sabato 14 marzo 2009

I Visigoti. Da Alarico al regno di Tolosa. Il controllo della Spagna e il regno di Toledo.

I Visigoti, originari della Scandinavia,si convertirono parzialmente all'arianesimo con Ulfila. Si tratta del ramo occidentale del gruppo dei goti. Dopo essere stati tenuti a nord del Danubio dai Romani e pressati dagli Unni furono accolti dall'imperatore Valente e si stabilirono nel 376 in Tracia, nei Carpazi e nella Moldavia.
Poco dopo però si ribellarono alle condizioni con cui erano stati accolti e fissatisi nella Tracia e sconfissero lo stesso imperatore ad Adrianopoli (378). Raggiunsero un foedus con l'imperatore Teodosio solo nel 382, in cambio di terre nella Mesia, ma la pace durò poco; nel 392 Stilicone ne impose il rinnovo ad Alarico che però nel 395 alla morte di Teodosio riprese le incursioni devastando prima i Balcani, poi tutta la Grecia e infine nel 397 ottenendo il controllo dell'Epiro.
Dopo una nuova rivolta, nel 401 egli condusse i Visigoti in Italia. Dopo aver conquistato snza resistenze Venezia e Milano, furono respinti una prima volta ancora da Stilicone, (battaglia di Pollenzo, 402). Firmarono un trattato che li condusse temporaneamente in Dalmazia e nel Norico. Ma nel 408 Alarico ruppe il patto e invase per la seconda volta l'Italia giunse fino a Roma, che fu saccheggiata (410) nell'impossibilità di giungere a un accordo con l'imperatore. Quindi Alarico puntò verso sud avendo come meta l'Africa, ma i Visigoti dovettero rinunciare al progetto di passare in Sicilia a causa della mancanza di navi.
Dopo la morte di Alarico, fu il cognato Ataulfo a intraprendere la riconciliazione con l'impero: con il consenso dell'imperatore d'occidente Onorio, condusse i Visigoti verso nord: nel 412 prese il possesso della Gallia Narbonese, acquisendo anche l'Aquitania con Tolosa e Bordeaux (413). Per consolidare la pace, Ataulfo sposò Galla Placidia, sorella di Onorio (414) eformò un rudimentale governo gestito aristocratici aquitani. Ma fu il nuovo re Wallia, con un accordo con l'impero (416), a creare il regno di Tolosa, primo esempio di regno barbarico in territorio romano . negli anni successivi Wallia spedizione contro Vandali, Alani e Svevi in Spagna. Teodorico I (418-51) rispettò il patto federativo, fornendo aiuto militare ai romani: combatte Teodorico I (419-451) combatté con Ezio contro Attila e morì ai Campi Catalaunici ; il figlio Teodorico II (453-66)continuò la collaborazione con gli imperatori romani ed ebbe un governo moderato; il fratello Eurico (466-84) portò il regno di Tolosa al suo apogeo, conquistando la Gallia centrale, l'Alvernia, parte della Provenza e quasi tutta la Spagna su cui pose un protettorato e, con la fine dell'Impero d'Occidente (476), realizzò la piena indipendenza formale del regno . Eurico si servì dell'esperienza amministrativa dei quadri romani e nominò conti e duchi sudditi appartenenti indifferentemente a romani e goti.
Tuttavia le due anime del regno di Tolosa fecero molta fatica a convivere a causa del fanatismo dei Visigoti ariani, che tendeva a opprimere la maggioranza della popolazione , romanizzata e cattolica, e ciò ebbe gravi ripercussioni sulla solidità interna del regno. Il figlio di Eurico, Alarico II (484-507), dovette subire i continui attacchi dei Franchi di Clodoveo e malgrado l'emanazione della Lex Romana Visigothorum , contenente disposizioni più favorevoli ai sudditi romanizzati e cattolici, fu sconfitto e ucciso (Vouillé, 507); sostenuti dagli ostrogoti, ivisgoti dovettero cedere la parte francese ( compresa Tolosa) del regno ai Franchi mentre conservarono la Spagna spostando la capitale a Toledo. Alla morte di Alamarico, (507-531) che era riuscito a governare pur con enormi difficoltà grazie al sostegno degli ostrogoti, la dinastia si estinse.
la guida del regno fu assunta da due ostrogoti, Teudi e Teodisclo, (531-549); quindi, il potere tornò al visigoto Agila, la cui intolleranza religiosa gli alienò il Sud del regno, tutto romano. Successivamente attorno alla corte di Toledo i Visigoti cercarono di ricostituire l'unità spagnola del regno convertendosi al cristianesimo. La conquista musulmana della penisola iberica (711) pose fine definitivamente al regno dei Visigoti.

INDICE. LE INVASIONI BARBARICHE

Le origini degli Unni. Il popolo hsiung-nu
Gli Unni invadono l'Europa e l'impero romano
Gli Alamanni dalle origini alla sottomissione ai Franchi
I Visigoti. Da Alarico al regno di Tolosa. Il controllo della Spagna e il regno di Toledo.
I Vandali
2 giugno 455: il sacco di Roma dei Vandali di Genserico ( cronaca di Ferdinand Gregorovius)
La personalità del diritto nei regni romano barbarici
476: cade l'impero romano d'Occidente. Ma nessuno se ne accorge.
lunedì 9 marzo 2009

Lo storico negazionista David Irving organizza un asta di cimeli nazisti


David Irving, lo storico britannico negazionista dell'olocausto fa ancora parlare di se per una singolare iniziativa: ha messo in piedi un sito Internet per la vendita di cimeli nazisti. Tra le nazi memorabilia esposte nel sito già ridenominato "Naz-e-bay" vi sono un regalo di battesimo fatto dal comandante delle SS Heinrich Himmler alla figlia del comandante della Lutwaffe Hermann Goering, , un bastone da passeggio appartenuto al Fuhrer, foto relative al Terzo Reich, e una ciocca di capelli e frammenti ossei che si ritine possano essere di Hitler. Irving precisa però che l'autentificazione dei resti umani è ancora in corso. Irving autentica gli oggetti proposti e ottiene una commissione del 15%.
DI SEGUITO INSERISCO ALCUNI LINK AL SITO NAZ-EBAY

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domenica 8 marzo 2009

Arnolfo di Cambio



Arnolfo è documentato come attivo nella bottega di Nicolò Pisano fra il 1265 e il 1267 per la costruzione del pulpito del Duomo di Siena e forse anche dell'arca di San Domenico a Bologna. Del maestro seguì la linea classicista a cui aggiunse una ricerca di uno dimensione più razionale nelle strutture architettoniche In virtù delle sue aperture verso il gotico transalpino riguardanti sopratutto le innovazioni architettoniche c'è chi ipotizza anche che la sua formazione sia avvenuta anche nel cantiere cistercense della chiesa di San Galgano, in provincia di Siena
Alla fine degli anni Settanta lo scultore si reca in Umbria, probabilmente al seguito della bottega di Nicola e Giovanni Pisano a cui venne commissionata la Fontana Maggiore a Perugia. Sicuramente di Arnolfo è la Fontana Minore di Perugia, oggi smembrata.
In quello stesso periodo gli vengono commissionati molti lavori anche a Roma: Per Carlo d’Angiò nel 1277 eseguì un grande ritratto marmoreo conservato oggi nei Musei Capitolini, espressione di un maestoso classicismo, e parte di un monumento celebrativo oggi perduto. Arnolfo esegue delle opere anche per la chiesa romana; è suo il monumento sepolcrale di Bonifacio VIII, un tempo facente parte della controfacciata dell'antica basilica di San Pietro e oggi conservato in parte nelle grotte vaticane.
Arnolfo realizzò anche due cibori: il primo, del 1285, attestante una superba conoscenza delle caratteristiche architettoniche del gotico francese nella chiesa di San Paolo fuori le Mura, il secondo in Santa Cecilia in Trastevere in marmo in stile gotico realizzò due cibori, datato 1293.
negli anni Novanta Arnolfo rientrò a Firenze: qui gli venne affidato il progetto per la cattedrale di Santa Maria del Fiore, per la quale fu posta la prima pietra nel 1296; per la facciata di quella Chiesa eseguì anche alcuni gruppi scultorei conservati nel Museo dell’Opera del Duomo. A Arnolfo di Cambio vengono tradizionalmente attribuiti nell'ultima parte della sua vita, ( morì nel 1302) i progetti della Chiesa di santa Croce e del palazzo dei Priori, poi ridenominato palazzo vecchio

INDICE STORIA DELL'ARTE

La chiesa di San Pedro della Nave: apogeo dell'arte visigota
Il battistero di Poitiers
L'arte longobarda
La lamina di Agilulfo
Il tempietto longobardo di Cividale del Friuli (VIII secolo)
La cripta del monastero di Jouarre
Ravenna e Costantinopoli: un duraturo legame artistico e culturale
La fioritura artistica nella Spagna visigota del VII secolo
Santa Maria del Naranco
Altichiero da Zevio
Arnolfo di Cambio
Benedetto Antelami
La deposizione di Cristo di Benedetto Antelami
Bonanno Pisano
Buffalmacco
I Berlighieri: Berlinghiero, Barone, Matteo e Bonaventura
Pietro Cavallini
Cimabue ( Cenni di Pepo)
Duccio di Buoninsegna
Taddeo Gaddi, pittore innovativo sulle orme di Giotto
Il neogotico o gothic revival
lunedì 2 marzo 2009

Gli Alamanni dalle origini alla sottomissione ai Franchi

Gli Alamanni o Alemanni ( il cui nome significa letteralmente "tutti uomini") erano una una confederazione guerriera di varie tribù germaniche. A causa delle presioni che subirono dai Goti e degli Slavi si spostarono all'inizio del III sec. d.C., dalla loro sede di origine, il Brandeburgo, verso rive del Meno. Lo storico cassio Dione ci ha lasciato la prima testimonianza della loro presenza ion occasione del racconto della sconfitta da loro subito ad opera dell'imperatore romano Caracalla (213). Successivamente vennero respinti anche da altri imperatori del III sec; dopo l'ulteriore rovescio subito da Costanzo Cloro nel 301, trovarono un sistemazione più stabile ( fino alla metà del IV secolo) lungo la riva sinistra del Reno, fra il Meno e il lago di Costanza per poi estendere il loro controllo all'attuale Württemberg, al Baden e la Svizzera tedesca ( metà V secolo). Cercarono di oltrepassare il fiume e assieme ai franchi saccheggiarono la Gallia ma furono sconfitti dall'imperatore Giuliano (Strasburgo, 357) e da Valentiniano e, al tempo dell'invasione degli Unni di Attila, da Ezio (453).
Gli Alemanni combatterono anche contro i Burgundi a sud e contro i Franchi. Dal re franco Clodoveo subirono una prima sconfitta nel 476 e un secondo decisivo rovescio nel 506 in cui venne ucciso il rex Alemannorum. I franchi si impadronirono dell'Alsazia e del territorio dei Ripuari e da questo momento gli Alemanni cessarono di avere indipendenza politica continuando a mantenere però una propria rilevanza come gruppo etnico sia preso i Franchi che presso gli Ostrogoti. presso questi ultimi infatti dopo la sconfitta del 506 aveva cercato protezione la classe dirigente alemanna. Colonie alemanne continuarono a sorgere a ovest e a sud del Reno, in Alsazia, nella Lorena romana, nella Franca Contea e nella Svizzera romana (Rezia): le finali in -heim di numerosi villaggi di queste regioni e soprattutto le suppellettili funerarie trovate nei cimiteri e risalenti testimoniano questa loro penetrazione.
Nel 554-555 il re franco Teodebaldo, su richiesta degli Ostrogoti, inviò in Italia una spedizione franco-alamanna, comandata dagli alamanni Leutari e Butilino, che partita probabilmente dalle diocesi di Windisch e di Avenches, devastò tutta la penisola, e che fu fermata in parte dalle forze bizantine di Narsete e in parte da un'epidemia.
Con i re franchi Clotario II e Dagoberto nel VII sec. gli Alamanni poterono creare un loro codice, mentre Carlo Magno assegnò loro delle terre in cui si stabilirono perdendo la loro spinta migratoria. nelle guerre tra i successori di Carlo del IX sec. si allearono , contro Ludovico il Pio e Lotario, con Ludovico il Germanico, ed infatti nel testo del trattato di Verdun dell'843 appaiono a lui soggetti.
venerdì 27 febbraio 2009

La seconda vita dell'arianesimo. Eusebio di Nicomedia. Il trionfo del cattolicesimo con Teodosio

Nonostante il Concilio di Nicea lo avesse bandito dall'impero, l'arianesimo si mantenne vivo grazie a Eusebio di Nicomedia che dopo aver riottenuto nel 328 la sua sede episcopale a Costantinopoli perfezionò la tattica che garantì agli ariani la sopravvivenza: elaborare cioè formule dottrinarie che formalmente compatibili con le definizioni di Nicea ma che in realtà finivano per svuotarle di contenuti. Quindi dopo aver ottenuto l'approvazione dell'imperatore riusciva a fare in modo che questi ne imponesse la sottoscrizione a tutti tutti i vescovi. Qualora questi si fossero rifiutati sarebbero divenuti automaticamente dei ribelli . Mentre questa situazione rafforzava la tendenza dell'impero al cesaropapismo, con l'imperatore Costanzo II (reggitore dell'Oriente dal 337 al 350 e di tutto l'Impero dal 350 al 361) toccò agli ortodossi subire la persecuzione degli ariani. Il più determinato avversario degli ariani, Atanasio d'Alessandria fu esiliato in Occidente due volte; stesso destino dovette subire Ilario di Poitiers in Oriente. Costanzo II convocò due concili nel 358: uno a Rimini per l'Occidente e uno a Seleucia per l'Oriente con lo scopo di imporre l'arianesimo e debellare l'ortodossia. Costanzo in definitiva non si comportava in maniera molto diversa da Costantino: entrambi volevano imporre la loro visione religiosa. Il metodo era lo stesso, la dottrina teologica seguita opposta. A consentire ai niceni di resistere furono sopratutto le divisioni in seno agli ariani: da un parte i più radicali (anomei; seguaci di Aezio e Eunomio) a sostenere che il Figlio non aveva niente in comune con il Padre; altri (omei) con Acacio di Cesarea affermavano l'esistenza di similitudini tra il Figlio e il Padre; in mezzo i più moderati ammettevano che egli fosse simile nella sostanza al Padre (omoiusiani; o semiariani; Basilio di Ancira). Dopo la scomparsa di Costanzo si ebbe il breve regno di Giuliano l'Apostata (360-363). Quindi si susseguirono degli imperatori che alternarono il proprio favore alle varie interpretazioni cristologiche: Gioviano (363-364), favorì l'ortodossia; seguì Valente che era ariano e sostenne le posizioni degli omei contro i niceni in Oriente; il fratello Valentiniano difese il punto di vista dei niceni favorendone il trionfo in Occidente. Dopo che i padri cappadoci ( Basilio Magno, Gregorio di Nissa e Gregorio Nazianzeno) avevano composto una sorta di compromesso all'insegna della formula ,una sola natura-tre persone, e dopo che papa Damaso riuscì ad affermare la supremazia del vescovo di Roma in tema di formule di fede sui vescovi orientali, nel 378-379 sarà Teodosio prima a imporre il cristianesimo come religione di stato con l'editto di Tessalonica (380) quindi con il concilio di Costantinopoli (381) decreterà definitivamente l'affermazione del credo niceno.Lo scontro tra niceni e ariani segnò un momento di grave crisi per la Chiesa in quanto la speculazione cristologica assunse carattere troppo razionale mettendo in secondo piano gli aspetti della fede. Consentì però anche di approfondire il dogma nel segno del confronto fra le differenti posizioni esistenti in Oriente e Occidente.
L'arianesimo non scomparve del tutto ma si diffuse tra i Barbari (anzitutto tra i Goti da parte di Ulfila, discepolo di Eusebio di Nicomedia)ritardando la fusione tra elemento germanico e romano fino a quando Clodoveo si convertì alla fede cattolica e i popoli germanici stanziati sul territorio imperiale (Visigoti, Ostrogoti, Vandali, Burgundi e Longobardi) accettarono la fede cattolica romana. Ultimi a convertirsi saranno i Longobardi, sotto il regno di Ariperto I, tra il 653 e il 661.
martedì 24 febbraio 2009

INDICE: STORIA DEL CRISTIANESIMO

Il contesto storico della frase di Gesù: "Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio". Relativismo e lealismo verso il politico
Paolo di Tarso: origine divina del potere politico
L'arianesimo e il Concilio di Nicea
La seconda vita dell'arianesimo. Eusebio di Nicomedia. Il trionfo del cattolicesimo con Teodosio
Il volto umano di Pio XII
sabato 14 febbraio 2009

L'arianesimo e il Concilio di Nicea

Il cristianesimo dei primi secoli dovette affrontare il problema dell'assestamento dei suoi dogmi. In particolare fu il dibattito attorno alla natura di Gesù al centro delle speculazione teologica delle prime Chiese. In opposizione alla tesi prevalente che sosteneva la divinità del Cristo ebbe particolare diffusione l'arianesimo: infatti a differenza dei teologi che ritenevano che il figlio di Dio avesse la stessa natura divina del Padre, per Ario (un monaco egiziano fondatore di questa corrente) e i suoi seguaci egli è stato generato da Dio, non possiede che una divinità secondaria o subordinata, e a differenza di Dio non è eterno, infinito e onnipotente. Queste tesi erano già state sostenute da alcuni scrittori come Origine ma fu proprio Ario a dare sviluppo a queste formule con una teoria completa.
Ario cominciò a predicare le sue teorie per la prima volta attorno al 320 quando era prete di una delle chiese di Alessandria. Il vescovo di Alessandria convocò un concilio per dirimere la questione ma si dovette scontrare con l'ostinazione di Ario che non intendeva rinunciare alla propria dottrina e che per questo fu scomunicato. A questo punto Ario, abbandonò l'Egitto per recarsi in Palestina e in Bitinia, dove godette dell'ospitalità di Eusebio di Cesarea e poi di Eusebio di Nicomedia ( quest'ultimo godeva dei favori dell'imperatore Costantino) e riuscì con il loro aiuto a fare molti seguaci. Poichè la controversia cristologica si stava diffondendo in tutto l'Oriente, l'imperatore Costantino decise d'intervenire e, fallito un tentativo di conciliazione, convocò nel 325 a Nicea, in Bitinia, un concilio che mise al bando le tesi di Ario e approvò a grande maggioranza la dichiarazione dogmatica (simbolo niceno- costantinopolitano) che proclamava che il Figlio aveva la medesima sostanza (consustanziale in gr. homoúsios) del Padre.
mercoledì 11 febbraio 2009

L'organizzazione dello Stato nell'Antico Egitto

La struttura dello stato egiziano era centralizzata e piramidale, imperniata sulla figura del faraone, vero e proprio dio vivente in quanto figlio del Dio Ra. Il faraone determinava le linee di azione del governo ma ne lasciava l'esecuzione al visir, che era alla guida dell'attività amministrativa . Il visir era al vertice di una struttura in cui operavano i responsabili dei principali settori che costituivano la classe più alta dei funzionari i quali agivano da delegati del re, trasmettendone la volontà , fonte vivente del diritto, in tutto il paese attraverso funzionari locali che avevano i compiti di amministrare la giustizia, occuparsi dell’economia e le finanze,sovraintendere alla realizzazione delle grandi opere e programmare l'attività agricola . La chiave dell'efficacia dell'amministrazione egiziana sta proprio nell'efficiente struttura gerarchica imperniata imperniata sulla fedeltà con cui i funzionari di ogni ordine e grado rispondevano alle direttive dei loro superiori e la correttezza con cui esercitavano il potere sui sottoposti . Lo Stato egiziano nella selezione del personale si ispirava a criteri meritocratici che consentivano una certa ascesa dei più capaci nella scala sociale e favoriva il continuo ricambio della classe dirigenti dei funzionari

INDICE ANTICO EGITTO

Naqada: la preistoria dell'Antico Egitto
L'organizzazione dello Stato nell'Antico Egitto
Con la stele di Rosetta, Champollion svela al mondo i segreti dell'Egitto antico
Enneade: la cosmogonia dell'antico Egitto. Atum, il dio sole, origine dell'universo
venerdì 6 febbraio 2009

Il maestro di palazzo nel regno dei Franchi

Il maestro di palazzo detto anche maggiordomo o signore di palazzo, fece la sua comparsa nell'antico regno dei Franchi sotto i Merovingi, dopo la morte di Clodoveo. Fini per assumere poteri amplissimi quasi alla pari dello stesso re franco: era supremo ufficiale della corte e dello Stato, era il funzionario che sovrintendeva alla gestione del palazzo regio (e per questo era detto maestro di palazzo); in seguito il maestro di palazzo assunse la competenza anche dell'amministrazione delle finanze pubbliche; fu in particolare con Pipino il vecchio che questa figura condivise con il re l'amministrazione della giustizia, assumendo funzioni di rappresentanza del re medesimo fino ad assumere nelle proprie mani ogni potere dello Stato. Con Pipino di Héristal la carica divenne ereditaria e fu da lui trasmessa a Carlo Martello ( il vincitore della battaglia di Poitiers sui musulmani), per poi passare a Pipino il Breve che, visto il potere consolidato nelle sue mani, riuscì a spodestare l'ultimo re fannullone merovingio Childerico III e ricevette l'investitura dal vescovo di Magonza per contro del Papa.

INDICE I FRANCHI

Il significato originario del termine Franchi
Il maestro di palazzo nel regno dei Franchi
Gli Alamanni dalle origini alla sottomissione ai Franchi
La donazione di Quierzy ( o Kiersy)
I Merovingi conquistano la Gallia e si convertono al cristianesimo. I Franchi popolo eletto
Clodoveo I
martedì 3 febbraio 2009

La donazione di Quierzy ( o Kiersy)

Nota anche come Promissio (o Donatio) Carisiaca si tratta di un atto del re dei Franchi Pipino il Breve a favore del papa Stefano II, ( anche se l'autenticità resta dubbia) . Nel 754, Pipino e Stefano si incontrarno a Ponthion, ove vennero presi gli accordi di massima per l'appoggio di Pipino alla Santa Sede contro i Longobardi; quindi il re, e il papa, si trasferirono a Quierzy doive l'accordo venne perfezionato nei dettagli: esso prevedeva la concessione a Pipino della corona di re dei Franchi nonché del titolo di patrizio dei Romani Pipino in cambio dell'impegno a fare la guerra in Italia contro il re dei Longobardi Astolfo per togliere i territori sottratti alla dominazione bizantina e donargli alla Chiesa . l terre oggetto del patto erano la Corsica, le terre dalla Lunigiana a Parma e a Monselice includendo la Tuscia (Toscana e parte del Lazio), l'Esarcato e inoltre la Venezia, l'Istria e i ducati di Spoleto e di Benevento. La donazione, in quanto si configura come «restituzione» al papato di territori un tempo posseduti, poi perduti per effetto di usurpazioni, probabilmente è un'anticipazione della falsa donazione di Costantino, redatta alla corte pontificia forse in quel periodo di tempo. I forti dubbi relativi alla sua autenticità riguardano il fatto che essa non figura nella biografia, pur particolareggiata, di Stefano II né nei documenti carolingi, bensì nella biografia di Adriano I, posteriore di qualche decennio, e si ignora da quale fonte il biografo l'abbia desunta. Essa è importante anche perchè Carlo Magno nel 774 avrebbe rinnovato a Roma, nei confronti di Papa Adriano, la Promissio di Pipino.

domenica 1 febbraio 2009

Altichiero da Zevio


Considerato uno dei massimi artisti del Trecento, di Altichiero da Zevio si hanno notizie documentate per la prima volta a Verona, sua città natale, nel 1369. Ma forse già in precedenza intorno al 1364, il pittore doveva aver lavorato al servizio degli Scaligeri decorando alcuni ambienti della loro residenza, in particolare con le le Storie della guerra giudaica, andate però perdute. Attorno al 1370 Altichiero si trasferì a Padova, probabilmente chiamato dal signore della città, Francesco da Carrara il Vecchio, per decorarne la reggia: è a lui attribuita da antiche testimonianze la decorazione ad affresco della Sala degli Uomini illustri, ispirata nel soggetto al "De viris illustribus" di Francesco Petrarca, anch'essa non pervenutaci . La prima opera che ci è giunta sono le storie di San Giacomo opera commissionata nel 1376 dal condottiero Bonifacio Lupi per la decorazione della cappella di famiglia posta nella Basilica del Santo . Per il lavoro, terminato nel 1379, Altichiero si servì della collaborazione del pittore bolognese Jacopo Avanzi. Per un altro membro della famiglia Lupi, Raimondino, Altichiero affrescò invece l'Oratorio di San Giorgio, nei pressi della Basilica del Santo, per il quale fu pagato nel 1384. Negli ultimi anni della sua vita fece ritorno a Verona dove eseguì probabilmente la Crocifissione nella chiesa di San Zeno (). Non si conosce esattamente la data della morte: le fonti attestano comunque che egli era già scomparso nel 1393.

martedì 27 gennaio 2009

La fondazione di Roma secondo la leggenda. Il ciclo troiano latino e il ciclo sabino



Due sono i cicli di leggende che narrano l’origine della fondazione di Roma: uno troiano-latino, l’altro sabino.

Secondo il ciclo troiano-latino, il fondatore della città Romolo sarebbe discendente dell’eroe troiano Enea, figlio di Anchise e di Venere che, dopo aver valorosamente combattuto contro gli achei, quando Troia fu sopraffatta fuggì, insieme al padre, alla moglie Creusa e al figlio Ascanio (o Iulo, eponimo della gens Iulia, che sarà la prima dinastia della Roma imperiale), giungendo dopo un lungo viaggio sul litorale laziale. Ascanio vi fondò la città di Alba Longa di cui sarebbe stato il primo re.

Proprio un conflitto riguardo al diritto di governare Alba Longa fu all’origine della fondazione di Roma. I protagonisti erano i due figli del re Proca, Numitore, il legittimo erede al trono, e Amulio che prima rovesciò il fratello e quindi al fine di privare questi di una discendenza, impose alla moglie di lui, Rea Silvia di entrare nel collegio delle Vestali che erano obbligate al voto di castità. A rovinare questi piani l’intervento del dio Marte che si unì a Rea Silvia , la quale generò due gemelli Romolo e Remo. Essi dunque oltre ad essere discendenti di Enea, potevano vantare sangue di origine divina, proveniente da Venere e Marte. Amulio sottrasse i neonati alla madre e li abbandonò alle correnti del fiume sperando che da queste venissero inghiottiti. In realtà i due gemelli furono trasportati fino alle pendici del colle Palatino dove vennero raccolti da una lupa che li allattò fino a quando un pastore del luogo, Faustolo, non li prese e li allevò nella propria dimora.

Romolo e Remo, venuti a conoscenza dell’origine regale della propria stirpe, deposero Amulio dal trono di Alba Longa riconsegnando il regno a Numitore. Quindi tornarono sul colle Palatino per fondarvi la nuova città. Da un oracolo degli aruspici vennero a sapere che a Romolo spettava il diritto di diventare il primo re e di tracciare con l’aratro in confini della nuova città . Remo per scherno e per rabbia verso il fratello decise di oltrepassare i confini che avevano carattere sacro e per questo Romolo lo uccise ( 21 aprile del 753 a.C; data della fondazione secondo la tradizione).

Un altro ciclo di leggende ricostruisce invece i turbolenti rapporti tra i Latini e i Sabini, alla cui base ci sarebbe il famoso ratto dalle Sabine compito da soli uomini Latini che provvidero così a procurarsi le donne necessarie per dare stabilità alla fondazione di Roma. Per evitare ulteriori scontri e spargimento di sangue, proprio le Sabine si frapposero tra i contendenti. Queste infatti si trovavano a essere contemporaneamente mogli ( dei Latini) e figlie ( dei Sabini). Si giunse dunque a una rappacificazione sancita dalla spartizione del governo tra due re, Romolo di origine latina e Tito Tazio, di origine sabina. A rendere ancora più armoniosa la convivenza tra gli amici di un tempo il fatto che il secondo re di Roma, Numa Pompilio appartenesse alla stirpe dei Sabini.

mercoledì 14 gennaio 2009

Con la stele di Rosetta, Champollion svela al mondo i segreti dell'Egitto antico


La stele di di Rosetta ( dal nome della città portuale di Rosetta, oggi Rashid) è una grande pietra in basalto nero , delle dimensioni di 114 x 72 cm e dal peso di circa 760 kg, che venne alla luce il 19 luglio 1799 ritrovata da un soldato dell'esercito napoleonico. E' suddivisa in tre sezioni di scrittura: dall'alto verso il basso troviamo prima 14 righe in geroglifico;quindi 22 in demotico, e nella parte bassa 54 righe in grafia maiuscola greca .
La prima intuizione la ebbe un diplomatico svedese esperto di lingue orientali, Akerblad, che confrontò i tre testi e dimostrò che i nomi dei re, nella parte greca, comparivano nella stessa posizione nel testo demotico. Quindi avanzò l’ipotesi che le tre sezioni riproducessero lo stesso testo nelle diverse lingue. Lo scritto riprodotto nella stele era un protocollo del collegio sacerdotale di Menfi, del 27 marzo del 196 a.C., che esaltava Tolomeo V Epifane in occasione del primo anno della sua incoronazione in cui si esaltavano i benefici procurati dal re al paese. In quel tempo l'amministrazione era affidata a funzionari di lingua greca da cui l'usanza di redigere i testi contemporaneamente in greco e in egizio. Questa circostanza fortunata fornisce lo strumento per acquisire la chiave interpretativa del geroglifico.
La seconda intuizione la ebbe un medico inglese, appassionato di egittologia Thomas Yung (1773-1829) il quale dal confronto tra la Stele di Rosetta e un obelisco portato in Inghilterra si occorse che erano presenti due cartigli identici. Yung comprese che i cartigli contenevano nomi di re e che i segni corrispondevano a dei suoni. da un confronto tra alcune lettere somiglianti nelle diverse versioni del testo della stela, Yung trasse lo spunto per arrivare a decifrare nel 1818, i nomi di Tolomeo e di Cleopatra. Tuutavia Yung, non avendo conoscenze filologiche adeguate non riuscì ad andare oltre la decifrazione di poche parole. Ma la sua analisi andava nella giusta direzione e costituirono la base da cui partì Jean-François Champollion un egittologo e archeologo francese che arrivò a comprendere la grammatica del sistema di scrittura geroglifico.
Champollion ricevette i risultati del lavoro di Yung e dopo un periodo di iniziale scetticismo aderì alla tesi secondo cui i geroglifici non erano semplicemente simbolici, ma avevano un loro valore fonetico. Egli non solo riuscì a identificare rapidamente i segni, ma arrivò a padroneggiare l’antica lingua in modo da poter fare la traduzione completa della sezione geroglifica della Stele di Rosetta. Champollion aveva compreso il sistema grammaticale della scrittura geroglifica con l'identificazione dell'organizzazione dei segni ideografici e fonetici. Con la possibilità di leggere i testi egizi si apriva per gli studiosi la possibilità di accedere ad una enorme quantità di nuove informazioni.
sabato 13 dicembre 2008

Le origini del capitalismo nella teoria di Max Weber

"L'Etica protestante e lo spirito del capitalismo": con quest'opera il sociologo Max Weber espone la sua fortunatissima interpretazione sui meccanismi che avrebbero portato il capitalismo ad avere origine e a svilupparsi prima in determinati Paesi a scapito di altri.
Pur senza alcuna vena polemica nei confronti di Marx , Max Weber stravolge la sua visione volta a considerare prima l'essere e poi il pensare, con i sistemi economici indipendenti dalle costruzioni culturali, filosofiche, religiose.
Weber esamina il comportamento dei protestanti ( in particolare calvinisti) dal punto di vista pratico, senza moralismi. Il luteranesimo negava la validità delle opere come strumento per giungere alla salvezza eterna. Questa condizione rischiava di gettare il credente in una condizione di disperante apatia. Nel calvinismo c'è una via d'uscita:se le opere continuano a non essere lo strumento per ottenere la salvezza, l'operare con diligenza e applicazione diventa il segno della grazia concessa, in virtù della sua sola misericordia da Dio all'uomo. Questa mentalità calvinista volta a esaltare l'applicazione nel lavoro unita alla frugalità dei costumi che impedirebbe di sperperare il denaro guadagnato, secondo Weber, favorirebbe l'emergere della propensione, tipica del capitalismo, a reinvestire nel miglioramento della propria attività lavorativa il denaro frutto della propria operosità . Al contrario della mentalità cattolica invece volta al mecenatismo e all'utilizzo di quanto guadagnato nel lusso e nel sostegno alle bellezze artistiche.
Questa toeria è stata oggetto nel corso del tempo di molte critiche: anzitutto non è dimostrato un efettivo legame tra la mentalità calminista e il desiderio di accummulare denaro. In secondo luogo la teoria di Weber non tine conto del fatto che i primi banchieri erano italiani cioè inseriti in una mentalità cattolica.
domenica 30 novembre 2008

Le dimissioni del presidente della Repubblica Giovanni Leone

Giovanni Leone nasce nel 1908. il padre è uno dei fondatori del partito popolare. Come il padre segue la carriera forense diventando un penalista di fama, docente universitario e autore di famoso manuale in cui si sono formate generazioni di avvocati. Nel 1944 entra nelle fila della DC. E' un convinto sostenitore delle ragioni repubblicane nel referendum istituzionale e nel 1946 a soli 36 anni viene eletto all'assemblea costituente. Viene eletto presidente della camera nel 1955; viene incaricato di presiedere due governi "balneari" nell'estate del 1963 e del 1968.

21 dicembre 1971. elezione del presidente della repubblica. la candidatura di fanfani tramonta a causa delle divisioni interne al partito cattolico e della propensione socialista a chiedere un candidato "progressista" dello scudocrociato. la Dc si riunisce per decidere chi candidare tra Moro e Leone. Secondo le Memorie di Leone, alla fine in seno al partito prevale lui per tre voti. Il 29 dicembre 1971 Giovanni Leone giura come sesto presidente della Repubblica, eletto la vigilia di notale al 23° scrutinio con i voti decisivi del MSI. I primi anni al Quirinale sono un successo, anche Oriana Fallaci scrive un articolo in cui manifesta il suo apprezzamento per Leone.
Ma l'idillio è destinato ad interrompersi. Nel febbraio 1976 una commissione parlamentare americana indaga sulla Lockeeed, un colosso dell'aviazione che pagava tangenti per vendere i suoi aerei. Nella vicenda risultano coinvolti anche politici italiani. A partire dal 1969 la società americana Lockeed si è assicurata la vendita di aerei militari Hercules C-130 grazie alla corruzione di uomini di governo italiani. I giornali di casa nostra riprendendo la notizia fanno riferimento anche ai mediatori italiani dell'affare Lockheed, i fratelli Ovidio e Antonio lefebvre. Quest'ultimo è un amico di vecchia data del presidente della Repubblica Leone. Dalle carte dell'azienda americane spuntano riferimenti al presunto destinatario delle tangenti il cui nome in codice sarebbe Antelope Cobbler (per alcuni sarebbe in realtà Antelope Gobbler "mangiatore di antilop"i cioè Leone; o un misterioso uomo politico che in viaggio in America si sarebbe soffermato in una vetrina ad ammirare scarpe di antilope, riferimento a un viaggio fatto da Leone in cui avrebbe comprato delle scarpe per la moglie Vittoria).

21 aprile 1976:la commissione parlamentare inquirente italiana ( secondo la nostra costituzione il presidente della Repubblica e i ministri per i reati compiuti nell'esercizio delle loro funzioni vengono sottoposti a uno speciale procedimento che prevede la messa in stato di accusa operata dal Parlamento e il giudizio affidato alla Corte Costituzionale) riceve dalla Lockeed le chiavi per decrittare i nomi in codice. Antelope Cobbler è un primo ministro italiano . Tra il 1968 e il 1970 i presidenti del Consiglio sono stati tre: nel 1968 Aldo Moro e Giovanni Leone; nel 1969 e nel 1970 Mariano Rumor; è proprio durante il ministero Rumor che si svolge la vendita degli Hercules; nonostante le cose sembrino fasi più chiare la stampa continua a ritenere coinvolto Leone sulla base dell'amicizia con Antonio Lefebvre.
11 febbraio 1977 la commissione inquirente assolve l'ex presidente del Consiglio Mariano Rumor; Antelope Cobbler è lui ma non ha ricevuto alcuna tangente. Sono invece rinviati a giudizio del parlamento il Dc Luigi Gui e il socialista Mario Tanassi, entrambi ministri della Difesa nei governi Rumor.
I radicali chiedono un supplemento d'inchiesta e denunciano Leone, assieme a Rumor, Tanassi e Gui per associazione a delinquere.
14 aprile 1977: la commissione inquirente archivia la denuncia dei radicali contro Leone per "manifesta infondatezza". Il parlamento rinvia intanto Gui e Tanassi al giudizio della Corte Costituzionale ( il giudice del Presidente della Repubblica e dei ministri è la corte costituzionale).
Nonostante Leone sia uscito completamente scagionato da questa vicenda gli attacchi mediatici contro di lui non si placano.
Nel marzo del 1978 esce "Giovanni Leone. La carriera di un presidente". Si tratta di un Libro-pamphlet durissimo contro Leone che diventa subito un best seller: 700000 copie vendute. Il libro ,scritto da Camilla Cederna, dipinge un ritratto inquietante di un presidente corrotto che arriva a vendere persino le grazie da concedere a camorristi. Le accuse del libro si riveleranno prive di ogni fondamento e infatti quando i familiari di Leone faranno causa alla Cederna per diffamazione, la giornalista viene condannata a un risarcimento miliardario.
Il 12 maggio 1978 il settimanale l'Espresso pubblica un capitolo del libro della Cederna dedicato ai figli del presidente giudicati troppo disinvolti negli affari e negli amori. Inizia da quel momento una compagna dell'Espresso senza tregua contro Leone.
Si arriva al 21 maggio 1978: L'espresso pubblica un articolo sullo scandalo Lockheed. Nonostante l'innocenza comprovata, la campagna contro il presidente della Repubblica recupera le vecchie accuse di corruzione.
L' 11 giugno 1978: arriva l'ultima accusa. L'espresso scrive un articolo in cui si contestano a Leone l'abusivismo edilizio e la frode fiscale. Accuse anche queste accertate come inconsistenti. Nessuna contestazione fiscale venne mai mossa a Leone riguardo alla villa da lui posseduta fuori Roma.
Il 14 giugno. Leone ha un colloquio prima con il presidente del Consiglio Andreotti , e quindi con il segretario della DC Zaccagnini . Nelle sue memorie Leone definirà ostile l'atteggiamento di Zaccagnini e che alla base di quell'atteggiamento vi era oltre "alla sottile malcelata ostilità politica di sempre anche il risentimento per il forte contrasto nella conduzione del caso Moro"

15 giugno. la direzione del PCI si riunisce a Botteghe oscure per discutere la posizione da assumere nei confronti del capo dello Stato: si decide per chiedere le dimissioni di Leone. Alla Camera dei deputati (13,30) Pajetta chiede ufficialmente a nome del PCI le dimissioni del presidente della Repubblica . Alle 14, 30 Zaccagnini e Andeotti si recano al Quirinale per comunicargli che nella DC si riteneva la situazione non più sostenibile. Leone sentendosi abbandonato anche dal suo partito di lì a poche ore annuncerà le sue dimissioni.
l'1 marzo 1979 la Corte Costituzionale condanna Tanassi per corruzione nell'affare Lockeed. Leone però si è già dimesso da nove mesi da Presidente della Repubblica.


La parabola discendente di Leone è strettamente connesse ali tragici avvenimenti legati al sequestro di Moro
29 aprile 1978: Moro scrive una lettera a Giovanni Leone nel quale gli chiede di farsi promotore di "equa ed umanitaria trattativa per scambio di prigionieri politici". Fanfani e Craxi sono convinti che uno scambio di prigionieri sia possibile. Leone è pronto a firmare la richiesta di grazia a favore di una brigatista. Dice: "ho l'anima pronta e la penna a disposizione" per qualsiasi grazia purché mi sia proposta. Si esamina la possibilità di destinare l'atto di clemenza a Paola Besuschio, brigatista in carcere per varie rapine ma che non si è mai macchiata di omicidi

Durante quelle frenetiche giornate giunge una telefonata della moglie di Moro a Leone: questi alla presenza di Cossiga è pronto a telefonare a Zaccagnini. Ma Cossiga lo blocca invitandogli a pensare che un simile atto avrebbe comportato un interferenza all'attività del governo. Leone fa comunque un tentativo estremo per rinvitare Zaccagnini a convocare il Consiglio Nazionale. l'obiettivo è quello di instaurare una trattativa tra DC e BR così da dare quel riconoscimento politico che le stesse BR cercano.
9 maggio 1978 ore 12: si riunisce la direzione nazionale della DC; ma mentre Fanfani stà per prendere la parola ( per chiedere la convocazione del Consiglio nazionale e annunciare la disponibilità di Leone a concedere la grazia alla brigatista Besuschio) arriva una telefonata che annuncia il ritrovamento del cadavere di Aldo Moro in Via Caetani.
Appena 45 giorni dopo la morte di Moro le dimissioni di Leone.
Le dimissioni Leone si inseriscono anche nel clima politico seguente all'omicidio di Moro che mette in crisi il compromesso storico tra DC e PCI. Esse possono essere viste come un estremo tentativo di salvare l'alleanza comunisti democristiani. Destinato al fallimento
Un'altra spiegazione la da lo stesso Leone in un' intervista al Corriere della Sera del 1955. Dietro la campagna di stampa ci sarebbero stati i servizi segreti deviati in collegamento con la P2 il riferimento è agli articoli scritti da Mino Pecorelli, direttore di OP ( e citato dalla Cederna nel suo libro) e al tempo dei fatti iscritto alla P2. Questi sospetti trovano conferma in un incontro avvenuto nel 1976 tra il segretario socialista Craxi e il capo della P2 Gelli che gli dice che con una campagna stampa sarebbe possibile cambiare il presidente della Repubblica. Questo incontro verrà confermato dallo stesso Craxi in un'audizione alla commissione d'inchiesta sulla P2. Nella relazione di minoranza della commissione parlamentare si scrive: "Le motivazioni di questa ostilità ( di Gelli verso Leone n.d.r) sono probabilmente da ricercarsi nella chiusura costantemente esercitata dal presidente Leone nei confronti del "Venerabile" della P2 che aveva cercato di accreditarsi negli ambienti politici e della massoneria come il manovratore occulto della sua elezione a presidente avvenuta nel 1971" "sta di fatto che Mino Pecorelli, il direttore di OP, iscritto alla P2, e molto legato a Gelli, almeno nel periodo a cui ci stiamo riferendo, scatenò una pesantissima campagna diffamatoria nei confronti del presidente Leone . Campagna che ebbe notevoli ripercussioni politiche, anche perchè fu sulla base degli articoli di Pecorelli , che la giornalista Camilla Cederna costruì poi la sostanza del suo libro di accusa contro il presidente della Repubblica di chiara impronta scandalistica".
La campagna diffamatoria di OP si basava sulle avventure galanti dei figli di Leone e sulla presunta infedeltà ( del tutto falsa) della moglie Vittoria.
Solo vent'anni dopo, nel 1998 , i radicali, tra i principali accusatori di Leone, chiederanno pubblicamente scusa a Leone riconoscendo che questi era totalmente estraneo a qualunque fatto criminoso.Giovanni Leone muore nel 2001 a 93 anni.
lunedì 24 novembre 2008

Il volto umano di Pio XII


Il libro del vaticanista Andrea Tornielli,“Pio XII. Eugenio Pacelli un uomo sul trono di Pietro” ( edizioni Oscar Mondadori) disegna un ritratto inedito di papa Pacelli. Documenti provenienti dall'archivio di famiglia e testimonianze finora mai pubblicate intaccano l'idea che si ha comunemente di lui, di un papa freddo e distante dai bisogni della gente. Mentre era a Monaco di Baviera in qualità di nunzio scrive una lettera al fratello in cui gli confida di non voler essere richiamato in Curia perchè “ho anche occasione di fare vero apostolato con viaggi e discorsi, mentre che a Roma sarei condannato al lavoro puramente burocratico... per il quale non sento nessuna inclinazione”. Anche sulla sua discussa decisione di non pronunciarsi apertamente contro la Shoah nazisti emergono dei particolari che mettono in evidenza lo sforzo del Vaticano per mettere in salvo gli ebrei dalla persecuzione nazista. Ad esempio l'arruolamento di migliaia di ebrei nella Guardai palatina di onore. Silvio Ascoli, figlio di Bruno Ascoli, uno degli ebrei scampati alla deportazione grazie a questo stratagemma ritiene che "Papa Pacelli abbia scelto bene: non denunce pubbliche che avrebbero provocato rappresaglie – non oso pensare che cosa sarebbe successo se le SS fossero entrate Oltretevere – ma aiuto concreto ai perseguitati".
Un libro che ci dà qualche informazione in più ma che non consente di eliminare completamente le polemiche sulla figura di Pacelli: per quello occorrerà attendere che siano aperti gli archivi vaticani ancora segreti.