cadde in disgrazia si rifugiò presso di loro aiutandoli in cambio a consolidarsi in Pannonia.
Paradossalmente fu proprio Ezio, con la creazione di uno Stato unno, a creare i presupposti per trasformare questo popolo da alleato a pericolosa minaccia per Roma. Questo processo di istituzionalizzazione avvenne tra il 424 e il 434 e furono i re Mundziuch e Rua, rispettivamente padre e zio di Attila, a darvi impulso. Si presume che che il modello adottato fu quello dello stato sasanide; influenza iraniche le ritroviamo infatti nell'arte unna e elementi come la prostrazione al sovrano ( proskunesis), la libagione e il diadema come segno di regalità sembrano importati proprio dal cerimoniale di quell'impero mediorientale.
All'antica struttura tribale venne sostituendosi, attorno alla regalità ereditaria, il dominio di un'aristocrazia arricchitasi coi bottini. Questa classe comprendeva oltre ai veri Unni, anche dei germani e anche qualche romano di Pannonia, e tra questi ultimi vi era Oreste (il padre del futuro imperatore Romolo Augustolo). Stando a quanto riferito da Prisko, ambasciatore venuto da Costantinopoli nel 449, Attila cercò di dotare il regno di una capitale affiancando al suo accampamento mobile un palazzo costruito in legno e delle terme di pietra, costruiti con materiali importati dall'impero.
Gli Unni avevano ereditato la struttura bellica tipica delle tribù nomadi: la cavalleria , era numerosa, infaticabile, abituata alla tattica degli arcieri orientali. Incerta rimane l'esistenza di una cavalleria corazzata sul modello iranico. A completare l'equipaggiamento l'arco con frecce triangolari, la sella di legno, la frusta, il laccio, la spada a uno o due trancianti,
Lo stato unno al tempo di Attila comprendeva le attuali Ungheria e Romania: solo la parte orientale della pustza era territorio gestito con continuità dagli Unni, i quali però inviavano le avanguardie nelle pianure adiacenti, in Serbia, Valacchia e Ucraina. Durante il regno di Attila gli Unni furono il popolo guida del mondo barbaro, estendendo i loro usi a molti popoli germanici, in particolare i burgundi.
Rua era stato colui che aveva riunto tutti gli unni che in precedenza si erano spesso divisi in numerose orde, alcune delle quali erano state utilizzate dall'Impero contro altri barbari (436). L'opera di Rua venne consolidata da Attila: questi condusse gli Unni ( inizialmente assieme al fratello Bleda che fece poi uccidere) trascinando con se un gran numero di tribù germaniche, ad attaccare l'Impero romano d'Oriente e d'Occidente (441-452), ottenendo numerose vittorie anche in virtù dell'impiego magistrale della cavalleria. Attila morì improvvisamente nel 453 mentre si stava preparando a scendere di nuovo in Italia. I suoi figli Ellac ed Ernac si contesero il potere: di questa disputa interna approfittarono i popoli germani satelliti per riacquisire la loro autonomia. Ellac attaccò i rivoltosi e fu vinto e ucciso sul fiume Nedao, in Pannonia (454). Questo rovescio segnò il declino definitivo degli Unni che si ridussero al livello di tribù e tornarono a dividersi: alcuni gruppi che si stanziarono a sud del Danubio si misero al servizio dell'impero d'Oriente ; altri restarono nella Pannonia orientale, in qualità di Roma, ; altri ancora, fecero ritorno alla steppa ucraina. Gli ultimi due figli di Attila, Ernac e Dengizik, fecero un ulteriore guerra interna determinando la rovina completa degli unni. Ancora fino Il loro nome sarà sporadicamente ricordato fino all'imperatore di Zanone (474-491)per poi cadere nel dimenticatoio .
Etichette:
invasioni barbariche,
unni
giovedì 26 marzo 2009
Le origini degli Unni. Il popolo hsiung-nu
L'origine degli unni è incerta: per alcuni sarebbero di stirpe turca. Un ipotesi li identifica con gli hsiung-nu, che la coeva storiografia cinese descrive come un bellicoso popolo di pastori stanziati alla frontiera mongola della Cina. A ogni modo avevano costumi originali: le fonti europee li descrivono come l'incarnazione della barbarie rasati, usi a praticare deformazione cranica e a sopprimere i vecchi, cremavano i loro morti ed erano poligami .
Gruppi di hsiung-hu invasero dopo il 35o d.c le province orientali dell'impero persiano dei Sasanidi , altri fecero la cloro comparsa nella pinura russa a ovest del Volga frapoonendosi tra gli alani e i goti .
Gli hsiun-nu prima si allearono con il re sasanide Sapore II e quindi parteciparono a una campagna contro i romani in Mesopotamia (di cui parla parla lo storico Ammiano Marcellino) fondando una nuova potenza nell'Iran orientale a spese del dominio sasanide. Negli ultimi decenni del sec. IV si affermò nella Battriana ( nell'Asia centrale) il capo Kidara da cui il nome di kidariti, citati dallo storico greco degli Unni Prisco di Panio. Un altra stirpe di Unni, gli eftaliti o Unni bianchi tra la fine del sec. IV e l'inizio del V, soppiantò i kidariti nella Battriana e li ricacciò nel Punjab. Gli Unni bianchi per deccni costituirono una minaccia alla sicurezza dell'Iranm a i sasanidi guidati da Cosroe I il Grande li sconfisse nel 557, con l'aiuto dei turchi. Le fonti indiane registrano all'inizio del sec. VI incursioni nel nel Punjab e nell'India Occidentale di un popolo huna. Certamente si trattava di Unni probabilmente kidariti e poi eftaliti. Gli huna contribuirono alla dissoluzione dell'impero gupta; nel 510 il loro capo Toramana, controllava più o meno direttamente una grossa fetta dell'India. Ma il suo successore, Mihirakula, fu scacciato intorno al 525 dalle pianure indiane mantenendosi ancora nel Kashmir. In seguito gli eftaliti persero le loro specificità etniche confondendosi con le altre popolazioni indiane.individualità etnica.
Gruppi di hsiung-hu invasero dopo il 35o d.c le province orientali dell'impero persiano dei Sasanidi , altri fecero la cloro comparsa nella pinura russa a ovest del Volga frapoonendosi tra gli alani e i goti .
Gli hsiun-nu prima si allearono con il re sasanide Sapore II e quindi parteciparono a una campagna contro i romani in Mesopotamia (di cui parla parla lo storico Ammiano Marcellino) fondando una nuova potenza nell'Iran orientale a spese del dominio sasanide. Negli ultimi decenni del sec. IV si affermò nella Battriana ( nell'Asia centrale) il capo Kidara da cui il nome di kidariti, citati dallo storico greco degli Unni Prisco di Panio. Un altra stirpe di Unni, gli eftaliti o Unni bianchi tra la fine del sec. IV e l'inizio del V, soppiantò i kidariti nella Battriana e li ricacciò nel Punjab. Gli Unni bianchi per deccni costituirono una minaccia alla sicurezza dell'Iranm a i sasanidi guidati da Cosroe I il Grande li sconfisse nel 557, con l'aiuto dei turchi. Le fonti indiane registrano all'inizio del sec. VI incursioni nel nel Punjab e nell'India Occidentale di un popolo huna. Certamente si trattava di Unni probabilmente kidariti e poi eftaliti. Gli huna contribuirono alla dissoluzione dell'impero gupta; nel 510 il loro capo Toramana, controllava più o meno direttamente una grossa fetta dell'India. Ma il suo successore, Mihirakula, fu scacciato intorno al 525 dalle pianure indiane mantenendosi ancora nel Kashmir. In seguito gli eftaliti persero le loro specificità etniche confondendosi con le altre popolazioni indiane.individualità etnica.
Etichette:
invasioni barbariche,
unni
domenica 22 marzo 2009
L'origine di Roma: la verità storica. La fusione tra Sabini e Septimontium
Secondo un calcolo di Varrone la data a cui far risalire la fondazione di Roma sarebbe il 754 a.C. Ma questa data è il risultato di calcolo artificioso effettuato partendo dal 509 a.C. anno a cui risalirebbe la fine della monarchia per poi procedere a ritroso ipotizzando una durata media di 35 anni di regno per ciascuno dei sette re attribuiti a Roma dalla tradizione.
La realtà è che Roma non nacque da un giorno all’altro ma si formò dalla progressiva fusione di villaggi preesistenti. L’importanza del sito di Roma è già notevole al tempo dell’età del Bronzo: in essa si incrociavano la via che dall’Etruria conduceva in Campania e la via del sale che dall’entroterra appenninico conduceva fino alla foce del Tevere dove si trovavano le saline. La festa del Septimontium che si celebrava ancora in epoca storica con sacrifici nei siti dei colli Palatino, Esqulino, Celio è il retaggio dell’antica federazione tra quei villaggi situati nei montes a cui successivamente furono inclusi gli insediamenti abitativi successivamente formatesi negli avvallamenti intermedi . L’indole bellicosa di quelle popolazioni è testimoniata dal ritrovamento di arma da combattimento nel corredo funerario di alcune tombe del VII sec. Le tombe ritrovate sul colle palatino sono a incinerazione, analogamente a quelle ritrovate sui colli albani. Poiché la tradizione insiste nel sottolineare come Roma sia stata in origine una colonia di Alba Longa, questo particolare archeologico sembra confermarci come il sito del Palatino sia stato abitato da uomini originari proprio dei colli albani. Successivamente avvenne la graduale fusione con gli abitanti dei colli Celio e Esquilino, l’ultimo dei quali si presumo essere abitato da popolazioni di origine appenninica visto che vi sono state trovate delle tombe a inumazione.
Se Roma non era stata ancora fondata tuttavia la già esistente federazione tra i villaggi ne era il presupposto : e i suoi abitanti erano i Ramnes, cioè coloro che abitano vicino al fiume , nel linguaggio locale, Rumon. L’impulso alla trasformazione in città lo diede l’insediamento di gruppi di Sabini nel colle del Quirinale che avevano interesse ad avere libero il passaggio del fiume per poter rifornirsi di sale da inviare ai Sabini che si trovavano nell’entroterra appenninico. Divenne inevitabile il contrasto tra i Sabini, identificati nei Tities e i Ramnes, identificabile nel mito del ratto delle Sabine. A prevalere furono i gruppi Sabini che procedettero all’unificazione con i villaggi del Septimontium , che diede origine alla città vera e propria.
La realtà è che Roma non nacque da un giorno all’altro ma si formò dalla progressiva fusione di villaggi preesistenti. L’importanza del sito di Roma è già notevole al tempo dell’età del Bronzo: in essa si incrociavano la via che dall’Etruria conduceva in Campania e la via del sale che dall’entroterra appenninico conduceva fino alla foce del Tevere dove si trovavano le saline. La festa del Septimontium che si celebrava ancora in epoca storica con sacrifici nei siti dei colli Palatino, Esqulino, Celio è il retaggio dell’antica federazione tra quei villaggi situati nei montes a cui successivamente furono inclusi gli insediamenti abitativi successivamente formatesi negli avvallamenti intermedi . L’indole bellicosa di quelle popolazioni è testimoniata dal ritrovamento di arma da combattimento nel corredo funerario di alcune tombe del VII sec. Le tombe ritrovate sul colle palatino sono a incinerazione, analogamente a quelle ritrovate sui colli albani. Poiché la tradizione insiste nel sottolineare come Roma sia stata in origine una colonia di Alba Longa, questo particolare archeologico sembra confermarci come il sito del Palatino sia stato abitato da uomini originari proprio dei colli albani. Successivamente avvenne la graduale fusione con gli abitanti dei colli Celio e Esquilino, l’ultimo dei quali si presumo essere abitato da popolazioni di origine appenninica visto che vi sono state trovate delle tombe a inumazione.
Se Roma non era stata ancora fondata tuttavia la già esistente federazione tra i villaggi ne era il presupposto : e i suoi abitanti erano i Ramnes, cioè coloro che abitano vicino al fiume , nel linguaggio locale, Rumon. L’impulso alla trasformazione in città lo diede l’insediamento di gruppi di Sabini nel colle del Quirinale che avevano interesse ad avere libero il passaggio del fiume per poter rifornirsi di sale da inviare ai Sabini che si trovavano nell’entroterra appenninico. Divenne inevitabile il contrasto tra i Sabini, identificati nei Tities e i Ramnes, identificabile nel mito del ratto delle Sabine. A prevalere furono i gruppi Sabini che procedettero all’unificazione con i villaggi del Septimontium , che diede origine alla città vera e propria.
Etichette:
Alba Longa,
Roma
INDICE. ROMA. PERIODO MONARCHICO
La fondazione di Roma secondo la leggenda. Il ciclo troiano latino e il ciclo sabino
ROMOLO E LA PRIMA COSTITUZIONE DI ROMA
Numa Pompilio
L'origine di Roma: la verità storica. La fusione tra Sabini e Septimontium
Roma: i re sabini. La prima espansione contro Alba Longa
Tarquinio Prisco, Servio Tullio, Tarquinio il Superbo: la fase etrusca della monarchia di Roma
L'espansione di Roma durante l'ultima fase regia
La Gens nell'antica Roma. Origine e significato storico
La cacciata di Tarquinio il Superbo da Roma. Porsenna e l'offensiva etrusca
Il crollo della monarchia a Roma. La storia conferma la tradizione
ROMOLO E LA PRIMA COSTITUZIONE DI ROMA
Numa Pompilio
L'origine di Roma: la verità storica. La fusione tra Sabini e Septimontium
Roma: i re sabini. La prima espansione contro Alba Longa
Tarquinio Prisco, Servio Tullio, Tarquinio il Superbo: la fase etrusca della monarchia di Roma
L'espansione di Roma durante l'ultima fase regia
La Gens nell'antica Roma. Origine e significato storico
La cacciata di Tarquinio il Superbo da Roma. Porsenna e l'offensiva etrusca
Il crollo della monarchia a Roma. La storia conferma la tradizione
sabato 14 marzo 2009
I Visigoti. Da Alarico al regno di Tolosa. Il controllo della Spagna e il regno di Toledo.
I Visigoti, originari della Scandinavia,si convertirono parzialmente all'arianesimo con Ulfila. Si tratta del ramo occidentale del gruppo dei goti. Dopo essere stati tenuti a nord del Danubio dai Romani e pressati dagli Unni furono accolti dall'imperatore Valente e si stabilirono nel 376 in Tracia, nei Carpazi e nella Moldavia.
Poco dopo però si ribellarono alle condizioni con cui erano stati accolti e fissatisi nella Tracia e sconfissero lo stesso imperatore ad Adrianopoli (378). Raggiunsero un foedus con l'imperatore Teodosio solo nel 382, in cambio di terre nella Mesia, ma la pace durò poco; nel 392 Stilicone ne impose il rinnovo ad Alarico che però nel 395 alla morte di Teodosio riprese le incursioni devastando prima i Balcani, poi tutta la Grecia e infine nel 397 ottenendo il controllo dell'Epiro.
Dopo una nuova rivolta, nel 401 egli condusse i Visigoti in Italia. Dopo aver conquistato snza resistenze Venezia e Milano, furono respinti una prima volta ancora da Stilicone, (battaglia di Pollenzo, 402). Firmarono un trattato che li condusse temporaneamente in Dalmazia e nel Norico. Ma nel 408 Alarico ruppe il patto e invase per la seconda volta l'Italia giunse fino a Roma, che fu saccheggiata (410) nell'impossibilità di giungere a un accordo con l'imperatore. Quindi Alarico puntò verso sud avendo come meta l'Africa, ma i Visigoti dovettero rinunciare al progetto di passare in Sicilia a causa della mancanza di navi.
Dopo la morte di Alarico, fu il cognato Ataulfo a intraprendere la riconciliazione con l'impero: con il consenso dell'imperatore d'occidente Onorio, condusse i Visigoti verso nord: nel 412 prese il possesso della Gallia Narbonese, acquisendo anche l'Aquitania con Tolosa e Bordeaux (413). Per consolidare la pace, Ataulfo sposò Galla Placidia, sorella di Onorio (414) eformò un rudimentale governo gestito aristocratici aquitani. Ma fu il nuovo re Wallia, con un accordo con l'impero (416), a creare il regno di Tolosa, primo esempio di regno barbarico in territorio romano . negli anni successivi Wallia spedizione contro Vandali, Alani e Svevi in Spagna. Teodorico I (418-51) rispettò il patto federativo, fornendo aiuto militare ai romani: combatte Teodorico I (419-451) combatté con Ezio contro Attila e morì ai Campi Catalaunici ; il figlio Teodorico II (453-66)continuò la collaborazione con gli imperatori romani ed ebbe un governo moderato; il fratello Eurico (466-84) portò il regno di Tolosa al suo apogeo, conquistando la Gallia centrale, l'Alvernia, parte della Provenza e quasi tutta la Spagna su cui pose un protettorato e, con la fine dell'Impero d'Occidente (476), realizzò la piena indipendenza formale del regno . Eurico si servì dell'esperienza amministrativa dei quadri romani e nominò conti e duchi sudditi appartenenti indifferentemente a romani e goti.
Tuttavia le due anime del regno di Tolosa fecero molta fatica a convivere a causa del fanatismo dei Visigoti ariani, che tendeva a opprimere la maggioranza della popolazione , romanizzata e cattolica, e ciò ebbe gravi ripercussioni sulla solidità interna del regno. Il figlio di Eurico, Alarico II (484-507), dovette subire i continui attacchi dei Franchi di Clodoveo e malgrado l'emanazione della Lex Romana Visigothorum , contenente disposizioni più favorevoli ai sudditi romanizzati e cattolici, fu sconfitto e ucciso (Vouillé, 507); sostenuti dagli ostrogoti, ivisgoti dovettero cedere la parte francese ( compresa Tolosa) del regno ai Franchi mentre conservarono la Spagna spostando la capitale a Toledo. Alla morte di Alamarico, (507-531) che era riuscito a governare pur con enormi difficoltà grazie al sostegno degli ostrogoti, la dinastia si estinse.
la guida del regno fu assunta da due ostrogoti, Teudi e Teodisclo, (531-549); quindi, il potere tornò al visigoto Agila, la cui intolleranza religiosa gli alienò il Sud del regno, tutto romano. Successivamente attorno alla corte di Toledo i Visigoti cercarono di ricostituire l'unità spagnola del regno convertendosi al cristianesimo. La conquista musulmana della penisola iberica (711) pose fine definitivamente al regno dei Visigoti.
Poco dopo però si ribellarono alle condizioni con cui erano stati accolti e fissatisi nella Tracia e sconfissero lo stesso imperatore ad Adrianopoli (378). Raggiunsero un foedus con l'imperatore Teodosio solo nel 382, in cambio di terre nella Mesia, ma la pace durò poco; nel 392 Stilicone ne impose il rinnovo ad Alarico che però nel 395 alla morte di Teodosio riprese le incursioni devastando prima i Balcani, poi tutta la Grecia e infine nel 397 ottenendo il controllo dell'Epiro.
Dopo una nuova rivolta, nel 401 egli condusse i Visigoti in Italia. Dopo aver conquistato snza resistenze Venezia e Milano, furono respinti una prima volta ancora da Stilicone, (battaglia di Pollenzo, 402). Firmarono un trattato che li condusse temporaneamente in Dalmazia e nel Norico. Ma nel 408 Alarico ruppe il patto e invase per la seconda volta l'Italia giunse fino a Roma, che fu saccheggiata (410) nell'impossibilità di giungere a un accordo con l'imperatore. Quindi Alarico puntò verso sud avendo come meta l'Africa, ma i Visigoti dovettero rinunciare al progetto di passare in Sicilia a causa della mancanza di navi.
Dopo la morte di Alarico, fu il cognato Ataulfo a intraprendere la riconciliazione con l'impero: con il consenso dell'imperatore d'occidente Onorio, condusse i Visigoti verso nord: nel 412 prese il possesso della Gallia Narbonese, acquisendo anche l'Aquitania con Tolosa e Bordeaux (413). Per consolidare la pace, Ataulfo sposò Galla Placidia, sorella di Onorio (414) eformò un rudimentale governo gestito aristocratici aquitani. Ma fu il nuovo re Wallia, con un accordo con l'impero (416), a creare il regno di Tolosa, primo esempio di regno barbarico in territorio romano . negli anni successivi Wallia spedizione contro Vandali, Alani e Svevi in Spagna. Teodorico I (418-51) rispettò il patto federativo, fornendo aiuto militare ai romani: combatte Teodorico I (419-451) combatté con Ezio contro Attila e morì ai Campi Catalaunici ; il figlio Teodorico II (453-66)continuò la collaborazione con gli imperatori romani ed ebbe un governo moderato; il fratello Eurico (466-84) portò il regno di Tolosa al suo apogeo, conquistando la Gallia centrale, l'Alvernia, parte della Provenza e quasi tutta la Spagna su cui pose un protettorato e, con la fine dell'Impero d'Occidente (476), realizzò la piena indipendenza formale del regno . Eurico si servì dell'esperienza amministrativa dei quadri romani e nominò conti e duchi sudditi appartenenti indifferentemente a romani e goti.
Tuttavia le due anime del regno di Tolosa fecero molta fatica a convivere a causa del fanatismo dei Visigoti ariani, che tendeva a opprimere la maggioranza della popolazione , romanizzata e cattolica, e ciò ebbe gravi ripercussioni sulla solidità interna del regno. Il figlio di Eurico, Alarico II (484-507), dovette subire i continui attacchi dei Franchi di Clodoveo e malgrado l'emanazione della Lex Romana Visigothorum , contenente disposizioni più favorevoli ai sudditi romanizzati e cattolici, fu sconfitto e ucciso (Vouillé, 507); sostenuti dagli ostrogoti, ivisgoti dovettero cedere la parte francese ( compresa Tolosa) del regno ai Franchi mentre conservarono la Spagna spostando la capitale a Toledo. Alla morte di Alamarico, (507-531) che era riuscito a governare pur con enormi difficoltà grazie al sostegno degli ostrogoti, la dinastia si estinse.
la guida del regno fu assunta da due ostrogoti, Teudi e Teodisclo, (531-549); quindi, il potere tornò al visigoto Agila, la cui intolleranza religiosa gli alienò il Sud del regno, tutto romano. Successivamente attorno alla corte di Toledo i Visigoti cercarono di ricostituire l'unità spagnola del regno convertendosi al cristianesimo. La conquista musulmana della penisola iberica (711) pose fine definitivamente al regno dei Visigoti.
Etichette:
invasioni barbariche
INDICE. LE INVASIONI BARBARICHE
Le origini degli Unni. Il popolo hsiung-nu
Gli Unni invadono l'Europa e l'impero romano
Gli Alamanni dalle origini alla sottomissione ai Franchi
I Visigoti. Da Alarico al regno di Tolosa. Il controllo della Spagna e il regno di Toledo.
I Vandali
2 giugno 455: il sacco di Roma dei Vandali di Genserico ( cronaca di Ferdinand Gregorovius)
La personalità del diritto nei regni romano barbarici
476: cade l'impero romano d'Occidente. Ma nessuno se ne accorge.
Gli Unni invadono l'Europa e l'impero romano
Gli Alamanni dalle origini alla sottomissione ai Franchi
I Visigoti. Da Alarico al regno di Tolosa. Il controllo della Spagna e il regno di Toledo.
I Vandali
2 giugno 455: il sacco di Roma dei Vandali di Genserico ( cronaca di Ferdinand Gregorovius)
La personalità del diritto nei regni romano barbarici
476: cade l'impero romano d'Occidente. Ma nessuno se ne accorge.
lunedì 9 marzo 2009
Lo storico negazionista David Irving organizza un asta di cimeli nazisti

David Irving, lo storico britannico negazionista dell'olocausto fa ancora parlare di se per una singolare iniziativa: ha messo in piedi un sito Internet per la vendita di cimeli nazisti. Tra le nazi memorabilia esposte nel sito già ridenominato "Naz-e-bay" vi sono un regalo di battesimo fatto dal comandante delle SS Heinrich Himmler alla figlia del comandante della Lutwaffe Hermann Goering, , un bastone da passeggio appartenuto al Fuhrer, foto relative al Terzo Reich, e una ciocca di capelli e frammenti ossei che si ritine possano essere di Hitler. Irving precisa però che l'autentificazione dei resti umani è ancora in corso. Irving autentica gli oggetti proposti e ottiene una commissione del 15%.
DI SEGUITO INSERISCO ALCUNI LINK AL SITO NAZ-EBAY
http://www.fpp.co.uk/shop/Ealing/photos_misc/index_2.html
http://www.fpp.co.uk/shop/Ealing/photos_misc/index_1.html
http://www.fpp.co.uk/shop/Ealing/Gehstock/index.html
http://www.fpp.co.uk/shop/Wuest/Taufbecher_Eddas/index.html
domenica 8 marzo 2009
Arnolfo di Cambio
Arnolfo è documentato come attivo nella bottega di Nicolò Pisano fra il 1265 e il 1267 per la costruzione del pulpito del Duomo di Siena e forse anche dell'arca di San Domenico a Bologna. Del maestro seguì la linea classicista a cui aggiunse una ricerca di uno dimensione più razionale nelle strutture architettoniche In virtù delle sue aperture verso il gotico transalpino riguardanti sopratutto le innovazioni architettoniche c'è chi ipotizza anche che la sua formazione sia avvenuta anche nel cantiere cistercense della chiesa di San Galgano, in provincia di Siena
Alla fine degli anni Settanta lo scultore si reca in Umbria, probabilmente al seguito della bottega di Nicola e Giovanni Pisano a cui venne commissionata la Fontana Maggiore a Perugia. Sicuramente di Arnolfo è la Fontana Minore di Perugia, oggi smembrata.
In quello stesso periodo gli vengono commissionati molti lavori anche a Roma: Per Carlo d’Angiò nel 1277 eseguì un grande ritratto marmoreo conservato oggi nei Musei Capitolini, espressione di un maestoso classicismo, e parte di un monumento celebrativo oggi perduto. Arnolfo esegue delle opere anche per la chiesa romana; è suo il monumento sepolcrale di Bonifacio VIII, un tempo facente parte della controfacciata dell'antica basilica di San Pietro e oggi conservato in parte nelle grotte vaticane.

negli anni Novanta Arnolfo rientrò a Firenze: qui gli venne affidato il progetto per la cattedrale di Santa Maria del Fiore, per la quale fu posta la prima pietra nel 1296; per la facciata di quella Chiesa eseguì anche alcuni gruppi scultorei conservati nel Museo dell’Opera del Duomo. A Arnolfo di Cambio vengono tradizionalmente attribuiti nell'ultima parte della sua vita, ( morì nel 1302) i progetti della Chiesa di santa Croce e del palazzo dei Priori, poi ridenominato palazzo vecchio
Etichette:
medioevo,
storia dell'arte
INDICE STORIA DELL'ARTE
La chiesa di San Pedro della Nave: apogeo dell'arte visigota
Il battistero di Poitiers
L'arte longobarda
La lamina di Agilulfo
Il tempietto longobardo di Cividale del Friuli (VIII secolo)
La cripta del monastero di Jouarre
Ravenna e Costantinopoli: un duraturo legame artistico e culturale
La fioritura artistica nella Spagna visigota del VII secolo
Santa Maria del Naranco
Altichiero da Zevio
Arnolfo di Cambio
Benedetto Antelami
La deposizione di Cristo di Benedetto Antelami
Bonanno Pisano
Buffalmacco
I Berlighieri: Berlinghiero, Barone, Matteo e Bonaventura
Pietro Cavallini
Cimabue ( Cenni di Pepo)
Duccio di Buoninsegna
Taddeo Gaddi, pittore innovativo sulle orme di Giotto
Il neogotico o gothic revival
Il battistero di Poitiers
L'arte longobarda
La lamina di Agilulfo
Il tempietto longobardo di Cividale del Friuli (VIII secolo)
La cripta del monastero di Jouarre
Ravenna e Costantinopoli: un duraturo legame artistico e culturale
La fioritura artistica nella Spagna visigota del VII secolo
Santa Maria del Naranco
Altichiero da Zevio
Arnolfo di Cambio
Benedetto Antelami
La deposizione di Cristo di Benedetto Antelami
Bonanno Pisano
Buffalmacco
I Berlighieri: Berlinghiero, Barone, Matteo e Bonaventura
Pietro Cavallini
Cimabue ( Cenni di Pepo)
Duccio di Buoninsegna
Taddeo Gaddi, pittore innovativo sulle orme di Giotto
Il neogotico o gothic revival
lunedì 2 marzo 2009
Gli Alamanni dalle origini alla sottomissione ai Franchi
Gli Alamanni o Alemanni ( il cui nome significa letteralmente "tutti uomini") erano una una confederazione guerriera di varie tribù germaniche. A causa delle presioni che subirono dai Goti e degli Slavi si spostarono all'inizio del III sec. d.C., dalla loro sede di origine, il Brandeburgo, verso rive del Meno. Lo storico cassio Dione ci ha lasciato la prima testimonianza della loro presenza ion occasione del racconto della sconfitta da loro subito ad opera dell'imperatore romano Caracalla (213). Successivamente vennero respinti anche da altri imperatori del III sec; dopo l'ulteriore rovescio subito da Costanzo Cloro nel 301, trovarono un sistemazione più stabile ( fino alla metà del IV secolo) lungo la riva sinistra del Reno, fra il Meno e il lago di Costanza per poi estendere il loro controllo all'attuale Württemberg, al Baden e la Svizzera tedesca ( metà V secolo). Cercarono di oltrepassare il fiume e assieme ai franchi saccheggiarono la Gallia ma furono sconfitti dall'imperatore Giuliano (Strasburgo, 357) e da Valentiniano e, al tempo dell'invasione degli Unni di Attila, da Ezio (453).
Gli Alemanni combatterono anche contro i Burgundi a sud e contro i Franchi. Dal re franco Clodoveo subirono una prima sconfitta nel 476 e un secondo decisivo rovescio nel 506 in cui venne ucciso il rex Alemannorum. I franchi si impadronirono dell'Alsazia e del territorio dei Ripuari e da questo momento gli Alemanni cessarono di avere indipendenza politica continuando a mantenere però una propria rilevanza come gruppo etnico sia preso i Franchi che presso gli Ostrogoti. presso questi ultimi infatti dopo la sconfitta del 506 aveva cercato protezione la classe dirigente alemanna. Colonie alemanne continuarono a sorgere a ovest e a sud del Reno, in Alsazia, nella Lorena romana, nella Franca Contea e nella Svizzera romana (Rezia): le finali in -heim di numerosi villaggi di queste regioni e soprattutto le suppellettili funerarie trovate nei cimiteri e risalenti testimoniano questa loro penetrazione.
Nel 554-555 il re franco Teodebaldo, su richiesta degli Ostrogoti, inviò in Italia una spedizione franco-alamanna, comandata dagli alamanni Leutari e Butilino, che partita probabilmente dalle diocesi di Windisch e di Avenches, devastò tutta la penisola, e che fu fermata in parte dalle forze bizantine di Narsete e in parte da un'epidemia.
Con i re franchi Clotario II e Dagoberto nel VII sec. gli Alamanni poterono creare un loro codice, mentre Carlo Magno assegnò loro delle terre in cui si stabilirono perdendo la loro spinta migratoria. nelle guerre tra i successori di Carlo del IX sec. si allearono , contro Ludovico il Pio e Lotario, con Ludovico il Germanico, ed infatti nel testo del trattato di Verdun dell'843 appaiono a lui soggetti.
Gli Alemanni combatterono anche contro i Burgundi a sud e contro i Franchi. Dal re franco Clodoveo subirono una prima sconfitta nel 476 e un secondo decisivo rovescio nel 506 in cui venne ucciso il rex Alemannorum. I franchi si impadronirono dell'Alsazia e del territorio dei Ripuari e da questo momento gli Alemanni cessarono di avere indipendenza politica continuando a mantenere però una propria rilevanza come gruppo etnico sia preso i Franchi che presso gli Ostrogoti. presso questi ultimi infatti dopo la sconfitta del 506 aveva cercato protezione la classe dirigente alemanna. Colonie alemanne continuarono a sorgere a ovest e a sud del Reno, in Alsazia, nella Lorena romana, nella Franca Contea e nella Svizzera romana (Rezia): le finali in -heim di numerosi villaggi di queste regioni e soprattutto le suppellettili funerarie trovate nei cimiteri e risalenti testimoniano questa loro penetrazione.
Nel 554-555 il re franco Teodebaldo, su richiesta degli Ostrogoti, inviò in Italia una spedizione franco-alamanna, comandata dagli alamanni Leutari e Butilino, che partita probabilmente dalle diocesi di Windisch e di Avenches, devastò tutta la penisola, e che fu fermata in parte dalle forze bizantine di Narsete e in parte da un'epidemia.
Con i re franchi Clotario II e Dagoberto nel VII sec. gli Alamanni poterono creare un loro codice, mentre Carlo Magno assegnò loro delle terre in cui si stabilirono perdendo la loro spinta migratoria. nelle guerre tra i successori di Carlo del IX sec. si allearono , contro Ludovico il Pio e Lotario, con Ludovico il Germanico, ed infatti nel testo del trattato di Verdun dell'843 appaiono a lui soggetti.
Etichette:
Franchi,
invasioni barbariche
venerdì 27 febbraio 2009
La seconda vita dell'arianesimo. Eusebio di Nicomedia. Il trionfo del cattolicesimo con Teodosio
Nonostante il Concilio di Nicea lo avesse bandito dall'impero, l'arianesimo si mantenne vivo grazie a Eusebio di Nicomedia che dopo aver riottenuto nel 328 la sua sede episcopale a Costantinopoli perfezionò la tattica che garantì agli ariani la sopravvivenza: elaborare cioè formule dottrinarie che formalmente compatibili con le definizioni di Nicea ma che in realtà finivano per svuotarle di contenuti. Quindi dopo aver ottenuto l'approvazione dell'imperatore riusciva a fare in modo che questi ne imponesse la sottoscrizione a tutti tutti i vescovi. Qualora questi si fossero rifiutati sarebbero divenuti automaticamente dei ribelli . Mentre questa situazione rafforzava la tendenza dell'impero al cesaropapismo, con l'imperatore Costanzo II (reggitore dell'Oriente dal 337 al 350 e di tutto l'Impero dal 350 al 361) toccò agli ortodossi subire la persecuzione degli ariani. Il più determinato avversario degli ariani, Atanasio d'Alessandria fu esiliato in Occidente due volte; stesso destino dovette subire Ilario di Poitiers in Oriente. Costanzo II convocò due concili nel 358: uno a Rimini per l'Occidente e uno a Seleucia per l'Oriente con lo scopo di imporre l'arianesimo e debellare l'ortodossia. Costanzo in definitiva non si comportava in maniera molto diversa da Costantino: entrambi volevano imporre la loro visione religiosa. Il metodo era lo stesso, la dottrina teologica seguita opposta. A consentire ai niceni di resistere furono sopratutto le divisioni in seno agli ariani: da un parte i più radicali (anomei; seguaci di Aezio e Eunomio) a sostenere che il Figlio non aveva niente in comune con il Padre; altri (omei) con Acacio di Cesarea affermavano l'esistenza di similitudini tra il Figlio e il Padre; in mezzo i più moderati ammettevano che egli fosse simile nella sostanza al Padre (omoiusiani; o semiariani; Basilio di Ancira). Dopo la scomparsa di Costanzo si ebbe il breve regno di Giuliano l'Apostata (360-363). Quindi si susseguirono degli imperatori che alternarono il proprio favore alle varie interpretazioni cristologiche: Gioviano (363-364), favorì l'ortodossia; seguì Valente che era ariano e sostenne le posizioni degli omei contro i niceni in Oriente; il fratello Valentiniano difese il punto di vista dei niceni favorendone il trionfo in Occidente. Dopo che i padri cappadoci ( Basilio Magno, Gregorio di Nissa e Gregorio Nazianzeno) avevano composto una sorta di compromesso all'insegna della formula ,una sola natura-tre persone, e dopo che papa Damaso riuscì ad affermare la supremazia del vescovo di Roma in tema di formule di fede sui vescovi orientali, nel 378-379 sarà Teodosio prima a imporre il cristianesimo come religione di stato con l'editto di Tessalonica (380) quindi con il concilio di Costantinopoli (381) decreterà definitivamente l'affermazione del credo niceno.Lo scontro tra niceni e ariani segnò un momento di grave crisi per la Chiesa in quanto la speculazione cristologica assunse carattere troppo razionale mettendo in secondo piano gli aspetti della fede. Consentì però anche di approfondire il dogma nel segno del confronto fra le differenti posizioni esistenti in Oriente e Occidente.
L'arianesimo non scomparve del tutto ma si diffuse tra i Barbari (anzitutto tra i Goti da parte di Ulfila, discepolo di Eusebio di Nicomedia)ritardando la fusione tra elemento germanico e romano fino a quando Clodoveo si convertì alla fede cattolica e i popoli germanici stanziati sul territorio imperiale (Visigoti, Ostrogoti, Vandali, Burgundi e Longobardi) accettarono la fede cattolica romana. Ultimi a convertirsi saranno i Longobardi, sotto il regno di Ariperto I, tra il 653 e il 661.
L'arianesimo non scomparve del tutto ma si diffuse tra i Barbari (anzitutto tra i Goti da parte di Ulfila, discepolo di Eusebio di Nicomedia)ritardando la fusione tra elemento germanico e romano fino a quando Clodoveo si convertì alla fede cattolica e i popoli germanici stanziati sul territorio imperiale (Visigoti, Ostrogoti, Vandali, Burgundi e Longobardi) accettarono la fede cattolica romana. Ultimi a convertirsi saranno i Longobardi, sotto il regno di Ariperto I, tra il 653 e il 661.
martedì 24 febbraio 2009
INDICE: STORIA DEL CRISTIANESIMO
Il contesto storico della frase di Gesù: "Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio". Relativismo e lealismo verso il politico
Paolo di Tarso: origine divina del potere politico
L'arianesimo e il Concilio di Nicea
La seconda vita dell'arianesimo. Eusebio di Nicomedia. Il trionfo del cattolicesimo con Teodosio
Il volto umano di Pio XII
Paolo di Tarso: origine divina del potere politico
L'arianesimo e il Concilio di Nicea
La seconda vita dell'arianesimo. Eusebio di Nicomedia. Il trionfo del cattolicesimo con Teodosio
Il volto umano di Pio XII
sabato 14 febbraio 2009
L'arianesimo e il Concilio di Nicea
Il cristianesimo dei primi secoli dovette affrontare il problema dell'assestamento dei suoi dogmi. In particolare fu il dibattito attorno alla natura di Gesù al centro delle speculazione teologica delle prime Chiese. In opposizione alla tesi prevalente che sosteneva la divinità del Cristo ebbe particolare diffusione l'arianesimo: infatti a differenza dei teologi che ritenevano che il figlio di Dio avesse la stessa natura divina del Padre, per Ario (un monaco egiziano fondatore di questa corrente) e i suoi seguaci egli è stato generato da Dio, non possiede che una divinità secondaria o subordinata, e a differenza di Dio non è eterno, infinito e onnipotente. Queste tesi erano già state sostenute da alcuni scrittori come Origine ma fu proprio Ario a dare sviluppo a queste formule con una teoria completa.
Ario cominciò a predicare le sue teorie per la prima volta attorno al 320 quando era prete di una delle chiese di Alessandria. Il vescovo di Alessandria convocò un concilio per dirimere la questione ma si dovette scontrare con l'ostinazione di Ario che non intendeva rinunciare alla propria dottrina e che per questo fu scomunicato. A questo punto Ario, abbandonò l'Egitto per recarsi in Palestina e in Bitinia, dove godette dell'ospitalità di Eusebio di Cesarea e poi di Eusebio di Nicomedia ( quest'ultimo godeva dei favori dell'imperatore Costantino) e riuscì con il loro aiuto a fare molti seguaci. Poichè la controversia cristologica si stava diffondendo in tutto l'Oriente, l'imperatore Costantino decise d'intervenire e, fallito un tentativo di conciliazione, convocò nel 325 a Nicea, in Bitinia, un concilio che mise al bando le tesi di Ario e approvò a grande maggioranza la dichiarazione dogmatica (simbolo niceno- costantinopolitano) che proclamava che il Figlio aveva la medesima sostanza (consustanziale in gr. homoúsios) del Padre.
Ario cominciò a predicare le sue teorie per la prima volta attorno al 320 quando era prete di una delle chiese di Alessandria. Il vescovo di Alessandria convocò un concilio per dirimere la questione ma si dovette scontrare con l'ostinazione di Ario che non intendeva rinunciare alla propria dottrina e che per questo fu scomunicato. A questo punto Ario, abbandonò l'Egitto per recarsi in Palestina e in Bitinia, dove godette dell'ospitalità di Eusebio di Cesarea e poi di Eusebio di Nicomedia ( quest'ultimo godeva dei favori dell'imperatore Costantino) e riuscì con il loro aiuto a fare molti seguaci. Poichè la controversia cristologica si stava diffondendo in tutto l'Oriente, l'imperatore Costantino decise d'intervenire e, fallito un tentativo di conciliazione, convocò nel 325 a Nicea, in Bitinia, un concilio che mise al bando le tesi di Ario e approvò a grande maggioranza la dichiarazione dogmatica (simbolo niceno- costantinopolitano) che proclamava che il Figlio aveva la medesima sostanza (consustanziale in gr. homoúsios) del Padre.
mercoledì 11 febbraio 2009
L'organizzazione dello Stato nell'Antico Egitto
La struttura dello stato egiziano era centralizzata e piramidale, imperniata sulla figura del faraone, vero e proprio dio vivente in quanto figlio del Dio Ra. Il faraone determinava le linee di azione del governo ma ne lasciava l'esecuzione al visir, che era alla guida dell'attività amministrativa . Il visir era al vertice di una struttura in cui operavano i responsabili dei principali settori che costituivano la classe più alta dei funzionari i quali agivano da delegati del re, trasmettendone la volontà , fonte vivente del diritto, in tutto il paese attraverso funzionari locali che avevano i compiti di amministrare la giustizia, occuparsi dell’economia e le finanze,sovraintendere alla realizzazione delle grandi opere e programmare l'attività agricola . La chiave dell'efficacia dell'amministrazione egiziana sta proprio nell'efficiente struttura gerarchica imperniata imperniata sulla fedeltà con cui i funzionari di ogni ordine e grado rispondevano alle direttive dei loro superiori e la correttezza con cui esercitavano il potere sui sottoposti . Lo Stato egiziano nella selezione del personale si ispirava a criteri meritocratici che consentivano una certa ascesa dei più capaci nella scala sociale e favoriva il continuo ricambio della classe dirigenti dei funzionari
Iscriviti a:
Post (Atom)