sabato 2 luglio 2011

La crisi delle città nell' Alto medioevo

La fine dell'impero romano determinò la crisi della rete città che ne costituiva la struttura portante. Tra il V e l'VIII secolo molti centri urbani si spopolarono o addirittura scomparvero, abbandonate dai proprietari terrieri che in precedenza ne erano stati il ceto dirigente, e private della funzione centrale in una società sempre più ruralizzata.
Questo fenomeno di disgregazione urbana non si manifestò ovunque con la stessa intensità. Nelle aree più urbanizzate ( Gallia, Italia, Africa mediterranea) fu assai più evidente. Basti ricordare che Roma passò dall'essere una metropoli di oltre un milione di abitanti durante l'apogeo della sua potenza imperiale, a un centro che contava da 25000 a 40000 abitanti in epoca altomedievale; rimaneva il più grande centro abitato dell'Occidente ma aveva perso oltre il 95% della sua popolazione.
Nonostante il decadimento non si perse la nozione di città come centro di esercizio di poteri pubblici. Rimasero in funzione le competenze amministrative e politiche dei vecchi municipi romani, così come non scomparvero in campo religioso le istituzioni vescovili. Le città mantennero anche il loro ruolo di raccordo territoriale, ponendo le premesse per quelli che sarebbero diventati i contadi urbani in epoca medievale.
Per quel che riguarda l'aspetto economico, eccezion fatta per alcuni centri commerciali del Mare del Nord e del Mediterraneo, il rilievo delle città scemò notevolmente. Anche in questo caso l'intensità della crisi variò da regione a regione: nella Gallia centro-settentrionale e nell'Italia meridionale le elites terriere spostarono la loro residenza in campagna, mentre rimasero in città nella Gallia meridionale e in Italia centro-settentrionale contribuendo in questo caso a gettare le premesse per quella che sarà dopo l'anno Mille una rinascita urbana

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