domenica 23 settembre 2007

L'asta sui diari di Mussolini

È una vera e propria asta milionaria, quella che si sta scatenando intorno ai presunti diari di Benito Mussolini, riapparsi l'inverno scorso dopo oltre mezzo secolo di oblio. A svelare la caccia planetaria ai documenti, forse vergati dal Duce - agende di cui peraltro non è ancora accertata l'originalità - è stata la Televisione Svizzera Italiana, lo scorso 20 settembre, durante la trasmissione Il Quotidiano. L'emittente ticinese, dopo anni di chiacchiere, polemiche e illazioni, ha mostrato per la prima volta al pubblico i cinque diari, rivelandone parte del contenuto e alcuni suggestivi retroscena.
Non è stato svelato, invece, il nome del proprietario dei documenti. Il legale del possessore delle agende, Massimiliano Schiavi, un avvocato ticinese, si è limitato a fornire soltanto alcuni particolari. «Posso dire che il proprietario non è il figlio del partigiano Renzo Bianchi - ha detto l'avvocato Schiavi ai microfoni della Tsi - ma un imprenditore italiano della zona di confine, non necessariamente domiciliato in Italia e in possesso dei diari da molti anni».
Elementi nuovi, dunque, ma al contempo molto generici, visto che, oltre alla province di Como e Varese, confina con la Svizzera anche uno spicchio di Piemonte. Qualche indicazione in più è giunta sull'ipotetico valore dei cinque diari, quantificato dai giornalisti della Tsi in «vari milioni di franchi». Una cifra altissima, che comunque non ha fermato i possibili acquirenti, visto che il legale del proprietario ha parlato di «almeno due offerte serie, oltre a moltissime altre da parte di case editrici e collezionisti di tutto il mondo, ma specialmente inglesi».
Come detto, nemmeno il nodo sull'effettiva attribuibilità a Benito Mussolini delle cinque agende è stato sciolto. Sono però state citate le risultanze dell'ultima perizia calligrafica compiuta sulle pagine, che confermerebbe la scrittura di un'unica mano dei diari, l'assenza della cosiddetta scrittura simulata, ossia l'imitazione di una calligrafia altrui da parte dell'estensore, e la piena compatibilità della carta e dell'inchiostro impiegati nel periodo narrato nelle agende, vale a dire dal 1° gennaio 1935 al 16 ottobre 1939.
Numerose, però, anche le incongruenze riscontrate. Tra le più clamorose, alcune discrepanze temporali molto sospette, la forte similitudine di alcuni passaggi con articoli di giornale apparsi sui quotidiani dell'epoca, e persino un errore nella data di nascita dello stesso Benito Mussolini. Tra le ipotesi a sostegno della reale scrittura dei diari da parte del Duce, invece, è stata citata l'autenticità postuma dei documenti, ossia la loro redazione (per mano del capo del fascismo) in un momento in realtà successivo alle date riportate sulle pagine. Per quanto riguarda l'aspetto delle agende, la conservazione è apparsa notevole, sebbene a tutte e cinque manchino le copertine originali. Nel dettaglio, poi, i diari degli anni 1935 e 1937 presentano alcune pagine bianche prima dei capitoli, mentre quella relativa al 1939 è preceduta da undici fogli scritti non rilegati.
Riguardo al contenuto, non vi sarebbero novità esplosive, ma soprattutto descrizioni della vita pubblica e privata dal capo del fascismo con tanto di resoconti di incontri ufficiali, colloqui e ampi capitoli dedicati alla guerra d'Africa, ai rapporti con Adolf Hitler e con il re. Ciò che emerge dagli estratti è comunque un Mussolini affatto convinto sia della prospettiva di entrare in guerra, sia della stessa alleanza con i nazisti. Nella pagina del 1° gennaio 1935, si legge: «Le gioie saranno poche, le ansie molte, ma il coraggio di andare avanti non cadrà mai».
«Io temo che la pace, questo simbolo euforico e inverosimilmente sfuggente, si stia allontanando pian piano da noi per prendere il volo e disperdersi nell'infinito. E io voglio, ho bisogno della pace, ma penso non ci sarà. Nessuno mi aiuta, nessuno. La Francia e l'Inghilterra fanno finta di non vedere e non sentire, la Germania non si ferma e non si fermerà. Stupirà tutti per quanto saprà fare».
Nell'ultima pagina, il 16 dicembre 1939, si legge: «Abbiamo saputo dell'attacco alla Polonia quando le forze tedesche erano già scese in campo. Non siamo amici dei tedeschi, ma non possiamo e non vogliamo esserlo nemmeno degli altri. Il nostro destino è già segnato, voglia il cielo che sia stata scelta la strada giusta».

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