domenica 18 settembre 2011

Il riconoscimento internazionale del nuovo regno d'Italia ( 1861-1866)

Il 17 marzo 1861 il Parlamento appena insediato votò la legge con cui veniva proclamata la nascita del nuovo stato italiano e Vittorio Emanuele II assumeva per se e suoi successori il titolo di re d'Italia. Già all'indomani, la diplomazia italiana si mobilitava per ottenere quel riconoscimento richiesto dal diritto internazionale e necessario per assicurare la stabilità e la sicurezza dei confini, per ottenere lo scambio degli ambasciatori, partecipare all'attività della comunità delle nazioni e creare rapporti politici e commerciali con gli altri Stati. Immediatamente il presidente del Consiglio e ministro degli esteri Camillo Benso Conte di Cavour comunicava il "memorabile evento" tramite le varie legazioni di Torino presenti negli altri Stati: "la legalità costituzionale ha così' consacrato l'opera di giustizia e di riparazione che ha restituito l'Italia a se stessa". Quelle di Cavour non erano parole di sola circostanza giacché al moto di simpatia con cui in molte nazioni era stata seguita la vicenda del movimento unitario italiano si erano contrapposti atteggiamenti di diffidenza per la rapidità e la spregiudicatezza con cui era sorto il Regno d'Italia.
Dal punto di vista dei grandi Stati europei le annessioni territoriali compiute dal Piemonte sabaudo erano una violazione delle clausole previste dal trattato di Zurigo del 1859 e sopratutto erano avvenute ignorando il diritto pubblico europeo del tempo basato sul "concerto europeo" delle potenze ( Francia, Gran Bretagna, Prussia, Austria, Russia), unico organismo deputato a modificare lo status quo sulla base di quanto emerso dai congressi di Vienna e Acquisgrana. Inoltre le operazioni sabaude erano state portate avanti sulla base del principio di autodeterminazione in lesione del legittimismo dinastico,altro pilastro del sistema di Vienna. In poche parole l'unificazione italiana si configurava come un vero e proprio atto eversivo e rivoluzionario, condotto seguendo quei principi che più mettevano a rischio l'equilibrio instaurato dalla potenze che dunque avevano ragione di preoccuparsi che anche il seguito della politica italiana potesse danneggiare la stabilità dell'ordine continentale improntato alla conservazione.
Ecco dunque il senso delle parole con cui il Cavour annunciava alle cancellerie mondiali la nascita del nuovo stato: assicurare che l'Italia sorgeva nel rispetto della legittimità del diritto europeo e smetteva definitamente i panni della nazione rivoluzionaria. Però se da una parte il presidente del Consiglio prendeva le distanze dai metodi utilizzati nel percorso unitario, per contro non rinnegava affatto i principi che li avevano ispirati: se non avesse difeso il principio di nazionalità avrebbe minato le fondamenta di un'unificazione ancora precaria e automaticamente dato un segnale di rinuncia dei diritti italiani su Roma e Venezia.
L'Inghilterra fu il primo Stato a riconoscere il Regno d'Italia ( 30 marzo) confermando così la propria benevolenza da tempo manifestata verso il processo unitario. Seguirono gli Stati Uniti ( 13 aprile) , quindi l'Impero ottomano, i paesi scandinavi, l'Argentina e il Messico. L'Inghilterra era favorevole al nuovo Stato in previsione del ruolo che esso avrebbe potuto giocare nel contenere le ambizioni francesi nel Mediterraneo, un mare che con il taglio dell'istmo di Suez in corso ( sarebbe stato completato nel 1869) acquisiva notevole importanza anche per gli inglesi permettendo di accorciare i collegamenti per l'India e il sud-est asiatico. Lord Parlmeston scrivendo alla regina Vittoria sottolineva: "il Regno d'Italia non parteggerà con la Francia per pura parzialità verso di essa, e quanto sarà più forte tanto sarà più sarà capace di resistere alla coercizione della Francia".
La Francia che durante la guerra all'Austria era stata un'insostituibile alleata attenderà il 15 giugno 1861 per comunicare il suo riconoscimento. Quali erano le ragioni di una tale esitazione? In primo luogo l'evoluzione che la questione italiana aveva preso era assai differente dai progetti di Parigi, esplicitati dall'accordo di Plombieres: i desiderata di Napoleone III riguardavano un Regno dell'alta Italia di circa dieci milioni di abitanti nell'ambito di una federazione di Stati sotto la guida del Papa: un progetto che avrebbe lasciato impregiudicata l'influenza francese; cosa ben diversa era trovarsi di fronte a una penisola unita sotto la dinastia sabauda a formare un regno di 26 milioni di abitanti che per di più non nascondeva le sue aspirazioni sul Mediterraneo. Inoltre l'imperatore francese doveva far fronte all'irritazione degli ambienti clericali d'oltralpe per la perdita di territori subita dallo Stato pontificio. Napoleone cercò inutilmente di trovare una soluzione che salvaguardasse il potere temporale del Papa con proposte azzardate come quella di concedere a Pio IX il controllo della Sardegna, cosa che oltretutto avrebbe fornito alla Francia una base di appoggio nel mezzo del Mediterraneo. Questa proposta fu respinta dal Cavour: per alcune settimane la tensione tra i due Paesi si accrebbe in maniera palpabile e la Francia arrivò a ritirare il suo ambasciatore. Ma pur nella consapevolezza dell'errore commesso nell'agevolare l'unificazione italiana, lo sdegno di Napoleone non poteva arrivare sino al punto da rinnegare così repentinamente l'aiuto prestato e pochi giorni dopo la scomparsa di Cavour anche da Parigi giunse il riconoscimento.
Per Russia e Prussia invece si dovrà attendere fino al luglio 1862: entrambe erano ancorate ai principi della Santa Alleanza e guardavano con preoccupazione all'affermazione dei valori di autodeterminazione e nazionalità connessi all'unificazione italiana. Inoltre l'indignazione per l'invasione dei territori pontifici aveva provocato il ritiro degli ambasciatori di Russia e Spagna: quest'ultima riconoscerà l'Italia solo nel 1865, mentre le chiusure legittimiste russe verranno presto sacrificate all'esigenza di consolidare i buoni rapporti con la Francia.
Apertamente ostili al processo unitario rimanevano Austria e Stato pontificio. L'impero asburgico aveva perso con la Lombardia una delle proprie province più ricche e aveva ragione di guardare con timore alle rivendicazioni italiane verso Venezia: il riconoscimento verrà rifiutato fino al 1866 quando sarà concesso come parte integrante del trattato con l'Italia, conseguente alla sconfitta nella guerra con i prussiani. Il Papato aveva perso due terzi del proprio territorio ed era consapevole che lo Stato pontificio rimaneva precariamente in piedi solo grazie alla presenza delle truppe francesi a Roma, momentaneamente sufficienti ad arginare le velleità sabaude e garibaldine.

fonti:
F. Chabod, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, Laterza 1990
D. Mack Smith, il risorgimento. Storia e testi, Laterza 1987
G. Mammarella- P. Cacace, La politica estera dell'Italia, Laterza, 2010
L. Saiu, La politica estera italiana dall'Unità a oggi, Laterza, 1999

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