venerdì 21 settembre 2007

IL DOPING NELL'ANTICHITà: I SEMI DI SESAMO

I semi di sesamo, potrebbero essere il primo doping della storia, anche se attualmente nessun elenco di sostanze proibite li contempla. Di sicuro c’è il fatto che il solo possedere un sacchetto di semi di sesamo da parte di un atleta partecipante alle Olimpiadi, poteva significare l’esclusione dai Giochi, ma anche tutta una serie di sanzioni, che poteva addirittura sfociare nella condanna a morte dello stesso atleta, pena ben severa se rapportata a quelle attuali, specie in alcuni sport.
La strategia alimentare era già in voga e l’incremento dietetico di proteine già rientrava ad esempio, nella preparazione di Milone da Siracusa. Pare che il vitellino servisse da “carico” per l’atleta che doveva esercitarsi a correre e a fare esercizi con il vitello sul collo, ma pare anche che lo stesso vitello servisse per incrementare e non poche le quantità di carne che l’atleta era solito assumere. Tra gli altri prodotti utilizzati semi di svariate piante, funghi, pozioni preparate da questo o quello “stregone”, ma anche carni tipiche, quale quella di maiale, o i famosi testicoli di toro, probabilmente dei prodotti precursori degli attuali ormoni testosteroidei.
Tra i primissimi reintegratori di sicuro l’acqua, utilizzata a grandi mani nelle manifestazioni che si tenevano in genere in luoghi aperti e sotto il sole cocente dei periodi estivi. Questa acqua spesso era “arricchita” di semi ed intrugli i più vari, talvolta con semplice sale (cloruro di sodio, l’attuale sale da cucina), capace di essere uno dei più validi ed antichi reintegratori salini. Da considerare come il cloruro di sodio resti nella sua veste di reintegratore, in vita fin nei primi decenni del ‘900, allorquando lo ritroviamo ancora come valido reintegratore nelle prove di maratona, utilizzato alle Olimpiadi Moderne di Roma del 1960. Unico problema del cloruro di sodio resta quello di rendere l’acqua da bere particolarmente dolciastra e per molti soggetti gastrorepellente.
Da valutare anche che già nel 4000 prima di Cristo, in Mesopotamia si conosceva il papavero da oppio e molti ne facevano uso per sfruttarne le proprietà euforizzanti. Di certo lo conoscevano anche i greci, i romani e prima di loro gli egiziani. Nel 1800 i prodotti da esso derivati vengono commercializzati in larga scala dall’Inghilterra, che nel frattempo era diventata una dei grandi produttori di questa pianta.
Nel frattempo sempre in terra inglese e nel 1700, uno sport antico, ma rivalutato e rinominato, la boxe, permette ai contendenti che si alternano sul ring di ingurgitare grandi quantità di alcool. Una forma certamente “sperimentata” per dimenticare sia il posto nel quale ci si trova, che per sopportare meglio i colpi dell’avversario, euforizzando e non di poco le proprie imprese. Ma dell’alcool si parla anche nell’antica Grecia, allorquando si parla di ben dieci litri di vino al giorno, ingurgitato dagli atleti della solita scuola di Milone. Un quantitativo che ci pare un tantino alto, anzi forse meglio sarebbe dire alticcio e che di sicuro più che preparare atleti serviva ad allenare buoni ubriaconi.
Di certo dall’era antica ci arriva anche il primo esame antidoping, si trattava del controllo dell’alito degli atleti, metodo alquanto semplicistico, ma tendente proprio a scoprire chi avesse ingurgitato grandi quantità di alcool.

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