martedì 2 novembre 2010

I Galli di Brenno assediano Roma.Verità storica e leggende delle incursioni nel IV secolo A.c.

Negli stessi anni in cui i Romani conquistavano Veio, i Galli si inoltravano nell’Etruria conquistando Melpum (l’odierna Melzo). Nel 390 alcune migliaia di Galli guidati da Brenno ( ma è dubbio se si tratti di un nome proprio o del titolo con cui i Galli designavano il loro comandante) si presentarono davanti a Chiusi reclamando terre. I Chiusini chiesero aiuto ai Romani che mandarono un ambasceria, la quale però si lasciò coinvolgere nella controversia. I Galli forse per la difficoltà di concludere con successo l’assedio, e offesi per l’intervento romano imboccarono la valle del Tevere e si diressero verso l’Urbe. Qui incontrarono l’esercito giunto precipitosamente loro incontro e lo sbaragliarono al fiume Allia in una delle sconfitte rimaste maggiormente impresse nella memoria romana tanto che il 18 luglio, giorno in cui si svolse quella battaglia , venne segnato sul calendario come dies religiosus, ovverosia giorno in cui non si doveva tentare alcuna impresa a causa della sperimentata ostilità divina.
I romani sorpresi dall’irruenza gallica ritennero di non riuscire a riorganizzare in tempo un esercito per difendere la città e optarono per asserragliarsi nella rocca Capitolina. Inviarono donne e bambini nelle città vicine, sopratutto Caere, dove si rifugiarono anche le Vestali con gli arredi sacri della città. I Galli trovando la città deserta la saccheggiarono mettendola a ferro e fuoco; il successivo assalto alla rocca fallì anche grazie agli atti di coraggio di Marco Manlio, poi soprannominato Capitolino. L’assedio venne tolto solo una volta che i Galli ottennero il riscatto in oro che avevano chiesto.
I Romani produssero racconti leggendari in serie sull’avvenimento con lo scopo di attenuare le conseguenze del rovescio. Il racconto dei senatori, seduti sui loro scranni con indosso le loro toghe, che incutono il rispetto degli assalitori che operano il massacro quando uno di essi reagisce colpendo con un bastone il guerriero che gli ha toccato la barba non ha riscontri storici e testimonia più che altro il prestigio che riscuoteva il Senato nel momento in cui il racconto venne elaborato. Il famoso episodio delle oche che starnazzano per avvertire gli abitanti che i Galli stanno cercando di scalare la rocca da un punto meno presidiato va interpretato tenendo conto che le oche erano gli animali sacri a Giunone, dea che già durante l’assedio di Veio aveva manifestato il suo favore verso i Romani e che anche ora secondo la popolazione aveva concesso loro la sua protezione.
L’episodio di Brenno che getta la sua spada sul piatto della bilancia mentre vi pesa l’oro del riscatto e formula la frase “Vae victis” ( Guai ai vinti) deve ritenersi un pretesto per poi inserirvi l’episodio assolutamente inventato dell’intervento di Furio Camillo che interviene a guidare i concittadini alla cacciata degli invasori. Storicamente attendibile è invece l’episodio del trasferimento a Caere delle Vestali e degli arredi sacri da parte di un Lucio Albino, ulteriore conferma dell’importanza che si attribuiva all’aspetto religioso per la sopravvivenza di una città; se Roma poté riprendersi dal rovescio con i Galli lo si deve anche al fatto di aver potuto salvaguardare con gli arredi sacri le sue fondamenta religiose e ciò dava a tutti i romani maggiore fiducia nell’avvenire e slancio nell’azione. Ugualmente certo è il riscatto in oro ottenuto dai Galli, che a causa della loro indole nomade richiedevano oggetti preziosi trasportabili. E in ragione del lungo assedio, una volta ottenuto ciò che desideravano preferirono trasferirsi verso il Meridione alla ricerca di nuove terre da razziare. Qui sembra che dopo un primo scontro con gli Iapigi, avrebbero subito sulla via del ritorno un imboscata da parte dei Ceriti. Da nord non si registrarono in quel tempo altre incursioni anche perchè i Galli dovevano fronteggiare l’aggressività dei Veneti e di altre tribù della zona alpina.
La successiva invasione dei Galli si ebbe nel 360 A.C: dopo essersi impadroniti di Felsinia, da loro ribattezzata Bononia si diressero verso i colli Albani ma non tentarono l’assedio a Roma che nel frattempo aveva notevolmente rafforzate le sue mura. Altre bande di Galli si spinsero nel Lazio nel 345 e nel 331: con loro Roma venne a patti. Successivamente gruppi di galli si spinsero verso Sud dove operarono come soldati mercenari delle varie città della Magna Grecia.

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